venerdì, 18 Luglio , 2025
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Il Pastine delle Cinque Terre

Il Pastine del cemento delle Cinque Terre e il giovane Pastine del cimitero di Marinella

CINQUE TERRE – Vengo da segmenti d’orizzonte che bruciano piogge e calanchi a ogni giro di respiro, batticiglia che si chiamano Castelmezzano e Matera, Miglionico, e struggimenti di sogno che si vestono d’Armento, Accettura, Laurenzana e Pietrapertosa, San Severino, San Fele, e Sant’Angelo; da un rintocco di suoni che prende nome e sostanza a forma di Golfo di Policastro per cucire Basilicata, Calabria e Campania; dalle fole dei monti degli avi, pastori e banditi, che facevano carezze con zoccoli di cavallo nei boschi del Vulture, verso la Puglia, e in giù, al pezzo d’Appenino Lucano scivolato nelle Calabrie ed ad alimentare l’incontro fra tutti i popoli – come quelle spalle del Pollino ci dicono ancora, facendo muove le spalle del Pollino fino al Ponte del Diavolo di Civita, già provincia di Cosenza e in antica memoria romana e albanese. Con questo corpo d’immagini ho fatto tesoro della guida della mia Valentina, scansando le possibilità dei treni da Sarzana o La Spezia, per andare affianco a lei sulla linea dei 18 km fra i più belli al mondo. Che tanti ne scorrono fra l’inizio e la fine, se di fine si può davvero parlare, a disegnare i paesi delle Cinque Terre, quelle battiture di terra e cielo davvero – come vedrò più avanti -, filanti, fra: Riomaggore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso. Un incastro di dettagli sente che da lontano l’insufficienza d’altri lidi sempre alla moda. Dentro e fuori l’ex Belpaese, forse.

Il viaggio comincia ovviamente dal nostro movimento di sensazioni poggiato nel transito d’Arcola, Lerici, San Terenzo, Bocca di Magra, Fiumaretta. Da Ponzano che potrebbe aprire una galleria diretta alla Lunigiana interna come ai passi conducenti a Parma o a Reggio Emilia. Ben ricordando l’Antica Luni prossima a quella Marinella di Sarzana, perché tornerà alla fine del percorso, dove nel cimitero minimo ed essenziale messo dietro la tomba prepotente dei padroni Fabbricotti c’è la tomba umile modesta del giovanissimo Giovanni Pastine, il ragazzino mandato a morire dal fascismo sulle coste albanesi. A Monterosso, insomma, all’estremità della spiaggia di Fegina, nel 1910, il Giovanni Pastine delle Cinque Terre – omonimo del nostro – , avvocato, fece realizzare dallo scultore Arrio Minerbi, un maestro che aveva lavorato perfino per D’Annunzio e dall’ing. Levacher una statua saldamente unita alla roccia della scogliera, una scultura che aveva anche un tridente stretto tra le mani e reggeva sulle spalle una grossissima conchiglia. Sulla conchiglia, la terrazza affacciata sul mare delle Cinque Terre del giardino pensile antistante la villa di famiglia. L’opera durante la Seconda guerra mondiale, fu un colpita dall’artiglieria che la mutilò, privandola, come si vede oggi, delle braccia, di una gamba e della bella conchiglia. Il Gigante è di cemento. Quello delle costruzioni a togliere il paesaggio. Molto meno nobile e fascinoso del marmo di Carrara.

La litoranea alternativa alla strada ferrata sfiorante la costa, s’invola dallo Stadio Picco, oltre le prime curve messe sotto l’ombrello del sole e all’ombra coricata del lago di casa e vie e porto della città dell’Arsenale. Baciate Le Grazie di Giovanni Giudici, poi, ci s’arrampica in cielo. Ed il volare è bello, ma mi spaventa un poco visto gli amorevoli e altezzosi strapiombi. A qualche centimetro da alberi protettivi e silenti, da arbusti che saranno la tana del capriolo balbettante in serata all’approccio coi fari puntati fra Pignone e un cartello segnaletico utile a spedirci, volendo, direttamente sull’Aurelia. A Riomaggiore ancora il panorama con le isole più toscane che ci sono è difficile da scutare oltre il pelo delle nuvole e in giri di montagne. Al massimo s’intuisce il destino fisico della solita Corsica, fra la flotta di terre emerse. Il Castello di Riomaggiore, “Castellazzo di Cerricò”, fu costruito nel 1260, dai marchesi Turcotti. E dalla sua terrazza il tramonto batte alcuni tempi di luce. E, passate le sue scale, ci si dimentica del parcheggio difficile e della difficoltà di coltivare la conoscenza: qui si scopre, per esempio, ma mai l’avrei pensato, che questa costruzione era stata perfino un cimitero ai tempi del Napoleone di geni sarzanesi. Il primo vero innamoramento avviene a Manarola. Nonostante abbiamo evitato la Via dell’amore, ché sono impreparato nel vestiario. Sull’altare maggiore della Chiesa di San Lorenzo è issato un trittico, raffigurante la Madonna con il Bambino e i santi, realizzato nei primi del Cinquecento. Ed ecco l’entrata nel sentiero panoramico, dedicata a Marco Crovara, vice-sindaco e volontario. Se da lontano ho già visto i terrazzamenti e i muretti a secco, le carrucole meccaniche per le coltivazioni a spalliera, il lungomare permette d’ascendere al fianco appuntato dalle coordinate del luogo e diretto agli spazi per bambine e bambini, alla scultura omaggio alle contadine.

