Il BelPaese, piaccia o no, era e resta a sovranità limitata soprattutto ora con un governo ‘’allineato e coperto’’ senza alcuna autonomia decisionale che deve barcamenarsi tra il silenzio assenso sulle strategie delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, le richieste di spese militari fino al 5 per cento del Prodotto interno lordo e lo spauracchio dei dazi sull’export verso gli Stati Uniti d’America. Dove l’oligarchia finanziario- politica del governo Trump deve fare i conti con la pressione da cambiali all’incasso, da onorare nei confronti dei miliardari dell’economia ‘’innovativa’’ ;da Elon Musk in primis a quanti hanno finanziato copiosamente la campagna elettorali. Tutto questo mentre la spesa dell’energia, gas in primis, continua a lievitare dopo la cessazione del sabotaggio dei gasdotti russi per l’Unione Europea ( scomparsa su tutta la linea) e l’obbligo di rifornire di quello liquido statunitense, che costa di più. Altro che sovranismo tricolore,fatta eccezione per gli attacchi diretti e subdoli alla Costituzione democratica, che alimenta crisi economica e povertà e con una pericolosa deriva sulla questione morale. Dimettersi? Tutti saldamente attaccati al potere, fino al terzo grado di giudizio… Cosa ci aspetta? Nulla di buono, aldilà dei compromessi o delle concessioni, che potrà venire dai padroni del vapore, come si diceva un tempo. Nulla accade per caso e Lenin, già un secolo fa, aveva dato una chiave di lettura sulla evoluzione del capitalismo imperialista nelle sue forme più deleterie, fino a comprimere gli spazi decisionali della politica e dettarne regole, indirizzi, senza guardare in faccia nessuno. Francesco Calculli con una analisi attenta su quanto accaduto negli States, con le recenti elezioni presidenziali, ci spiega questa ‘’lunga marcia’’ imperialista. Regole ed equilibri che sono saltati,all’insegna di un ‘’me ne frego’’ su democrazia e diritti, con rafforzamenti autoritari all’interno delle singole Nazioni .E nel nostro Paese , come riportano le cronache romane e non solo, si spazia dal decreto sicurezza alla revisione degli insegnamenti scolastici alla intolleranza manifesta verso quanti la pensano, scrivono diversamente dal pensiero unico. Mala tempora currunt. E’ una pericolosa deriva per il mondo, l’Europa, l’Italia mentre altri – a cominciare dagli Stati Uniti- lavorano a un nuovo ordine mondiale. Altro che ‘’grande fratello’’ orwelliano. Una lettura al pensiero leninista non guasta, mettendo da parte auto elettriche, intelligenza artificiale, mercato dei bitcoin di capitali da riciclare per traffici e guerre d’ogni sorta, che sono nelle mani di pochi.
LA DEFINIZIONE DELL’IMPERIALISMO IN LENIN PER SPIEGARE L’ALLINEAMENTO POLITICO DI MUSK COL TRUMPISMO.
Francesco Calculli
Il 15 gennaio scorso , in un discorso d’addio dai toni cupi pronunciato nello Studio ovale della Casa Bianca, il presidente uscente Joe Biden ha espresso il timore che gli Stati Uniti finiscano nelle mani di una pericolosa oligarchia, riferendosi al presidente eletto Donald Trump e ai super monopolisti del settore tecnologico che lo sostengono, in particolare Elon Musk. Sarebbe però sbagliato ritenere che il pericolo della fusione, o compenetrazione, del capitale monopolistico privato con le istituzioni politiche statali che porta alla formazione del capitale finanziario e di una oligarchia finanziaria si pone solo adesso con il ritorno alla Casa Bianca dell’eversore Trump , perché il sistema monopolistico privato di questa nuova generazione di turbocapitalisti , mascherato da una parvenza di libero mercato, che mette a rischio la democrazia e pone seri interrogativi sulla sostenibilità di un modello economico che sacrifica gli interessi pubblici sull’altare del profitto a breve termine, è innanzitutto strettamente legato alla legge economica fondamentale del capitalismo contemporaneo, e di conseguenza esige una specifica riflessione, che sia pur brevemente, non può prescindere dall’analisi fondamentale e definizione leniniana dell’ imperialismo che comincia proprio dalla questione del capitalismo monopolistico. Senza dimenticare il valore convenzionale e relativo di tutte le definizioni , che non possono mai abbracciare i molteplici rapporti , in ogni senso, del fenomeno in pieno sviluppo, Lenin parte da una definizione dell’imperialismo , che contenga i sui cinque principali contrassegni, e cioè : 1) la concentrazione della produzione e del capitale che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione decisiva nella vita economica; 2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi , sulla base di questo “capitale finanziario” , di un’oligarchia finanziaria; 3) la grande importanza acquistata dall’esportazione del capitale in confronto con l’esportazione di merci; 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si spartiscono il mondo; 5) la compiuta ripartizione della Terra tra le grandi potenze capitalistiche. L’imperialismo è dunque per Lenin « il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo, in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario , l’esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell’intera superficie terrestre tra i più grandi Paesi capitalistici ». Il pensiero di Lenin non è tuttavia semplicistico . Prima di tutto, nella fase dell’imperialismo ciò che è tipico è l’immenso incremento dell’industria e il rapidissimo processo di concentrazione della produzione in imprese sempre più ampie. Osserva Lenin: « I monopoli (uno solo che vende, ma in realtà uno solo che produce o, comunque, una sola concentrazione che decide di un ramo dell’industria) sono l’ultima parola della recentissima fase di sviluppo del capitalismo ».
