martedì, 3 Ottobre , 2023
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Matera deve ”stringere” la cinta urbana con ago e filo… del buon senso

Concetto condivisibile, auspicabile, ma se nel laboratorio di urbanistica, architettura, attività produttive e dimensionamento sociale della Città dei Sassi, nell’anno del trentennale dell’iscrizione dei rioni Sassi e dell’Habitat rupestre, continuano a mancare sarti, sarte, modisti e stilisti, senza ago e filo, continueremo a sentire parlare a vuoto…di ricucitura dei borghi alla città, di rigenerazione urbana, di resilienza, e via con la declinazione degli anglicismi che spaziano dalla città smart, alla start agli ‘stakeholders’ , quella pletora di attori del territorio che dovrebbero essere protagonisti del cambiamento. Ma che scarseggiano, vivono di rendita o si muovono per la ricorrente rendita edilizia, pur in presenza di un mercato che rallenta, in parte drogato ( alludiamo ai prezzi), legato alla bolla speculativa dell’anno di Matera capitale europea della cultura 2019. E allora? L’architetto Giovanni D’Alessandro, che ha fatto considerazioni in tempi non sospetti sulla ”Matera dall’auto – contenimento a modello di città diffusa” rilancia una proposta che richiede coraggio, scelte conseguenziali e tanto buon senso. “Una scommessa per il futuro nel territorio materano, sarà pertanto – scrive D’Alessandro- quella di puntare sul rinnovamento dell’immagine di parti del tessuto urbano.Il compito della pubblica amministrazione, non si esaurisce nella redazione dei piani urbanistici e degli strumenti attuativi, ma implica un impegno permanente, flessibile,
diretto ad orientare i mutamenti, a fare i conti con le trasformazioni che il tempo le impone,
a interpretare lo spirito del tempo con il linguaggio della modernità.
La città, il territorio, l’architettura, l’urbanistica sono luoghi privilegiati per capire se questa
sfida la si può vincere”. Attendiamo segnali da via Moro e dintorni…

MATERA DALL’AUTO-CONTENIMENTO A MODELLO DI CITTÀ DIFFUSA
Il «processo di trasformazione» che continua ad interessare il territorio di Matera, risultato
delle tumultuose espansioni, oltre un consapevole «diritto all’ambiente», rendono possibile
una rivoluzione nell’affrontare il problema del riassetto dell’area urbana; cioè l’abbandono
della politica della crescita illimitata della città e l’adozione, viceversa, di una politica di
riqualificazione dell’esistente.
L’urgenza di arginare l’espansione e l’esigenza di una forma urbana controllabile e
governabile, devono tradursi in un rinnovato impegno civile; pongono il governo locale di
fronte a nuove sfide. Tra queste, quella di definire un nuovo modello di sviluppo urbano
virtuoso; un modello che per essere perseguito, ha bisogno di una politica urbana
coerente e organica. Va pensata un’urbanistica e un’architettura in una nuova ottica che
deve tendere alla qualità morfologica, alla centralità della sostenibilità ambientale, in una
visione che ha anche l’ambizione di rigenerare una nuova cultura della città.
Una città che deve garantire la qualità del suo ambiente e del suo paesaggio; una città
che deve conferire a parti di essa, dignità formale e funzionale; una città degli utilizzatori e
non solo dei suoi abitanti; una città fatta di parti e di nuovi luoghi di relazione e di
aggregazione; una città dei giovani, dei bambini, degli anziani; una città dove la
tradizionale distinzione fra centro e periferia deve essere superata dalle nuove centralità;
una città che deve mettere al centro delle sue azioni, l’uso razionale delle risorse utili al
suo funzionamento e la sua efficienza energetica: da città che consuma energia a città che
produce energia; una città non contemplativa ma esaustiva, in grado di dare risposte alle
domande dei suoi fruitori; una città dove aumenti la coscienza ambientale e la domanda
di partecipazione alle scelte che incidono sulla sua trasformazione; una città non senza
confini, che si allarga nell’uso, nelle sue funzioni e negli intrecci economici all’aria vasta
che la circonda e che tende a metropolizzarsi; una smart city, una città intelligente, un
ambiente urbano in grado di agire attivamente per migliorare la qualità della vita con
l’utilizzo diffuso di sistemi innovativi. E’ in questo scenario che devono inserirsi i nuovi
strumenti di piano, la progettazione di ogni intervento in ambito urbano.
Le modificazioni strutturali di Matera, da città compatta, esasperatamente intensiva, a città
diffusa, esasperatamente estensiva, meritano un’attenta riflessione di natura urbanistica.
La città, dopo secoli di auto-contenimento, rompe i propri confini e dilaga nel territorio
creando nuove forme urbane.
Tali modalità di crescita, – centripeta e centrifuga –, o se si vuole tra città compatta e
sprwal, si sono alternate e combinate nel tempo con caratteristiche e intensità diverse.
La città sta perdendo i suoi attributi culturali; è uno stato giuridico, un prodotto mercificato.
Le trasformazioni del tessuto urbano e dell’area rurale, le nuove forme di sviluppo, hanno
inizio nell’immediato dopoguerra.
L’assenza di una pianificazione territoriale e di leggi che regolassero l’uso delle aree
edificabili, nonché l’enorme richiesta di case, coperta dai programmi statali di case
economico – popolari, ne hanno segnata la struttura urbana.

