lunedì, 4 Dicembre , 2023
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Meloni e la manovra ideologica che “cuba, cuba”

Chi ha ascoltato la conferenza stampa si sarà accorto dell’uso ripetuto da parte della Presidente del Consiglio dell’insolito e desueto verbo “cuba” per definire la dimensione monetaria delle varie misure snocciolate. Un “cuba”, “cuba” che abitualmente si usa per definire il volume di un ambiente. Ma tant’è. E questa curiosità si aggiunge al battibecco con i giornalisti con cui si è chiuso l’evento di presentazione della prima legge di Bilancio di Giorgia Meloni. Ai cronisti in sala che hanno chiesto più tempo per le domande -rispetto alle lunghe introduzioni- la presidente del Consiglio prima ha detto che non poteva, a causa di un impegno istituzionale non rinviabile (“Non è colpa mia. C’ho il presidente di Confartigianato che sta aspettando me”), e dopo aver -con evidente insofferenza- accusato i giornalisti di essere stati in passato non altrettanto “coraggiosi” (evidente riferimento alle conferenze tranchant di Mario Draghi), ha infine acconsentito: “Avanti con le domande, altrimenti scrivete che non vi rispondo”.

Questo al termine della lunga introduzione della Presidente Meloni a quella che è stata presentata come una  manovra fatta con un “approccio da bilancio familiare” e che “Non si limita a un lavoro ragionieristico ma fa scelte politiche…una manovra che ricalca e racconta di una visione politica“. Quindi, via -come promesso in campagna elettorale- dal 2024 l’odiato Reddito di Cittadinanza (ma già dal 2023 sarà ridotto a soli 8 mesi e si perde dopo solo una proposta di lavoro rifiutata). E poi “la famiglia” perchè, come ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Per quanto riguarda la scelta sociale, abbiamo forse tagliato sulla spesa previdenziale ma abbiamo investito sulla spesa previdente: cioè sui figli, su coloro che domani potranno mantenere tutti i pensionati e la spesa pensionistica. Perché la più grande riforma delle pensioni è quella che premia la natalità, altrimenti non ce n’è per nessuno”.

Cambia, infatti, “Opzione donna”, l’anticipo della pensione per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi, che sarà prorogato di un anno ma sarà anche legato al numero di figli (usciranno a 58 anni le lavoratrici con due o più figli, a 59 chi ha un figlio e a 60 chi non ne ha). E nel 2023 sono previsti 700 milioni di euro per mandare in pensione prima 48mila persone,  ovvero “quota 103” con cui si potrà lasciare il lavoro con 41 anni di contributi versati e con 62 anni di età, norma che sostituisce (in senso peggiorativo) “quota 102” (38 anni di contributi e 64 anni di età), introdotta dal governo Draghi e in scadenza a fine anno. Mentre viene rinnovato il bonus del 10% sullo stipendio per chi sceglie di continuare a lavorare pur avendo raggiunto i requisiti per accedere alla pensione. Per le le rivalutazioni delle pensioni previsto al 7,3% (comunque inferiore all’attuale livello di inflazione), è previsto un taglio per le pensioni più alte: sopra i 5mila euro lordi l’indicizzazione sarà pari al 35% dell’ iniziale 7,3%, quindi solo del 2,5% dell’importo. Viceversa per le minime l’adeguamento sale al 120%, ossia non più del 7,3% ma dell’ 8,7%, valore comunque al di sotto dell’attuale livello del carovita che è all’11,9%). Insomma, circa 45 euro in più al mese per gli assegni minimi che passeranno da 523 a 570 euro circa.

I provvedimenti per la famiglia e natalità valgono un miliardo e mezzo di euro: l’assegno unico viene aumentato del 50% a tutti per il primo anno di vita del bambino, del 50% per tre anni per le famiglie numerose ed è stato reso strutturale la maggiorazione per i figli disabili. L’Iva su tutti i prodotti della prima infanzia sarà al 5% e anche per quello che riguarda i dispositivi igienici femminili non compostabili, vengono confermate le misure per acquisto della prima casa sulle giovani coppie. Sul congedo parentale viene aggiunto un mese di congedo facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita.

Nella manovra ci sono “tre tasse piatte“ ha detto Meloni: “quella sui redditi incrementali alle partite Iva che hanno una tassa piatta del 15% sul maggiore utile conseguito rispetto al triennio precedente con soglia massima 40mila euro,  l’aumento della flat tax a 85mila euro e l’introduzione di quella al 5% sui premi di produttività fino a 3mila euro contro il 10% previsto attualmente”.

Ma è il caro bollette che assorbe i due terzi della manovra. I provvedimenti per l’energia sono di circa 21 miliardi: i crediti di imposta per le aziende che vengono aumentati dal 40 al 45% per quelle energivore e fino al 35% per le non energivore. Per le famiglie si interviene su quelle con un Isee massimo elevato da di 12.000 euro a 15mila euro.

Viene aumentato di un modesto 1% il cuneo fiscale e vengono reintrodotti i buoni per lavori in agricoltura e nel settore della cura della persona in particolare per lavori domestici fino a 10mila euro. Mentre c’è un ulteriore invio per l’entrata in vigore della plastic tax e sugar tax di un anno.

Dunque, una manovra, come era prevedibile, essenzialmente ideologica in talune direzioni di marcia ma oggettivamente poco sostanziale per incidere sulla crisi.

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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