lunedì, 19 Maggio , 2025
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Gramsci l’aveva detto: egemonia della Destra con il fiato corto. Ma occorre lavorare…

Soprattutto se gli ”intellettuali” lo faranno . Quelli che usano la testa, l’intelletto, per approfondire, ricercare, individuare percorsi che possono aiutare a guardare oltre i momenti di crisi, come sta accadendo nel BelPaese, dove una Destra insofferente alle istituzioni e alle radici della Costituzione nata dalla Resistenza, cerca di imporre una ”egemonia” di potere con la occupazione e sostituzione in istituzioni, enti, di uomini e donne di sicura fede o vicinanza politica. E questo per imporre modelli e cultura poco inclini al confronto, ma che premono per un revisionismo storico di fatti e di modi di pensare estranei alla tradizione democratica italiana ed europea. Francesco Calculli, con una argomentata e profonda ricostruzione rispettosa del pensiero del fondatore del Pci Antonio Gramsci , analizza la questione degli intellettuali e il concetto di egemonia che hanno sedotto la Destra ma, precisa, non abitano in via della Scrofa sede di Fratelli d’Italia. E allora il rapporto stretto tra intellettuali e masse, popolo, non può prescindere da una riforma culturale non ancora avviata e che potrebbe stimolare partecipazione e un percorso di alternativa del quale l’Italia ha bisogno. C’è un vuoto da colmare che ha alimentato l’astensionismo e il voto di pancia e di protesta. E per colmare questo vuoto, pochi gli ”intellettuali” democratici che da Sinistra possano o abbiano cominciato a farlo. A parte il filosofo Massimo Cacciari, quasi una mosca bianca, in attesa che vengano fuori le nuove leve dell’impegno e della militanza. E qui Francesco Calculli, riferendosi ad Antonio Gramsci, riprende il tema della letteratura nazionale – popolare. ” Quando Gramsci ne parla- scrive Calculi. non propone , sia detto per inciso, una cultura nazionale le cui connotazioni di classe si perdono nel vago della nazione e del popolo , ma una cultura che, proprio per il suo carattere di classe , sappia esercitare sino al fondo la sua funzione di guida della vita culturale della nazione e del popolo, sappia condurre a termine una profonda “riforma” morale e culturale e sappia perciò stabilire un nuovo, più organico rapporto tra intellettuali e masse , superando ogni tipo di rapporto paternalistico e populistico”. Chiaro? Il BelPaese che deve difendere la Costituzione da attacchi subdoli e palesi e da una pericolosa corsa al riarmo dell’Unione europea, su pressioni internazionali, non promette nulla di buono. Nessuna autonomia decisionale, nessun rispetto per le radici dell’Europa, che misero le basi anche da noi. E la conferma è venuta dal coro di proteste, maturate in Parlamento https://giornalemio.it/politica/quando-meloni-elogiava-quel-manifesto-di-ventotene-che-ora-le-fa-schifo/ sulla Carta di Ventotene. C’è materiale per far venire fuori una moderna classe di intellettuali…Ci ha pensato Roberto Benigni, con la sua ferma ironia a dare la sveglia.