Gli interventi dell’UNRRA-CASAS e dell’Ente Riforma Fondiaria, hanno dato corso effettivo
alla pianificazione dell’intero territorio materano. La città si espansa da Agna rurale (legge
n. 619 del 1952) a Villa Longo (seconda legge per il risanamento la n. 299 del 21 marzo
1958). Successivamente, gran parte del disegno urbano, si è configurato seguendo le
linee di sviluppo tracciate dal P.R.G (1955 – 1959 primo piano Piccinato); la città si è
espansa assumendo la configurazione di un sistema longitudinale, sul quale hanno
gravitato i nuovi settori residenziali.
Dagli anni ’80, si assiste ad una mutazione che caratterizzerà gli anni a venire, attuata in
stretta relazione con una politica di promozione immobiliare.
Saturato il mercato delle aree urbane edificabili, i nuovi progetti edilizi toccano sempre
meno l’edificato esistente e si localizzano di preferenza su terreni inedificati periferici.
La città continua ad espandersi oltre quei confini che sembravano irraggiungibili: P.E.E.P
San Giacomo, P.E.E.P l’Arco, P.E.E.P via Gravina, località Gravinella (PdL Quadrifoglio);
Rione Agna (P.E.E.P. di Agna le Piane), contrada San Francesco (Housing Città dei
Sassi) e ancora nelle direzioni di via La Martella (PdL Zona 33), via Gravina (PdL
Aquarium, Giada via Gravina).
L’idea di uno sviluppo basato sulla crescita urbana illimitata, insostenibile, in quanto
modello di città diffusa, che ha determinato processi di urban sprawling, deprivazione di
risorse naturali, fenomeni di disagio e domanda di servizi pubblici, continua ancora a
prevalere; la crescita e la forma urbana continuano in modo patologico a sfuggire a ogni
controllo.

