E se il democristiano Aldo Moro , quel 16 marzo 1978, non fosse stato rapito e poi ucciso dalle Brigate Rosse e da quel clima di clima di intrighi internazionali che aprirono a una stagione di terrore ?. E se quella stretta di mano concreta e sincera con il segretario del Pci Enrico Berlinguer avesse portato a una intesa costruttiva per il futuro di un Paese allo sbando? E se…Ma con i ” se i ma” la storia non si fa .Interrogarsi, però, sulle occasioni perse dall’Italia e dai due maggiori partiti della Prima Repubblica, come fa Francesco Calculli con le riflessioni a tinte rosse…nel senso pieno del termine, su una stagione e su pagine della storia italiana che mantengono ancora tanti dubbi, serve a riproporre l’attualità di un confronto leale tra due leader di ideologia ed esperienza che riuscirono a vedere oltre ”lo steccato” dei bizantinismi della politica e dei poteri locali. Un confronto, se andiamo a ritroso nel tempo, e rifacendoci all’Italia nata dalla Resistenza che ricorda il rapporto tra Alcide de Gasperi e Palmiro Togliatti (vittima di un attentato) che avevano un alto senso dello Stato. E fu evitata una guerra civile, pur nella consapevolezza delle pressioni internazionali esercitate da Nato e Patto di Varsavia e della necessità di dialogare- cosa che avverrà più avanti- con i paesi non allineati : dalla Cina a Cuba. Moro e Berlinguer riannodarono quel filo interrotto e con coraggio visto il clima di quegli anni e la presenza di tanti poteri e pressioni che remavano contro.
Francesco Calculli con citazioni, riferimenti e ricostruzioni storiche sempre vive per lo studio continuo, e per la corposa documentazione del museo del comunismo e della resistenza italiana, ripropone – e fa bene – l’esperienza mancata dell’eurocomunismo che dovette fare i conti con posizioni diverse e oltranziste tra i comunisti dell’area mediterranea. Il Pci, il più grande partito occidentale, era senz’altro più avanti. Seguito dal Pce spagnolo di Santiago Carillo. Ma molto distanti dal Pcf francese di George Marchais e dal Pcp portoghese dello stalinista Alvaro Cunhal. Riforme che sarebbero servite all’Italia e all’Europa con una Sinistra moderna e vicina ai bisogni della gente.
Occasione persa con tanti personaggi “sinistri, sinistrati e sinistrorsi” che hanno portato a formazioni ”nè carne e nè pesce” come il Pd. E poi la questione morale che con Tangentopoli portò alla implosione dei partiti della Prima Repubblica. Poi l’involuzione, i trasformismi, gli apparentamenti e il crollo di tanti muri, dopo quello del 1989 d Berlino, che hanno portato allo sfascio attuale. Moro e Berlinguer. Una stretta di mano con tanti rimpianti, ma anche una pagina con tanti punti oscuri da diradare e senza dimenticare la forza delle ideologie. Oggi siamo ai rimpianti e ai ”se”… Dice bene tovarish Calculli ricordando Mao Tze Tung e la sua celebre frase ” Quando il saggio indica la Luna lo stolto guarda il dito”. Un falso cieco che meriterebbe il classico di doto nell’occhio, per le tante ”cadute” da colpi bassi rimediati dal Bel Paese…
LE RIFLESSIONI DI FRANCESCO CALCULLI
QUEL 16 MARZO 1978, IL FALLIMENTO DEL COMPROMESSO STORICO, E IL PROBLEMA DELLA DEMOCRAZIA INCOMPIUTA
Martedi scorso è stato il giorno dell’anniversario del rapimento del presidente della DC Aldo Modo da parte delle Brigate rosse, era il 16 marzo 1978, e il cadavere dello statista sarà poi fatto trovare dai terroristi il successivo 9 maggio. Sono trascorsi 42 anni da questo terribile avvenimento, capace di sconvolgere l’ Italia intera, e che resta una data indelebile della nostra memoria democratica, e sopratutto fu lo spartiacque che segnò l’inizio di quel declino irreversibile delle nostre istituzioni repubblicane, e dei valori ideali e politici nati dalla Resistenza e sanciti dalla Costituzione su cui erano state fondate.Vistando il nostro museo molti di voi mi chiedono il motivo per cui il quadro con la prima pagina originale de L’Unità sull’assassinio di Aldo Moro si trovi in cima a tutti gli altri 50 quadri con le prime pagine dei quotidiani dedicate a eventi e fatti che hanno cambiato la storia d’Italia e del mondo. Ed io rispondo perchè il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro misero una pietra tombale sull’ultima speranza di realizzare un vero rinnovamento democratico del Paese, e sono persino convinto anche se da studioso di storia non dovrei pensarlo, (ma la storia si fa anche con “i se e con i ma”…) che se Aldo Moro non fosse stato ucciso, sicuramente uno come Berlusconi non sarebbe mai diventato capo del governo.
