Lo abbiamo incontrato in occasione dei 50 anni della cooperativa ”Progetto Popolare” per la prima casa famiglia della Basilicata e Saverio Petruzzellis, che ha seguito l’esperienza della Legge 180 sulla riforma dei manicomi, ricorda l’impegno giovanile degli anni del Fontanino di via San Biagio e di piazze e strade limitrofe, dove lo slogan ”Uniti nella Lotta” passava di bocca in bocca perchè le conquiste c’erano se ci mettevi faccia e cuore. Altri tempi, ma d’esempio per il silenzio e sul conformismo di tempi fatti di compromessi, perdite di identità e di carenza di metodo e luoghi di partecipazione reali, che non siano la dimensione social dell’inconcludenza. ” Non ero tra i più assidui del Fontanino ma lo frequentavo-dice Saverio Petruzzellis. Rimpiango i compagni del tempo, il frequentarsi e i lunghi dibattiti sul che fare su questo o quel tema. Ma si arrivava a sintesi per una protesta, uno sciopero, un documento. Ricordo Tonino Montemurro, Paolo Dicembrino, compagni del Pci in prevalenza. Non avevo una particolare considerazione delle realtà extraparlamentari di Sinistra, e allora c’era e contava in tutte le sue anime,perchè mi è sempre piaciuta la moderazione, la riflessione, il ragionamento oltre agli ideali. Gran parte di loro non ammettevano esitazioni, riflessioni , dubbi, e quindi si era portati ad esagitarsi o a bollare il Pci di revisionismo. D’altronde quello che è accaduto negli anni ruggenti, tra il 1970 e il 1980, la dicono tutta di quello che si respirava nel mondo giovanile. Io allora presumevo di stare dalla parte giusta e la storia, dopo quanto accaduto, mi ha dato ragione su buona parte dei gruppi estremistici, che non hanno giovato alla causa della gente normale, finendo con il favorire manovre di destra. Quello che posso dire e, senza ombra di dubbio, è che l’estremismo non ha mai favorito il mondo del lavoro” .
Confronto anche all’interno come il rapporto con le donne, che era problematico anche nel Pci.” Anche gli uomini del partito non erano avvezzi a considerare la necessità del superamento culturale, e poi nei fatti, delle differenze che c’erano con le donne 50 anni fa. Le lotte per il divorzio, per l’aborto con l’avvio dei consultori nonostante tutti i nodi della legge 194, hanno contribuito ad accelerare un percorso di confronto e condivisione anche per altri problemi”. E qui il ricordo del febbraio lucano, caldo come l’autunno sindacale tra il 1969 e il 1970 del quale abbiamo parlato in altri servizi, a seguito della decisione del Cipe di escludere la Basilicata e la provincia di Matera, in particolare, dagli investimenti pubblici. ” In quella stagione- ricorda Saverio Petruzzellis- credo di aver avuto un ruolo di primo piano, perchè segretario della Fgci,nelle lotte studentesche, dal 1969 al 1973 e più avanti con ruoli di rappresentanza negli enti locali. Il confronto era vivo, marcato e continuo. La lotta politica era vera. Si seguivano i problemi concreti, anche perchè sui luoghi di lavoro e non solo c’era una rappresentanza di partito che era davvero un punto di riferimento con le sezioni, la dirigenza, i nostri rappresentanti negli enti locali e in Parlamento. L’Unità, nel senso pieno del termine, e non solo per la testata fondata da Antonio Gramsci- che non ha nulla a che fare con quella recente esperienza editoriale ricomparsa in edicola- è stato il cemento per passare momenti difficili in un Paese frontiera negli equilibri dove i tentativi di ‘golpe” e le strategie e le stragi fasciste si sono susseguite con una cadenza periodica, alcune delle quali coperta da segreto di Stato. Si arrivò a consigliare anche di dormire fuori casa e a rafforzare difesa e vigilanza per la sede della federazione provinciale , cosa che facemmo con iscritti e lavoratori.
Il dato positivo è che ci si sentiva di essere vicini a chi rappresentavi,al popolo. Il partito era questo…Mi manca e manca a tanti. Peccato, lo si è liquidato frettolosamente in nome di un riformismo a tutti costi, che ha creato tante ”cose” in sequenza ma senza che fossero un partito, recidendo i legami con la nostra gente. I cambiamenti servono, ci mancherebbe, ma la fretta alla fine fa fare, come la gatta, i figli ciechi…ed è quello che è accaduto per la vecchia Sinistra, sostituita dal nulla o quasi e da un disimpegno che non ha nemmeno risolto il vecchio problema della Prima Repubblica, che era la ”questione morale” sollevata da Enrico Berlinguer. Le lotte per l’aborto e il divorzio sono state esaltanti, insieme a quelle sui temi dell’economia, della casa. E avemmo un seguito su questi problemi che non pensavamo di avere e che, invece, avemmo perchè concreti e credibili in piazza, nei consigli comunale, provinciale, regionale e in Parlamento. Falce e martello e una stella, quella della lotta e della coerenza, che ci ha portato a stare dalla parte della gente finchè c’è stato quel partito”. Nostalgia comprensibile, qualche ‘mea culpa’ e rammarico per quanto sarebbe potuto accadere se…. E qui Saverio parla di ricambio generazionale, di classe dirigente in una città che oggi è caratterizzata da mediocrità e scarsa autonomia decisionale.
” Progetti rimasti a metà ? Certo- conclude Saverio Petruzzelli- come l’organizzazione di una componente giovanile, che sarebbe dovuta diventare momento di cambiamento della società. Siamo stati deboli -per un concorso di situazioni- su questo versante, aldilà di alcune fasi, ma non con la continuità e intensità necessaria. Abbiamo lottato per una democrazia che allora ci era apparsa incompiuta e con la Costituzione in gran parte da attuare e oggi da difendere, a causa di devianze autoritarie e autonomiste che rischiano di tagliare diritti e libertà. Il rischio è sempre dietro l’angolo. I giovani di oggi devono darsi da fare. Ho 78 anni e non posso non dimenticare cosa sia stata la strategia della tensione, con una coalizione di forze e poteri italiani , anche all’interno dello Stato, e stranieri che hanno impedito il rinnovamento, l’alternanza, il confronto, disseminando il Paese di stragi di tanti innocenti. Giovani, impegnatevi, e cercate di fare meglio di noi…” Dalla piazza virtuale a quella reale.