LA QUESTIONE DEGLI INTELLETTUALI E IL CONCETTO DI EGEMONIA IN GRAMSCI SEDUCONO
LA DESTRA MA NON ABITANO IN VIA DELLA SCROFA
Di Francesco Calculli. Nel panorama politico italiano del 2025 si discute tantissimo del concetto gramsciano di egemonia utilizzato per fare riferimento alla decisa occupazione di scranni culturali messa in atto dalla nuova destra meloniana di governo, che ha più volte ribadito la necessità di superare l’ “egemonia culturale della sinistra”. Ma cosa denota il concetto di egemonia nell’analisi formulata da Antonio Gramsci? A dire il vero, Gramsci nell’approfondire ed allargare il tema della egemonia dà rilievo , insieme al dominio , alla direzione , che in modo particolare si esercita per mezzo degli intellettuali. In particolare precisando la funzione svolta da Benedetto Croce come pensatore ed organizzatore della cultura , Gramsci dice: «… Benedetto Croce ha compiuto un altissima funzione “nazionale”; ha distaccato gli intellettuali radicali del Mezzogiorno dalle masse contadine, facendoli partecipare alla cultura nazionale ed europea , e attraverso questa cultura li ha fatti assorbire dalla borghesia nazionale e quindi dal blocco agrario». E qui sta la base della critica che Gramsci svilupperà verso il Croce. Sarà perciò una critica che parte dalla funzione storico – sociale del pensatore, una critica della sua egemonia ideale , intesa precisamente come elemento consapevole o meno non ha importanza, del potere, come elemento costitutivo del blocco storico dominante. Di qui si comprende come la nozione del potere, della dittatura di classe di Gramsci si cali nel grande alveo del marxismo, apportandovi un attenzione al movimento delle idee , della cultura, e, quindi, agli intellettuali , che le imprime nuova ricchezza. Un arricchimento indispensabile per un paese come l’Italia , dove le tradizioni culturali e una vasta e complessa rete di intellettuali esercita ancora adesso un grande peso. Gramsci scrive :« … La supremazia di un gruppo sociale si manifesta in due modi , come “dominio” e come ” direzione intellettuale e morale”. Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a ” liquidare” o a sottomettere anche con la forza armata ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo ( è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno , diventa dominante ma deve continuare ad essere anche ” dirigente”». La supremazia si compone, dunque secondo Gramsci, di due elementi strettamente connessi: la direzione e il dominio. Il dominio si rivolge contro le classi da sconfiggere e liquidare, in questa direzione, diceva Lenin , si dirige la dittatura. La direzione va verso i gruppi sociali e politici affini o alleati. Quando si coalizzano armoniosamente i due momenti della direzione e del dominio la supremazia si esercita in pienezza. Nella costruzione della supremazia si parte dalla direzione , dalla capacità di indicare la soluzione dei problemi di una società e di battersi efficacemente per quella soluzione. La direzione consente di costruire il dominio. Quando viene a cadere la capacità di dirigere, di indicare la soluzione dei problemi, la supremazia entra in crisi; il dominio manterrà quelle forze sociali e politiche al potere per un certo periodo , ma esse sono già condannate. Per chiarire il concetto, Gramsci si riferisce alla egemonia dei liberali, nella storia del Risorgimento , come egemonia politica, intellettuale e morale. Si giunge così alla nozione del blocco storico.
L’egemonia si costruisce insieme alla costruzione del blocco storico . Non vi è egemonia che non si fondi su un blocco storico : su un sistema di alleanze sociali, politiche, cementate dall’ideologia e da una comune cultura. Non sorretto, tenuto insieme da un egemonia, il blocco storico si disgrega. Il blocco storico non è dunque soltanto un fatto sociale, ma politico, culturale, ideologico insieme. Non è solo un insieme di classi sociali , ma di forze politiche. Gramsci scrive : «…. le forze materiali sono il contenuto e le ideologie la forma, distinzione di forma e contenuto meramente didascalica, perché le forze materiali non sarebbero concepibili storicamente senza forma e le ideologie sarebbero ghiribizzi individuali senza le forze materiali ». Si giunge così alla visione gramsciana dello Stato: lo Stato è l’organizzazione della egemonia di una classe sulla società , l’esercizio reale dell’egemonia su l’intera società. Esso è il momento in cui si organizza la direzione e il dominio. E’ l’insieme di istituzioni che tiene insieme e dirige un blocco storico, così come quel blocco storico costituisce la base indispensabile di quello Stato. Vi è una profonda continuità con Lenin, di cui viene assunta la concezione della dittatura del proletariato in tutta la sua ricchezza, e in modo tale che la nozione di egemonia impedisca ogni semplificazione ed impoverimento della nozione stessa di dittatura. Cioè l’egemonia include in sé la dittatura, ma la supera , contiene in sé qualche cosa, la direzione, che è più che dittatura. Qui si può comprendere perché Gramsci preferisca il termine di egemonia a quello di dittatura: perché esso è inequivocabilmente più ricco e pregnante , non rischia di lasciar fuori , o in ombra , il concetto di direzione. Al tempo stesso, la concezione del potere operaio come egemonia porta necessariamente ad attribuire una particolare importanza agli intellettuali . Gli intellettuali sono i quadri della classe dominante , i persuasori di quel dominio , quelli che educano la società nel suo insieme a quel sistema di idee che tiene insieme il blocco storico dominante, che dà incisività e prospettiva alla egemonia. Il dominio non sarebbe anche direzione, non vi sarebbe insomma egemonia senza gli intellettuali. Precisando le funzioni degli intellettuali Gramsci dice :« Ogni gruppo sociale, nascendo sul terreno originario di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica , si crea insieme, organicamente, uno o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico : l’imprenditore capitalistico crea con sé il tecnico dell’industria , lo scienziato dell’economia politica , l’organizzatore di una nuova cultura , di un nuovo diritto , ecc. ecc ».Sono questi, quelli che il gruppo sociale, la classe che sorge e si avvia ad essere egemone crea con il suo formarsi, gli intellettuali organici, cioè organicamente legati alla classe di cui sono l’espressione , anzi la creazione. « Ma ogni gruppo sociale “essenziale” emergendo alla storia dalla precedente struttura economica e come espressione di un suo sviluppo ( di questa struttura), ha trovato, almeno nella storia finora svoltasi, categorie intellettuali preesistenti e che anzi apparivano come rappresentanti una continuità storica ininterrotta anche dai più complicati e radicali mutamenti delle forme sociali e politiche». Questi sono propriamente gli intellettuali tradizionali, preesistenti, ereditati e trasformati , quindi assimilati, più o meno compiutamente dalla nuova classe che viene emergendo a funzione di egemonia. Se la borghesia, come classe egemone, esprime dal suo seno i propri intellettuali organici ed assimila quelli tradizionali, anche la classe operaia, per farsi classe dirigente e classe egemone deve assimilare sia gli intellettuali tradizionali che quelli organici ,rispetto alla borghesia ( scienziati, tecnici), che divengono tradizionali anch’essi rispetto alla classe operaia. Ma deve esprimere anche i suoi intellettuali organici, che sono prima di tutto i quadri della lotta rivoluzionaria , e poi i quadri del nuovo Stato e della nuova società .

