“Come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare…” canta Fiorella Mannoia. E di giravolte e cambiamenti da quando è andata a Palazzo Chigi Giorgia Meloni ne ha dovuti fare molti per sopravvivere. Così quando in aula ha negato di avere mai detto che avrebbe sostenuto l’Ucraina fino alla vittoria, ma l’ha detto eccome così come provato da video in rete. E così quando ha affermato il suo disprezzo per il Manifesto di Ventotene per attaccare l’opposizione. Peccato che nel 2016 (come ci ricorda Paride Leporace), twittasse così: “Sull’Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del Manifesto di Ventotene, detenuti in carcere che non i premier europei Renzi, Hollande, Merkel”. Ma forse era un’altra Giorgia Meloni. Cose che capitano a chi si fa sopraffare dalla foga della propaganda da capo partito che prende il sopravvento sul ruolo istituzionale che svolge. E comunque al di là delle reazioni infuocate provocate in aula dai banchi delle opposizioni, alle citazioni del Manifesto più datate selezionate da Meloni, più efficace è risultata la risposta giunta in serata su RaiUno da parte di Roberto Benigni durante il suo monologo “il Sogno“. Non è noto se l’artista abbia inserito all’ultimo e dopo le polemiche il passaggio sul documento formulato nel 1941, dal confino, da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni o se il tema fosse già in un copione. Ma se la premier nel suo discorso a Montecitorio ha deciso di “ridurre” la portata del Manifesto di Ventotene ad alcune frasi che facevano al “socialismo”, alla “proprietà privata” e alla “rivoluzione”, è l’attore e regista premio Oscar a farsi carico di rispondere. Se “il Manifesto di Ventotene che è del 1941 contiene alcune idee superate, non viene certo meno la sua visionarietà. Sarebbe come dire buttiamo La Bibbia, perchè c’è scritto che il Sole gira intorno alla Terra.” Elementare, Whatson!

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