Ed è importante spiegare che si volle colpire con inaudita crudeltà lo statista democristiano, con l’obbiettivo purtroppo riuscito di fare fallire quella strategia politica elaborata tra il 1973 e il 1978 in cui si registrò un riavvicinamento e una comunanza di intenti tra la componente progressista della Democrazia Cristiana e il gruppo dirigente del Partito comunista, una formula denominata « COMPROMESSO STORICO» , e che ebbe Moro e Berlinguer come principali artefici. E’ molto probabile anche se non ci sono documenti in grado di dimostrarlo, che Moro si convinse definitivamente di quanto fosse in pericolo la fragile democrazia italiana, all’indomani della strage fascista di Piazza della Loggia,quando il 28 maggio 1974 a Brescia nella piazza centrale, una bomba nascosta in un cestino porta rifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione sindacale contro il terrorismo neofascista. In quella drammatica circostanza Moro che era ministro per gli affari esteri del governo Rumor, volle tenere un basso profilo, scegliendo in quel momento di massima tensione politica e morale di rimanere in un imbarazzate e poco dignitoso silenzio, facendo nascere il serio dubbio che fosse a conoscenza di particolari inquietanti sull’attentato, e perciò coperti dal segreto di stato. Una “zone grigia” che non manca ancora oggi di suscitare dubbi e perplessità, pure tra le tante luci nella lunga attività politica di Moro, e su cui di recente gli storici stanno indagando in modo più approfondito. Dunque Moro di fronte all’aggravarsi dello spessore reazionario di ampi strati della società italiana, ritiene che per salvare le libertà sancite dalla Costituzione Repubblicana, sia di fondamentale importanza consolidare e rafforzare ad ogni livello istituzionale il regime democratico.
Ma il presidente della DC è anche ben consapevole che il suo progetto politico di rafforzamento della democrazia deve superare due ostacoli in apparenza insormontabili. Il primo è interno alla stessa Democrazia Cristiana e riguarda il blocco di potere costituito dal “quadrumvirato” Andreotti, Fanfani, Colombo, Cossiga. Una gigantesca e mostruosa macchina di clientelismo e consenso elettorale con ramificazioni in ogni ganglio vitale dell’apparato statale ed economico, cosi potente da paralizzare ogni tentativo di sviluppo democratico del Paese, e che ha favorito il dilagare della corruzione in ogni settore della società. L’altro ostacolo non meno grave che Moro deve affrontare, è riuscire a convincere l’alleato americano di un cambio di rotta nella politica italiana, che preveda necessariamente il coinvolgimento dei comunisti nell’azione di governo dopo il loro “grande balzo in avanti” ottenuto con lo straordinario successo elettorale del 1976. Ma ad essere maggiormente preoccupato da una pericolosa svolta autoritaria, è proprio il segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer che nel saggio “Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile” pubblicato in tre articoli sulla rivista Rinascita a commento del golpe cileno del 1973, che aveva portato le forze reazionarie in collaborazione con gli Stati Uniti a rovesciare con una brutale repressione il governo legittimo del presidente socialista Salvador Allende, a lanciare la proposta di un « COMPROMESSO STORICO» fra tutte le forze democratiche del Paese. Nelle intenzioni di Berlinguer il Compromesso Storico doveva ricostituire quell’alleanza antifascista tra comunisti, cattolici e socialisti, che dopo la fine del secondo conflitto mondiale aveva prodotto la nostra avanzata Costituzione, ed aveva dato vita a quel governo di coalizione che fu in grado di promulgare importanti riforme di struttura, prima fra tutte quella Riforma Agraria redatta dal grande ministro comunista Fausto Gullo.
