Una richiesta sensata, quella di Vincenzo Maida, che proprio non si rassegna – come tanti – a scorrere i dati sull’obesità che colpisce bambini, giovani e con la Basilicata che, paradossalmente, detiene – accanto all’emigrazione – questo triste primato. Che ci siano le campagne di informazione incentrate su una corretta alimentazione, ritornando alla dieta mediterranea, e alla necessità di intensificare movimento e pratica sportiva va bene. Ma occorro i fatti. E la richiesta va dritta al ministro della Salute, Orazio Schillaci, affinchè vieti la presenza nelle scuole di distributori di merendine e altre consumazioni ipercaloriche. Sarebbe un passo avanti. Spazio a focacce, frutta, panini, piuttosto e all’attività fisica. Due ore settimanali di educazione fisica sono il nulla o quasi. Durante il Ventennio, piaccia o no, settimana corta nelle scuole e sabato dedicato all’attività ginnica. Oggi? Tv, videogiochi e social, che alimentano la sedentarietà e altri gravi problemi che portano ad atti deleteri. Maida va oltre e spinge su obesità come malattia sociale , con dei costi per la collettività, ma che dovrebbe avere maggiore considerazione nel Servizio Sanitario nazionale. E su questo aspetto il Governo aldilà degli annunci, non è ancora uscite dall’equivoco tra sanità pubblica e privata. La priorità resta la prima, ma nei fatti….
L’obesità? Una malattia
Quand’è che il Ministero della Pubblica Istruzione, si deciderà ad emanare una
direttiva per eliminare dai distributori di tutte le scuole, le gustose merendine super zuccherate, sostituendole con prodotti meno dannosi ?
In passato il sovrappeso rappresentava uno status symbol delle classi sociali più agiate e tra i giovani gli obesi erano rari. La vita nei campi, un’alimentazione povera di zuccheri e di cibi processati, e meno sedentarietà, rappresentavano un’ottima prevenzione.
Oggi é sufficiente guardarsi intorno, nelle grandi città come nei piccoli borghi di provincia, per rendersi conto che sono aumentati, soprattutto tra i giovani, gli obesi, senza distinzione di sesso
A confermare questa impressione quotidiana, sono arrivati qualche tempo addietro i dati Istat presentati all’Italian Obesity Barometer Summit. In Italia nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, vale a dire durante la pandemia e le relative disposizioni restrittive, aveva raggiunto il picco massimo pari al 46,3%. Vale a dire che quelle disposizioni hanno fatto più danni del virus.
Gli ultimi dati ci dicono invece che siamo ritornati alle percentuali pre-pandemia, che sono comunque molto alte: intorno al 12%.
“Circa 21 milioni di persone, ovvero il 37,2% della popolazione di 3 anni e più, dichiarano di non praticare né sport, né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6% delle donne contro il 33,6% degli uomini. Il 59,1% delle madri di bambini fisicamente poco attivi, ritiene falsamente che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata.”
Le conseguenze non solo per la qualità della vita delle persone interessate, ma anche sul servizio sanitario nazionale, relativamente ai costi ed a tutto quello che ne consegue, sono molteplici.
È noto che c’è un aumento esponenziale delle patologie cardiocircolatorie, sono tra le prime cause di morte e di invalidità, una riduzione della qualità della vita e dell’autostima e un sovraccarico di lavoro per le strutture sanitarie.
Il cambiamento degli stili di vita, come ad esempio l’uso spropositato delle auto per ogni minimo spostamento, l’aumento della circolazione stradale, una volta i bambini passavano più tempo per strada, l’uso dei cellulari a tutte le ore, etc. etc. sono tutti fattori che contribuiscono alla sedentarietà.
Ovviamente un ruolo fondamentale ha anche l’alimentazione.
L’ultimo congresso nazionale della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo, ha individuato quattro diverse tipologie di obesità, utili per personalizzare l’approccio terapeutico e garantire maggiore efficacia alle cure.
a)Dare priorità all’obesità come malattia non trasmissibile (NCD), ovvero ottenere l’inclusione governativa e parlamentare e del sistema sanitario dell’obesità come malattia cronica non trasmissibile (NCD).
1. b) Costruire l’alfabetizzazione sanitaria, ovvero costruire la consapevolezza pubblica e politica della complessità che ha l’obesità lungo il corso della vita della persona, per combattere la discriminazione e lo stigma sociale ed istituzionale e consentire un processo decisionale più informato e consapevole.
2. c) Ottimizzare le strategie di prevenzione, ovvero garantire che i governi diano priorità alla raccolta di dati, alla generazione di prove e alle risorse necessarie per fornire azioni che contribuiscano efficacemente a prevenire o ridurre i fattori di rischio per l’obesità.
3. d) Migliorare i servizi alla persona con obesità, ovvero garantire che le persone che vivono con o sono a rischio di obesità, abbiano accesso a servizi sanitari adeguati lungo il corso della loro vita e a un supporto che sia privo di pregiudizi.
Negli anni ’30, in largo anticipo sui tempi moderni, almeno un giorno della settimana si fermava tutto, per dedicarsi unicamente all’attività fisica.
Per onestà va detto che già la Legge Rava-Daneo-Credaro nel 1910 accolse le istanze della Commissione Todaro e dei Congressi Pedagogici di inizio secolo, istituendo l’insegnamento dell’educazione fisica.
Va altresì aggiunto che è aumentato anche il tabagismo, soprattutto tra le ragazze.
Vincenzo Maida
