martedì, 29 Aprile , 2025
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In viaggio da Elena verso Carlo Levi: un filo mai interrotto!

Alianello Vecchio come punto d’incontro. Aliano come destinazione. Elena viaggia da Potenza dopo aver partecipato alla presentazione della notte bianca del libro, io da Matera.

E’ una soleggiata mattina del terzo sabato di luglio Si manifesta il primo intoppo: strada interrotta per frana allo svincolo di Alianello. Giungere ad Aliano diventa un’esperienza faticosa e carica di sorprese, quasi come al tempo di Carlo Levi. L’imprevedibile itinerario da Missanello, percorrendo tornanti tra sezioni di rocce sedimentarie intensamente deformate, duttilmente piegate e pazientemente erose nel tempo, sino a scorgere le case abbandonate del vecchio borgo, apre inaspettati scenari.

Uno scenario quasi post apocalittico quello di Alianello vecchio, una sosta  nel tempo fermo ai primi anni ’50 che diventa la  porta di passaggio spazio tempo per immergersi nelle coordinate della meta del nostro viaggio. Compiere alcuni percorsi in Lucania corrisponde a un riavvio del sistema di riferimento mentale in cui i pensieri danzano lungo il profilo di variegate linee del paesaggio che si stagliano davanti agli occhi. Accade in Lucania.

Se il paesaggio è di argillose colline dalle creste multiformi “graffiate” dall’acqua, dove si respira un’aria leggera e il sole s’insinua nei cunicoli cambiandone il tenue colore a ogni ora del giorno, si può avere proprio l’impressione “di essere caduto dal cielo come una pietra in uno stagno” così scriveva Levi in Cristo si è fermato a Eboli. La pietra che cade nello stagno muove delicatamente l’acqua suscitando una serie infinita onde concentriche che si allargano conquistando spazio.

Ampie e concentriche sono state le mie sensazioni della giornata con Elena, ruotanti proprio intorno ad una pietra. Non un sasso a caso, bensì un frammento prelevato dalla casa d’infanzia di Levi, in via Bezzecca, sul Monte dei Cappuccini, a Torino. Una pietra simbolo della volontà di far perdurare, di prender in carico il portato valoriale di chi è scomparso.

A posarla sulla tomba di Levi è stata la mano di una donna torinese che vive a pochi passi da quella casa: Elena Loewenthal. Ebrea, figlia di sopravvissuti allo sterminio nazista, scrittrice e traduttrice di testi ebraici, ha scoperto Carlo Levi in Lucania, e oggi per la prima volta l’ha incontrato ad Aliano.  Ha potuto, così, vedere, i “coltelli dei calanchi”, avvertendo il forte potere d’incisione che hanno avuto nell’anima di Levi e comprendendo come gli occhi poveri e umili delle genti di quel territorio avessero impresso in lui una tale umanità che ha fatto sì che li abbia voluti consegnare alla storia, alla cultura e all’arte.

Diversi cieli si sono affacciati da quei colli aguzzi e dopo tre quarti di secolo l’urgenza poetica di quel tempo di idoli disumani, di campi di concentramento e sistemi totalitari non si è esaurita, emergeva sotto forme diverse, in maniera più chiara ed evidente. Lo sguardo commosso di Elena catturava da ogni dove la devozione degli abitanti di Aliano. Luogo da cui tuttora spuntano segni dello scrittore attraverso oggetti, manoscritti e testi inediti, testimonianza che non tutto è stato compreso e molto ancora rimane da raccogliere della sua immensa produzione letteraria ed artistica.

 

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