Caro Vito,
oggi, Domenica delle Palme, ho letto il tuo intervento, corredato da video “palestinese”, con cui denunzi il massacro a tappeto di un popolo, il popolo palestinese, appunto, compiuto ad opera di bombe e carri armati israeliani. E’ un popolo privato della sua patria e chiuso in una striscia di terra, che è una prigione o una gabbia, condannato allo sterminio. Non è la prima volta che, coraggiosamente, ti pronunzi, nel tuo, nel nostro piccolo.
Ogni volta che leggo – ti leggo – mi prende una stretta allo stomaco e una sorta di scrupolo. Ho scritto tante volte sulla questione; ma non lo faccio più da tanto tempo, preso da scoramento a vedere tanta colpevole indifferenza, mascherata da ipocrita pianto, anche da parte di chi ha il dovere e il potere di agire e dire la propria. Ho chiamato in causa, in passato, i milioni di cattolici, sordi all’appello del papa, invitando tutti non ad un generico filisteo pianto, ma a puntare l’indice contro il colpevole Netanyahu, giudicato criminale di guerra da una corte internazionale. Va fermato.
La mia accusa va anche ai numerosi intellettuali, tali proclamatisi e per tali presentati e celebrati dai potenti, amici organi di stampa, soprattutto dalle reti televisive. Li si vede spesso andare in giro, con l’ultimo loro libro sotto il braccio, a raccogliere, anzi, mendicare recensioni e comparse in televisione, durante le quali, contriti e tirati in viso, celebrano e inneggiano a don Milani che scrisse “i care” (“io ci sto”, “io non mi giro dall’altra parte”). Il mio appello, e mio rancore, va anche ad attori, attrici, uomini comunque di successo, persino sportivi, che la gente, i tifosi, ascoltano. Altrove lo fanno. Belli nell’atteggiarsi e nel fare generici appelli alla pace, alla concordia, al rispetto del diritto dei popoli, sono muti nelle accuse e nella indicazione dei diretti e veri responsabili. E’ paura di perdere i privilegi, i favori di cui godono, soprattutto che sia compromessa la propria notorietà. E’ vanità riprovevole, ed è perenne “tradimento dei chierici”, messo in evidenza negli anni del fascismo.
Tu richiami Anna Frank. Ricordo che, anni fa, riferii di una giovane ragazza palestinese che scriveva il suo diario sotto i bombardamenti degli aerei israeliani. Poteva morire da un momento all’altro. Si chiamava Farah_Gazan; aveva solo 16 anni. Durante la notte aveva mostrato, in live-tweet, le bombe che cadevano su Gaza. Scriveva: “Non riesco a smettere di piangere. Potrei morire stanotte” (da Repubblica del 31.7.2014.).
In quelle ore i soldati israeliani pregavano il loro Dio prima di salire sui carri armati e sugli aerei. Forse chiedevano che il “loro” Dio guidasse le loro bombe a ferire e uccidere tante Farah Gazan in più. Il papa, nelle stesse ora, sorvolava la terra dei fuochi, a Caserta. Mi auguravo che, nella sua grande generosità, papa Francesco decidesse di sorvolare la striscia di Gaza e, soccorso dal “suo”, “nostro” Dio, facesse cessare i bombardamenti israeliani. Feci anch’io, come te, riferimento ad Anna Frank.
Tale accostamento ebbe un notevole consenso, anche, mi parve, su qualche organo di stampa straniero. Recentemente un intellettuale ebreo ha avuto finalmente coraggio. Ha detto che Netanyahu, dopo l’attacco di Hamas, ha scelto “la via della vendetta, anziché quella della giustizia”. Se i nostri cattolici ed intellettuali, dicessero questo, direbbero cosa nobile e solenne. Starebbe bene sulla bocca del papa; starebbe benissimo sulla bocca della sen. Segre. Non si può rispondere a volenza con una violenza ancor più violenza, fino alla efferatezza.
Una volta scrissi che tra Netanyahu e Kappler non vedevo alcuna differenza. Kappler uccise trecento cittadini romani, in gran parte ebrei, contro i trenta tedeschi uccisi. In pratica applicò la regola di dieci giustiziati per ogni tedesco ucciso. Netanyahu ha fatto peggio perché, contro i 1.500 ebrei caduti sotto le bombe di Hamas, ha ammazzato, senza distinzione, compresi molti bambini, oltre 50.000 palestinesi, cioè trenta palestinesi contro un ebreo. Suo obiettivo, sostenuto da Trump, dal governo italiano e dall’Europa, è quello di distruggere e far scomparire dalla terra il popolo palestinese.
Quando, per televisione, un giovane cantante osò parlare di genocidio di un popolo, immediatamente fu bloccato dalla signora Mara Venier, presentatrice, per evitare critica e dispiacere a Israele, al governo italiano, all’ America e all’Europa. Fu inammissibile censura del libero pensiero, espresso da un generoso giovane che condannava una strage.
Magra e avvilente figura fanno i nostri intellettuali, che dovrebbero essere voce della ragione, solo se si pensa che, da uomini di pensiero, in Grecia e a Roma fu ammessa e sostenuta la legittimità del tirannicidio. A Roma furono d’accordo gli intellettuali Cicerone e Seneca. Nel Medioevo un uomo santo, che organizzò in sistema la cultura europea, cattolica, dico di San Tommaso, scrisse che è giusto uccidere un tiranno. Di don Milani, e della necessità di venire allo scoperto, si è detto. Non può non ricorrere, per noi lucani, l’esempio di Carlo Levi, sostenitore ed esecutore della “morale della libertà” o “dovere dei tempi” o “coraggio della libertà”. L’intellettuale – scrisse – se vuole assolvere alla sua funzione, “non dovrà rinchiudersi né estraniarsi dal corso vivente della storia”. Lui lo fece per una vita.
E’ un monito ai vanesi intellettuali italiani, generalmente chiusi nel proprio “particulare”, a guardarsi l’ombelico. Non possono e non devono tacere, tanto più che, a differenza di Carlo Levi, non rischiano né la prigione né il confino, ma, al massimo, qualche premio in meno, qualche presenza in televisione in meno, qualche presidenza di un inutile Ente governativo, la sempre più facile nomina a cavaliere della repubblica. Noi, dalla nostra Lucania Basilicata, che possiamo fare? E nessuno ci farà cavalieri della Repubblica.
Grazie, e pace agli uomini di buona volontà.
Come per Anna Frank, anche per Gaza l’indifferenza è complice della strage
