Riceviamo e pubblichiamo a seguire una ulteriore riflessione del professore emerito di Psicologia sociale dell’Università di Bari “Aldo Moro”, Giuseppe Mininni, stimolata dalla sua partecipazione ad un evento correlato alle prossime elezioni amministrative della Città dei Sassi. Rilevandovi una presenza prevalente di sesso maschile, per altro accomunati da una veneranda età media e per contro una maggiore pregnanza di contenuti negli interventi proferiti da parte dei più giovani lì convenuti. Da qui la conseguente considerazione sulla opportunità di lasciare a queste nuove leve “il testimone del protagonismo nelle decisioni circa la “buona politica””. Considerato che la grande assente di “manifesti” per una politica che si vorrebbe buona tralasciano temi dirimenti come il rapporto di una amministrazione cittadina con l’Università che in essa ha sede. Chiaro segno della scarsa importanza attribuita alla consapevolezza che il Comune possa e debba essere “comunità educante“, in grado di “riconoscere le inquietudini del mondo giovanile“. Giovani che oggi preferiscono andare via…e che magari potrebbe essere indotti a rimanere. A seguire la nota integrale di Mininni.
UNA BUONA POLITICA PER 10 BAMBINI/E DI 10 ANNI TRA 10 ANNI A MATERA “Ieri sera ho partecipato all’incontro promosso dai proponenti di “Un manifesto x la buona politica” sul tema “Quale città?”, esplorato nei nessi tra “Qualità urbana” e “Qualità sociale”. A colpo d’occhio la sala della Camera di commercio era occupata per lo più da maschi di un’età media sui 68 anni, cifra capace di evocare mitici impegni rivoluzionari. E tuttavia, i contributi più interessanti mi sono parsi quelli offerti da alcuni giovani (il va sans dire ultraquarantenni!), come Luca Iacovone, Michele Plati e Rossella Nicoletti, che hanno esibito uno sguardo sul presente e sul futuro della città meno gravato dal peso di antiche esperienze. Forse noi anziani dovremmo spingere la nostra generosità fino al punto di passare loro il testimone del protagonismo nelle decisioni circa la “buona politica”. In particolare, dal suo osservatorio di Presidente di una importante cooperativa, Michele Plati ha puntato il faro della sua analisi sulla fragilità del tessuto sociale della comunità materana, che registra tassi crescenti di isolamento, disagio sociale, depressione e dipendenze varie nel mondo giovanile. Plati ha espresso plasticamente la sua tristissima convinzione che, se oggi chiedessimo a 10 bambini/e di 10 anni dove si immaginano tra 10 anni, ben 8 di loro direbbero: “Lontano da Matera!” E’ la decisione dei ventenni: lasciare Matera per completare altrove la formazione per la vita professionale. Questa aspirazione è condivisa da molti giovani del Sud ed ha anche qualche motivazione valida nel senso dell’apertura sociocognitiva. A Matera, però, tale decisione interpella l’istituzione culturale preposta ai bisogni formativi di quell’età, cioè l’Università. Un limite evidente, ancorché spiegabile in qualche modo, del “Manifesto x una buona politica” risiede proprio nell’oscuramento del ruolo dell’Università. La stessa parola vi figura solo due volte, tra parentesi, come esempio di “infrastrutture culturali” (et pour cause!) e di “servizi territoriali”. Ciò rivela che una “città d’arte e di cultura” può prendersi il lusso di non raccontarsi anche come “città universitaria”. Di ben altro avviso era il compianto amico e collega Mario Manfredi che, eletto sindaco, promosse il “Consorzio Universitario” tra il Comune di Matera, altri enti locali, l’Università di Basilicata (rappresentata dal prof. Cristos Xiloyannis) e l’Università di Bari (rappresentata da me stesso). Trenta anni fa quell’iniziativa ebbe come esito il primo consolidarsi del “polo materano” dell’Università di Basilicata. Purtroppo quella scelta di Manfredi non fu confermata dalle amministrazioni successive e il rapporto tra la città e l’Università non ha avuto lo sviluppo che meriterebbe in termini di sostegno al diritto allo studio e alla ricerca. Eppure una più stretta e viva collaborazione tra il Comune di Matera e l’Università di Basilicata darebbe alla città la consapevolezza di dover essere una “comunità educante”, pronta a riconoscere le inquietudini del mondo giovanile e a ispirargli la forza della resilienza di volta in volta più opportuna. Alice, la mia nipotina di (quasi) 10 anni mi ha risposto che non sa immaginarsi bene dove vorrebbe essere tra 10 anni, ma non le dispiacerebbe rimanere a Matera. Qualcosa dipende anche da noi.” (Giuseppe Mininni)
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