Alla creazione di una nuova intellettualità Gramsci riferisce l’opera dell”Ordine Nuovo” :« … Il modo di essere del nuovo intellettuale non può più consistere nell’eloquenza, motrice esteriore e momentanea degli affetti e delle passioni , ma nel mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore , organizzatore, ” persuasore permanente” perchè non puro oratore – e tuttavia superiore allo spirito astratto matematico; dalla tecnica – lavoro giunge alla tecnica- scienza e alla concezione umanistica storica, senza la quale si rimane ” specialista”e non si diventa ” dirigente” ( specialista + politico)». Gramsci propone dunque un nuovo tipo di intellettuale rivoluzionario che superi non soltanto la tradizione culturale storico-letteraria italiana, ma anche l’angustia della specializzazione dell’intellettuale borghese effetto della divisione esasperata del lavoro, per intuire una figura di intellettuale che unisca alla specializzazione la nozione critica complessiva del processo storico, che sia fornito di una concezione del mondo, in rapporto di coerenza con la sua specializzazione, capace perciò non di essere ” vassallo” della classe dominante, ma costruttore consapevole e protagonista della nuova egemonia. L’ attenzione che Gramsci dedica alla questione degli intellettuali ci ricorda la preoccupazione di Lenin per gli intellettuali, gli specialisti della borghesia, la sua preoccupazione non di respingerli ma di assimilarli. Attribuita, nel potere della classe operaia, quella importanza al momento della direzione, della persuasione, ne consegue inevitabilmente l’attenzione che Gramsci presta alla forza coesiva del blocco storico: gli intellettuali , la cultura. La stessa nozione di egemonia , con il rilievo che essa dà al momento delle idee, della cultura , della persuasione e perciò della democrazia è tutta volta a cogliere i limiti e le debolezze della nuova destra di sistema che non recide le proprie radici totalitarie e riprende anche in maniera sfrontata quella visione meccanicistica e economicistica della conquista del potere come spoils system anglosassone che respinge l’interpretazione della egemonia gramsciana vista nel rapporto che la costruzione del Partito Comunista Italiano aveva stabilito tra intellettuali e masse. Quando Gramsci parla di letteratura nazionale – popolare non propone , sia detto per inciso, una cultura nazionale le cui connotazioni di classe si perdono nel vago della nazione e del popolo , ma una cultura che, proprio per il suo carattere di classe , sappia esercitare sino al fondo la sua funzione di guida della vita culturale della nazione e del popolo, sappia condurre a termine una profonda “riforma” morale e culturale e sappia perciò stabilire un nuovo, più organico rapporto tra intellettuali e masse , superando ogni tipo di rapporto paternalistico e populistico. Si può perciò dire che proprio questa visione di Gramsci dell’egemonia culturale è decisamente diversa dalla strategia eversiva della conquista del potere che viene applicata in Italia dalla destra meloniana di governo mediante la lottizzazione selvaggia e la difesa dei privilegi corporativi di certe categorie e di certi settori.

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE.
L’articolo – saggio è stato redatto con il supporto di testi custoditi nella biblioteca del Museo del Comunismo e della Resistenza Antifascista di Matera . 1) Antonio Gramsci – La questione meridionale – Editori Riuniti 1974 2) Antonio Gramsci – Il Risorgimento – Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce – Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura – in Quaderni del Carcere – Editori Riuniti 1996 3 ) Luciano Canfora – Su Gramsci – Datanews 2007

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