Anche da questa nuova tappa elettorale per le regionali in Emilia Romagna e Umbria emerge un ulteriore allargamento della faglia che divide gli elettori dalla politica. Anche nella civilissima Emilia Romagna il numero degli elettori che ha ritenuto utile recarsi ai seggi è sotto la metà degli aventi diritto. Infatti, alle urne se ne sono recati il 46,42% (meno sia rispetto alle precedenti regionali del 2020, quando furono il 67,67%, che alle politiche del 2022 in cui andò a votare addirittura il 71,97 % ed anche alle europee del 2024 con il 59,02%). Ancora sopra la metà degli aventi diritto sono gli elettori che hanno votato in Umbria, dove si sono recati il 52,30% (meno comunque sia rispetto alle precedenti regionali del 2020, quando furono il 64,69%, che alle politiche del 2022 in cui andò a votare addirittura il 68,83 % ed anche alle europee del 2024 con il 60,81%). Non ci sembra che ci sia una attenzione particolare a sondare le cause di questa disaffezione e purtroppo temiamo che anche da domani sarà lo stesso. Al momento in cui scriviamo è in corso lo spoglio dei voti reali, ma dalle prime proiezioni sembra certa la conferma del centro sinistra in Emilia Romagna con la elezione del dem Michele De Pascale, mentre è incerta la conferma del centrodestra in Umbria che ha ripresentato la uscente leghista Donatella Tesei. Per quanto riguarda i risultati finali ed in modo particolare quelli dei singoli partiti, c’è da scommettere che si parlerà solo della solita foglia di fico delle percentuali dietro cui nascondere il dato dei voti reali conseguiti. Ma su questo torneremo con i numeri non appena saranno disponibili. Per quanto riguarda l’astensionismo crescente che è oramai il partito di maggioranza assoluta ci auguriamo che emergano ragionamenti e forze che lavorino a ridare speranza e riferimenti perchè dovrebbe essere chiaro che non sono gli elettori che non vogliono più partecipare e scegliere, ma è la politica che li esclude sempre di più, perché essa non è più il territorio della polis, ma mera corsa alla gestione, alla occupazione di posti nel consiglio di amministrazione degli enti pubblici, spesso per profitti privati. E’ evidente che se non si intravede alcuna reale possibilità di compartecipazione alla costruzione dello spazio pubblico, da questo ci si ritira. Con l’Italia che si avvia – come già accade negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in tante altre nazioni dell’Occidente- verso una sostanziale “russificazione della società“, con classi dirigenti autoreferenziali sempre più oligarchiche. E’ un processo in pericolosa fase avanzata e che andrebbe invertito ritornando alla Costituzione e al ruolo che essa assegna ai partiti.
Vince il centrosinistra in Emilia e in Umbria…ma perdono voti tutti (ecco i numeri)
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