A Corniglia il parcheggio orario costa 2,50 all’ora. Dietro l’Oratorio dei Disciplinati hanno inventato un campo di calcetto in piazzetta che necessita di rete a evitare di perdere migliaia di palloni nel mare apertissimo, di fianco alla Croce di San Pietro, un’opera statuaria in arenaria locale, realizzata nel 2006, da Giuliano Carro: “A quelle donne, quegli uomini che, scavando con le loro mani, utilizzando le stesse pietre di oggi, hanno rimodellato un territorio, aspro, difficile, faticoso rendendolo fertile ed abitabile”. Le acciuge sono buone. Forse di Monterosso. O almeno ce l’auguriamo. Fra i tanti affittacamere dei caruggi di mare si son inventati addirittura, anzi l’ha inventata un barrista posizionato sullo sperone di roccia, una “Marina di Corniglia”. A Vernazza la pioggerellina è uno scherzo. Qui, poi. Dove tre esondazioni hanno fatto a pezzi il comune. Santa Margherita di Antiochia “è eretta sugli scogli della piccola baia, composta in due parti distinte: una più antica, verso la piazza, e la seconda, poggiante su un grande arco di sostegno. (…) Attualmente si accede all’interno attraverso una porta che è stata aperta nell’area absidale, che da sulla piazza”: dove campeggia la prima scala del genere nella mia vita. Le onde fanno forza. Nel 1857, Vernazza ha subito ben due alluvioni. Epperò dopo anni di piene del torrente. Nel 25 ottobre 2011, la terza luttuosa alluvione. Il ponte del paese teneva. Ma fu lo stesso sostituito. Ed l’arco in pietra soprastante quello percorribile è stato realizzato qualche anno più tardi riutilizzando le pietre del vecchio ponte. Sul torrente poi c’è un ponte privato. Come c’è una casa in bilico. Come c’è la scuola nei container. A Monterosso si tifa forte per il Genoa. E il dialetto risente molto della vicinanza con la prossima provincia genovese. Forse qui c’è il lungomare più esteso. Forse anche da qui si vedono tante celesti terre. La ripartenza c’ha reso ancora più vivi. I dettagli del cammino m’hanno dato altri punti da oltrepassare.

Nunzio Festa
Nunzio Festa

BREVE NOTA BIOGRAFICA

Nunzio Festa è nato a Matera, ha vissuto in Lucania, a Pomarico, poi in Lunigiana e Liguria, adesso vive in Romagna.

Giornalista, poeta, scrittore.

Collabora con LiguriaDay, L'Eco della Lunigiana, Città della Spezia, La Voce Apuana e d'altri spazi cartacei e telematici, tra i quali Books and other sorrows di Francesca Mazzucato, RadioA, RadioPoetanza e il Bollettino del Centro Lunigianese di Studi Danteschi; tra le altre cose, ha pubblicato articoli, poesie e racconti su diverse giornali, riviste e in varie antologie fra le quali: Focus-In, Liberazione, Mondo Basilicata, Civiltà Appennino, Liberalia, Il Quotidiano del Sud, Il Resto.

Per i Quaderni del Bardo ha pubblicato “Matera dei margini. Capitale Europea della Cultura 2019” e “Lucania senza santi. Poesia e narrativa dalla Basilicata”, oltre agli e-book su Scotellaro, Infantino e Mazzarone e sulle origini lucane di Lucio Antonio Vivaldi; più la raccolta poetica “Spariamo ai mandanti”, contenenti note di lettura d'Alessandra Peluso, Giovanna Giolla e Daìta Martinez e la raccolta poetica “Anatomia dello strazzo. D'inciampi e altri sospiri”, prefazione di Francesco Forlani, postfazione di Gisella Blanco e nota di Chiara Evangelista.

Ha dato alle stampe per Historica Edizioni “Matera. Vite scavate nella roccia” e “Matera Capitale. Vite scavate nella roccia”; come il saggio pubblicato prima per Malatempora e poi per Terra d'Ulivi “Basilicata. Lucania: terra dei boschi bruciati. Guida critica.”. Più i romanzi brevi, per esempio, “Farina di sole” (Senzapatria) e “Frutta, verdura e anime bollite” (Besa), con prefazione di Marino Magliani e “Il crepuscolo degli idioti (Besa).

Per le edizioni Il Foglio letterario, i racconti “Sempre dipingo e mi dipingo” e l'antologia poetica “Biamonti. La felicità dei margini. Dalla Lunigiana più grande del mondo”.

Per Arduino Sacco Editore “L'amore ai tempi dell'alta velocità”.

Per LietoColle, “Dieci brevissime apparizioni (brevi prose poetiche)”.

Tra le altre cose, la poesia per Altrimedia Edizioni del libro “Quello che non vedo” (con note critiche di Franco Arminio, Plinio Perilli, Francesco Forlani, Ivan Fedeli, Giuseppe Panella e Massimo Consoli) e il saggio breve “Dalla terra di Pomarico alla Rivoluzione. Vita di Niccola Fiorentino”.

Per Edizioni Efesto, “Chiarimenti della gioia”, libro di poesie con illustrazioni di Pietro Gurrado, note critiche di Gisella Blanco e Davide Pugnana.

Per WritersEditor, la biografia romanzata “Le strade della lingua. Vita e mente di Nunzio Gregorio Corso”.

Per le Edizioni Ensemble, il libro di poesie “L'impianto stellare dei paesi solari”, con prefazione di Gisella Blanco, postfazione di Davide Pugnana e fotografie di Maria Montano.

Per Bertoni Editore, il libro di poesie “Semplificazioni dai transiti sotto la coda di Trieste”.

Per Tarka Edizioni, il saggio narrativo “Ai piedi del mondo. Lunigiana e Basilicata sulle corde degli Appennini”.

Per BookTribu, il romanzo breve “Io devo andare, io devo restare”.

nunziofesta81@gmail.com.

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