Queste elezioni materane, sono state segnata da una presenza giovanile che è andata ben oltre ai famosi 100 giovani che ora immaginiamo continueranno il loro impegno, forse troppo sacrificato sull’altare angusto di una campagna elettorale. Ce ne sono stati altri che con i loro interventi e il loro impegno nei movimenti cittadini hanno contribuito al dibattito politico. Tra questi, siamo felici di aver incrociato anche Giulio Galessiere di cui avevamo ospitato un intervento scritto a quattro mani con Chiara Saponaro. Abbiamo appena letto un acuto suo commento post elettorale che alza lo sguardo sul livello nazionale ed internazionale, ma che ben si intreccia con quanto accade politicamente nella Città dei Sassi. Ve lo proponiamo a seguire.
“Mentre a Matera si commenta il risultato del ballottaggio, vorrei fare una piccola riflessione a partire dai referendum (che poi forse potrebbe avere a che fare in modo tangente anche con il ballottaggio).
In particolare fanno riflettere le parole e le posizioni di Renzi e Calenda.
I due politici, i cui partiti contano più menzioni sugli articoli di giornale che elettori, si affrettano a dire che se la sinistra va a sinistra non può vincere.
Nel dettaglio Renzi dichiara: “Ingaggiare battaglie identitarie fa vincere i congressi ma non fa vincere le elezioni” e che i quesiti erano “troppo ideologici”. Calenda afferma che “se si va dietro a Landini, Fratoianni e Bonelli le cose vanno a finire così” parlando del non raggiungimento del quorum.
Iniziamo con il dire che i due non avevano indicato di astenersi ai loro elettori, ma solo di votare no su alcuni quesiti: entrambi avevano optato per il voto. Questo squalifica subito la posizione “se ci fossimo stati anche noi avremmo raggiunto il quorum”. No, loro c’erano e il quorum non è stato raggiunto comunque. Inoltre il quesito su cui entrambi avevano dato indicazione di votare Sì, quello sulla cittadinanza, è quello che ne ha ricevuti meno.
La verità è che un quorum al 50%, in un momento in cui la partecipazione media è quasi la metà di quella che era quando il quorum fu pensato e introdotto, è anacronistico. Infatti non si raggiunge da 14 anni, nonostante la ragionevolezza di molti quesiti proposti in questo lasso di tempo. Inoltre i media non hanno dato spazio a questo referendum: sicuramente analizzando i dati si troverà che è stato quello meno presente di tutti in televisione. A questo bisogna aggiungere la campagna di disinformazione fatta dalla destra (“È un referendum per gli extracomunitari” oppure “Se vince Landini guadagna 2 milioni e mezzo di euro”) e il gioco è fatto.
Ma torniamo al punto politico.
Le socialdemocrazie europee dai tempi di Blair e della sua “Terza Via” in poi hanno sostanzialmente fatto due mosse che le hanno marginalizzate a livello mondiale (tolti rari casi come quello spagnolo).
In primo luogo hanno pensato che si potesse tranciare il rapporto storico che univa la sinistra al suo elettorato di riferimento, la classe lavoratrice, buttando al mare tutte le istanze del socialismo. Non si parla solo del mettere da parte l’idea di collettivizzare i mezzi di produzione, ma proprio di negare la possibilità di mettere al centro di un’agenda politica l’uguaglianza e l’idea che la vera libertà non fosse quella di essere tutti uguali davanti alla legge o per il diritto di voto, ma fosse la libertà concreta di poter vivere avendo i mezzi economici per poter soddisfare i propri bisogni e desideri.
In secondo luogo hanno abbracciato il mantra tatcheriano del “There is no alternative”. Non c’è alternativa bisogna abbracciare il neoliberismo e accettare senza riserve che le uniche regole siano quelle del libero mercato, al massimo cercando di gestirne alcuni aspetti, ma senza possibilità di cambiare nulla nella sostanza.
Da quel momento in poi conosciamo le conseguenze. La sinistra che si trasforma pian piano da punto di riferimento per i lavoratori a sinistra delle ZTL, lo spostamento dai temi sui diritti sociali a quelli sui diritti civili fino alle derive parossistiche e moraliste assunte da quella che è stata definita sinistra “woke”, la salita al potere in tutto il mondo di figure autoritarie di destra, di cui Trump è l’esempio più lampante.
Senza farla troppo lunga: il nostro Renzi, esponente più puro di una sinistra che va al centro, colui che ha smantellato le tutele sul lavoro con il Jobs Act, quello che ad ogni elezione prende percentuali irrilevanti che sconfessano il suo progetto politico, insieme al suo amico/nemico a fasi alterne Calenda, continua a dare lezioni. A Milano fa la sua piazza per Gaza e Israele, non sia mai che possa riconoscere la differenza fra vittime e carnefici dopo 2 anni di genocidio, che poi è un teatro, con 4 gatti in confronto alla manifestazione di Roma del giorno dopo.
Per quanto ancora dobbiamo inseguirlo e ascoltare le sue “ramanzine”? Per quanto ancora si vuole rimanere non solo in stato di minoranza ma anche di minorità e continuare a farsi guidare da questi soggetti?
Forse la sinistra vince proprio e solo se torna a fare la sinistra perché com’è stato detto più volte, se si insegue e si imita la destra vincerà sempre l’originale e mai la copia.”

Iscritto all’albo dei giornalisti della Basilicata.