giovedì, 24 Aprile , 2025
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Oggi, 4 anni fa, Assange fu incarcerato. Vietato fargli visita.

Era la mattina dell’undici aprile 2019 quando gli agenti della polizia britannica entrarono nell’ambasciata ecuadoregna di Londra, dove il giornalista australiano Julian Assange si era rifugiato da sette anni, e lo prelevarono con la forza. “Assange -come ricorda in un appello l’associazione Free Assange Italia che ha organizzato oggi -dalle 15- in Piazza della Repubblica a Roma un sit-in per chiederne la liberazione- verrà condotto nel carcere di massima sicurezza di His Majesty Prison Belmarsh, il più duro del Regno Unito, insieme a detenuti pericolosissimi, senza una condanna, in attesa della sentenza che decreterà o meno la possibilità per gli Stati Uniti di estradarlo nel loro Paese, dove verrebbe sottoposto a un processo in un tribunale composto da membri non imparziali e dove verrebbe, con tutta probabilità, incarcerato per sempre. Quattro anni in attesa di estradizione in condizioni fisiche e mentali estremamente deterioriate, certificate da autorevoli esponenti medici e istituzionali. Quattro anni in cui può ricevere visite in condizioni umilianti e che possono essere annullate anche all’ultimo minuto, come appena accaduto. Solo per aver fatto il suo dovere di giornalista“. L’annullamento all’ultimo minuto di una visita autorizzata a cui si riferisce l’appello è quella della settimana scorsa che riguarda la direttrice delle campagne di Reporters Sans Frontières, Rebecca Vincent, e Christophe Deloire (segretario generale di RSF) che hanno provato invano a fare visita in carcere ad Assange. Infatti, nonostante avessero ottenuto il permesso di fargli visita per la prima volta, giunti al Belmarsh è stato impedito loro di entrare. “Siamo preoccupati” ha dichiarato Vincent in merito allo stato di salute del giornalista australiano, aggiungendo che “Ogni volta che proviamo ad interagire con un livello qualsiasi del governo inglese nsuquesto caso, loro si rifugiano nella segretezza” e chiosa “Che cosa hanno da nascondere?“. Sarebbe ora che il governo americano ed inglese mettano la parola fine alla vicenda, loro che parlano sempre di libertà di stampa. E li renderebbe anche più credibili in casi come quello del giornalista americano Evan Gershkovic ora detenuto in Russia. Ma evidentemente Assange è un simbolo da colpire “per educare” altri a non permettersi di fare ciò che lui ha osato fare.

Assange non conosce la libertà da tredici anni, ovvero da quando nel 2010 rivelò i crimini di guerra compiuti e torture in Iraq e Guantanamo. È passato dagli arresti domiciliari al confinamento nell’ambasciata dell’Ecuador alla attuale reclusione nella prigione più dura del Regno Unito.  E allora perché non ha più conosciuto la libertà? Stefania Maurizi è la giornalista italiana che ha trascorso gli ultimi 13 anni a indagare sul caso. Ha conosciuto molto bene il fondatore di Wikileaks e la sua organizzazione. Ha scritto un documentatissimo libro “Il potere segreto” che consigliamo di leggere a chi ama la democrazia e la libertà. Ha provato a riavvolgere il filo per ricostruire tutta la storia e rispondere alla domanda cruciale di questo caso: perché i governi più potenti del pianeta vogliono distruggere Assange e annientare i giornalisti di WikiLeaks? Oltre al libro, la Maurizi ha prodotto sul tema dei podcast che potete ascoltare a questo link: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/ascolta/perche-il-potere-segreto-vuole-distruggere-assange/

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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