Matera si trova di fronte a un dilemma. Continuare a espandersi senza il controllo della
crescita e della forma urbana, o affrontare il riequilibrio strutturale, la riqualificazione
urbana e paesaggistica. Chi regge la comunità, deve continuare ad adottare una politica di
promozione immobiliare e far subire al territorio profonde trasformazioni urbanistiche, o
deve anche aprirsi a tematiche essenziali per il riequilibrio delle aree urbane, per la
coesione sociale, per la salvaguardia ambientale? Ancora una volta prevale una politica
urbanistica che continua a prediligere interventi urbanistico-edilizi su territorio fuori dal
perimetro urbano. Si apre così un discorso sul suo ruolo.
Se l’urbanistica è lo strumento per la riqualificazione urbana e paesaggistica; se deve
puntare sul controllo dell’espansione illimitata, sul riassetto e riqualificazione di settori
urbani obsoleti, sulla salvaguardia ambientale e tutela del paesaggio, occorre, allora, che
tutte queste tematiche facciano parte di un programma innovativo, posto alla base di un
processo di riscatto sociale, culturale, ambientale, economico.
Va messa in atto allora, una strategia che permetta di affrontare la riqualificazione urbana
e territoriale, le patologie dell’armatura urbana. Bisogna stringere la cintura urbana.
Va attenuato l’interesse espansionistico che ha determinato ai margini della città, una
grave distruzione di ampie estensioni di terreni, trasformati in squallide aree urbane.
Si apre, così, anche un discorso circa il decadimento sociale presente nella città periferica.
Questo è anche il ruolo dell’urbanistica.
Dopo decenni di rapida espansione delle città, il mondo moderno sta entrando in un’era di
recupero urbano. Un tale approccio fa saltare la tradizionale distinzione tra centro e
periferia, tra distanza e prossimità.
La questione della poli-centralità, è fondamentale per la riqualificazione di settori urbani.
La riconquista di aree urbane degradate e marginali, senza alcuna identità sociale e
urbana, alla luce delle nuove sfide sociali, sarà il grande cantiere delle prossime
generazioni. Tale prospettiva, rappresenta un’occasione per mettere fine allo spreco delle
risorse naturali; esprime la rinuncia al grande progetto urbano incontrollabile.
Occorre, quindi, mettere a punto una politica tale da riconvertire la volumetria dell’edilizia
di scarso valore, in una grande risorsa economica, utilizzabile per la riqualificazione di
parti della struttura urbana. Dunque la rottamazione quale strumento di forte contenuto
innovativo per la riqualificazione urbana e paesaggistica, per il riequilibrio strutturale.
“ Puntare sulla riqualificazione urbana, sostiene Paolo Buzzetti presidente dell’Ance,
attraverso la demolizione dell’edilizia fatiscente e la sua sostituzione con un’edilizia
efficiente e di qualità, al fine di ridare dignità al territorio, coniugando sviluppo e
sostenibilità “.

Bisogna avviare, un grande e condiviso progetto globale di “ampio respiro”.
Vanno promossi progetti di rinnovamento urbano, mettendo al centro la persona, con
attenzione agli aspetti sociali, economici ed ambientali.
Investendo in progetti che prevedano la valorizzazione e il recupero, anche solo di alcune
parti, significa incidere profondamente sulle richieste di miglioramento della qualità della
vita e sulla nuova domanda di attenzione verso nuove strategie ambientalmente sostenibili
e socialmente sensibili.
Un progetto di ridefinizione di così vaste dimensioni, sostenibile dal punto di vista
ambientale, economico, sociale e culturale, non certamente facile, eppure doveroso, per la
sua realizzazione deve coinvolgere, consapevoli della sua complessità, il governo locale e
i pubblici poteri, l’imprenditoria, le SEM (Società a Economia Mista), la comunità, con la
convinzione che la rottamazione-riqualificazione di settori urbani, non è un’avventura
dall’esito incerto.

Una scommessa per il futuro nel territorio materano, sarà pertanto quella di puntare sul
rinnovamento dell’immagine di parti del tessuto urbano.
Il compito della pubblica amministrazione, non si esaurisce nella redazione dei piani
urbanistici e degli strumenti attuativi, ma implica un impegno permanente, flessibile,
diretto ad orientare i mutamenti, a fare i conti con le trasformazioni che il tempo le impone,
a interpretare lo spirito del tempo con il linguaggio della modernità.
La città, il territorio, l’architettura, l’urbanistica sono luoghi privilegiati per capire se questa
sfida la si può vincere.
Gianni D’Alessandro

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1 commento

  1. Fa piacere sapere che esiste un professionista che ha la capacità di stimolare, e magari a breve anche progettare, un dibattito reale -non riservato ad adepti- sul futuro urbanistico di una città -sia pure piccola- cresciuta ad immagine di un paese. Sorge una domanda: è plausibile parlare di riqualificazione e recupero in un tessuto urbano in cui si può ammirare la deturpazione di Piazza Firrao o della sede stradale di Via La Martella proprio per la mancata demolizione dell’edilizia fatiscente?
    Tanto il lavoro da fare anche perchè la particolare morfologia del territorio cittadino è caratterizzatta dalla presenza del dirupo del torrente Gravina che, impedendo l’espansione lungo le 4 direttrici, la fa assomigliare ad un “serpente di mare”.

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