Si trattava dunque di riproporre sia pure in un contesto storico e sociale completamente mutato, e con forme e modalità differenti quell’esperienza positiva di buon governo che era stata interrotta con la grave rottura del 1947 voluta da Alcide de Gasperi che decise di escludere dalla compagine governativa comunisti e socialisti, ubbidendo alle direttive impartite dal governo degli Stati Uniti. Successivamente lo stesso Berlinguer al XIV Congresso del Partito del 1975, ebbe modo di precisare che il Compromesso Storico non era riducibile alla sola richiesta di partecipazione comunista al governo, ma era una strategia di ampio respiro, e “un più avanzato terreno di lotta” che aveva le sue linee guida di attuazione politica nella « QUESTIONE MORALE» intesa come austerità che doveva diventare l’occasione per cambiare la vita degli italiani, e nella sfida del grande progetto democratico dell’ « EUROCOMUNISMO» rivolta agli atri due partiti comunisti occidentali francese e spagnolo, e come alternativa democratica alla crisi e al lento ma inesorabile disfacimento dei regimi comunisti dittatoriali dell’ Europa dell’Est. Bettino Craxi segretario del PSI come era prevedibile rifiutò la proposta del Compromesso Storico, per inseguire la sua sfrenata ambizione di potere personalistico, che nel giro di pochi anni lo porterà a diventare mediante manovre di palazzo ben architettate, il primo presidente del Consiglio socialista a capo di un governo composto da esponenti del cosi detto Pentapartito. Invece i dorotei democristiani capeggiati da Aldo Moro aderiscono sia pure con una iniziale diffidenza, alla nuova strategia politica di Enrico Berlinguer, facendo propria anche la Questione Morale, tanto cara al segretario comunista. E cosi due leaders molto diversi tra loro per provenienza geografica, formazione culturale, e storia politica, il democristiano anticomunista Aldo Moro, e il comunista eretico Enrico Berlinguer, che fino a pochi anni prima erano stati avversari irriducibili, decidono di intraprendere un lungo e difficile percorso di collaborazione personale e di riavvicinamento tra i due grandi partiti di massa fino ad allora antagonisti, per il raggiungimento di un obbiettivo politico piu’ grande e nobile: fare diventare finalmente anche l’Italia una democrazia compiuta, governata nell’interesse dei lavoratori, e libera dalle pesanti ingerenze delle due super potenze Stati Uniti e Unione sovietica, e senza più il controllo asfittico esercitato dai grandi gruppi del capitalismo e della finanza speculativa .
Ma nonostante le buone intenzioni e l’enorme impegno da parte di Moro e Berlinguer, la strategia del Compromesso Storico è destinata al fallimento di fronte alla feroce opposizione dei poteri forti, e ai precari equilibri della Guerra fredda. Lo capisce ben presto Aldo Moro, quando recatosi negli Stati Uniti incontrò Henry Kissinger e gli disse che dovevano « aspettarsi cose nuove negli sviluppi della politica italiana» volendo intendere la partecipazione dei comunisti al governo. Kissinger con il noto cinismo che lo contraddistingueva, gli risposte che « se questo fosse realmente avvenuto, gli Stati Uniti sarebbero intervenuti con ogni mezzo lecito o illecito a loro disposizione, per ripristinate in Italia un “governo amico” degli USA.» Lo statista pugliese rimase talmente sconvolto da quella risposta, che al suo rientro in Italia, come ricorda sua figlia in una celebre intervista rilasciata un paio di anni fa al giornalista Michele Santoro, il padre era profondamente avvilito, e rimase in silenzio senza pronunciare una parola per parecchi giorni. Dall’altra parte del Muro, i dirigenti sovietici osteggiarono in tutti i modi possibili l’ambizioso progetto berlingueriano dell’Eurocomunismo, che temevano avrebbe minacciato il ruolo di guida dell’URSS sul movimento comunista internazionale, già conteso dalla crescente influenza esercitata su diversi Stati Socialisti in Asia, Africa, e America Latina, dalla Cina Comunista di Mao Tse Tung. E poi sul fronte interno c’era quella moltitudine di corrotti e di prepotenti, che temevano più di ogni altra cosa l’avanzata dei comunisti in Italia, e pur di fermarla non si sarebbero fatti alcuno scrupolo a massacrare centinaia di persone con vili attentati dinamitardi. Basti ricordare la terribile Strage alla Stazione di Bologna il 2 agosto del 1980. La mattina del 16 marzo del 1978, l’onorevole Aldo Moro stava per andare in Parlamento, per votare la fiducia al nuovo governo guidato da Giulio Andreotti, che per la prima volta dal 1947, avrebbe avuto il sostegno esterno del PCI. E invece fu la fine del Compromesso Storico, e per la Storia dell’Italia Repubblicana quel giorno segnò definitivamente un punto di non ritorno.
Quell’uomo mite e austero, pagò con il sacrificio della propria vita la scelta coraggiosa, in un mondo diviso in due blocchi contrapposti e dominato dalla Guerra Fredda, di un’ apertura politica nei confronti dei comunisti, per favorire il consolidamento della nostra democrazia con una vera alternanza nel governo della Nazione tra maggioranza e opposizione. In quei 55 giorni di atroce prigionia nella angusta prigione del popolo, lo statista pugliese fu completamente abbandonato al suo tragico destino di una morte annunciata dai suoi stessi Amici di Partito; e per la bramosia di potere di molti di loro, Moro sarebbe stato utile più da morto che da vivo. Enrico Berlinguer morirà a seguito di un ictus che lo colpi durante un comizio elettorale a Padova l’11 giugno 1984. Ai suoi funerali imponenti, parteciparono quasi due milioni di persone. Per la sua grande statura morale, rimane ancora oggi l’uomo politico mai abbastanza rimpianto anche da chi comunista non lo è mai stato. Molta minore fortuna ebbero le sue scelte politiche. La politica della Questione Morale ebbe uno scarso consenso in una nuova generazione di italiani, che a partire dagli anni 80′ all’attivismo e all’impegno in politica, sostituiscono il divertimento e lo “sballo” nelle discoteche, abbandonandosi a un consumismo sfrenato, che troverà la sua massima rappresentazione nella ostentata ricchezza della “Milano da Bere” che diventerà il simbolo per eccellenza del nuovo sistema di potere di Bettino Craxi e di Silvio Berlusconi. Per poi sprofondare agli inizi degli anni 90′ nell’incubo di tangentopoli, con Il Paese sull’orlo della bancarotta per colpa dell’enorme debito pubblico salito a causa delle ruberie e degli sprechi nella spesa pubblica lasciati in eredità dai corrotti governi del Pentapartito. Anche il grande progetto politico dell’Eurocomunismo fu stroncato sul nascere a causa dell’ottuso nazionalismo, e settarismo classista dei comunisti francesi, preoccupati a torto o a ragione, di perdere la loro autonomia rispetto al più forte Partito Comunista Italiano. Dopo la caduta del Muro di Berlino, il PCF sarà uno dei primi partiti comunisti a dissolversi, e saranno molti i compagni francesi che rimpiangeranno l’occasione persa dell’Eurocomunismo. Infine nel 1985 l’anno dopo la morte di Enrico, si svolse il referendum abrogativo sul taglio della scala mobile che sanci la sconfitta del PCI e la fine della grande stagione politica di Berlinguer. Per Craxi invece il trionfo personale riportato con la vittoria nel referendum fu la conferma che la sua politica liberista era ormai condivisa anche dalla maggioranza dei lavoratori. Oggi, a distanza di molti anni risulta evidente in una situazione di impoverimento generale, con molte persone che pur lavorando vivono in povertà, quanto sia stato sbagliato il taglio della scala mobile che consentiva di indicizzare automaticamente i salari in base all’aumento dell’inflazione e dei prezzi. Di Aldo Moro mi rimane il ricordo di un’anziana comunista di Varese, che ebbi il piacere e l’onore di conoscere quando mio fratello era ricoverato nell’ospedale di quella città. Ella mi raccontò che in un periodo sfortunato della sua vita, venne a trovarsi in uno stato di grave indigenza, e non potendo più pagare i debiti pregressi, inviò una lettera accorata al presidente democristiano in cui gli chiedeva di inviarle dei soldi.
Moro non solo le rispose in breve tempo, ma le inviò una somma di denaro molto superiore a quella riportata nella lettera. Del compagno Enrico, mi resta il bellissimo ricordo di Mariano un compagno sardo che conobbe personalmente Berlinguer proprio in occasione della sua visita nella nostra Matera, e che mi auguro lui stesso potrà raccontarvi ( quando questa emergenza finirà), direttamente dal nostro Museo.Quel giorno di 42 anni fa l’italia cambiò per sempre, non fu più la stessa, e ancora oggi tutti noi ne paghiamo le conseguenze. Il nostro Paese sta ormai da alcuni anni sprofondando in un declino morale, economico, e politico da cui sembra non sia in grado di uscire, i giovani più preparati emigrano all’estero in cerca di opportunità di lavoro in grado di garantire stipendi più alti e una carriera professionale gratificante. L’ignoranza di una larga maggioranza di italiani, ( alcuni la definiscono con il solito puritanesimo lessicale come “analfabetismo di ritorno”) rimane anche prima dell’epidemia da corona virus, la vera emergenza sociale; si tagliano i posti letto negli ospedali e si riduce il personale sanitario ai minimi termini, ma gli sprechi e i fenomeni di corruzione nel sistema sanitario continuano ad aumentare. E facciamo finta di non vedere che viviamo sotto la cappa di un’eterno Berlusconismo che sistematicamente continua a sfornare mostruosi sotto prodotti culturali della politica: Beppe Grillo, Matteo Renzi, Salvini, la Meloni, e cosi all’infinito…. Ma come dice il vecchio compagno Antonio:« Non farti illusioni che il peggio deve ancora venire». Io più modestamente non avendo nè la saggezza, nè la competenza del vecchio Antonio, per non sfigurare preferisco citare il Grande Timoniere Mao: « QUANDO IL SAGGIO INDICA LA LUNA, LO STOLTO GUARDA IL DITO» ( dir. F. Calculli)