In secondo luogo, le banche cessano di essere semplici mediatrici del capitalismo industriale. Anch’esse si concentrano sino a costituire una sorta di « unico capitalista collettivo » che riesce a controllare tutto l’andamento industriale e a deciderne completamente la sorte. Si verifica cioè, con la fusione del capitale industriale e del capitale bancario, la formazione del capitale finanziario: «…. l’inizio del secolo XX segna il punto critico del passaggio dall’antico al nuovo capitalismo, dal dominio del capitale in generale al dominio del capitale finanziario ». La formazione del capitale finanziario dà luogo ad un terzo fenomeno: la sostituzione della esportazione della merce , che era propria del capitalismo di libera concorrenza , con l’esportazione del capitale. A questo modo il capitalismo monopolistico riesce ad investire in Paesi meno sviluppati, attratti nell’orbita delle nazioni capitalistiche tecnologicamente più avanzate , quelle eccedenze che è meno redditizio investire all’interno. Si pensi, a esempio, alle auto elettriche, batterie e satelliti Starlink che il monopolista Elon Musk vuole vendere all’Italia. A questo punto, si verifica un quarto fenomeno. Dice Lenin:« Le associazioni monopolistiche dei capitalisti – cartelli, sindacati, trust, anzitutto spartiscono tra di loro il mercato interno, e si impadroniscono, in modo più o meno completo, della produzione del Paese. Ma in regime capitalistico il mercato interno è inevitabilmente connesso col mercato esterno. Da lungo tempo il capitalismo ha creato un mercato mondiale. Ed a misura che cresceva l’esportazione dei capitali si allargavano le relazioni estere e coloniali e le “sfere d’influenza” delle grandi associazioni monopolistiche , naturalmente, e si procedeva sempre più verso accordi internazionali tra di esse e verso la creazione di cartelli mondiali ». Sorge così una sorta di super monopolio , i trust internazionali, che si spartiscono fra di loro i mercati. Musk, Bezos e Zuckerberg, i tre uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio in aggregato di poco meno di mille miliardi di dollari, sono oggi la massima espressione di super monopolio. Ma tutto ciò, anziché attenuare i contrasti tra le varie concentrazioni monopolistiche, li dilata a livello internazionale , li rende più acuti. L’esportazione del capitale finanziario e la creazione di trust internazionali provoca la spartizione del mondo tra i monopoli e la lotta tra di loro per questa spartizione . Gli Stati , a cui il capitalismo di libera concorrenza aveva chiesto di ingerirsi il meno possibile nella iniziativa economica privata, o soltanto di proteggerla, vengono sempre più chiamati in causa per questa lotta di spartizione del mondo. La loro politica estera obbedisce sempre di più agli interessi dei monopoli e dipende sempre più direttamente da essi. Si verifica una interpenetrazione tra Stato e capitalismo monopolistico . Il capitalismo monopolistico spinge lo Stato ad una politica imperialistica e perciò a militarizzarsi . Tra il quadro dirigente dei monopoli , quello militare e quello politico – statale i legami divengono più stretti e in certi casi, come negli Stati Uniti odierni, si giunge ad una vera e propria identificazione. L’affermazione centrale è dunque quella della crescente trasformazione del capitalismo monopolistico privato in capitalismo monopolistico statale. Di qui la necessità di prestiti di banche statali alle industrie, di una produzione industriale programmata dallo Stato stesso in corrispondenza alle necessità militari, sino alla creazione di vere e proprie industrie di Stato a fini bellici o al potenziamento di quelle già esistenti. E in effetti, negli ultimi anni la spesa militare dei Paesi dell’Unione europea, alimentata in gran parte dalla guerra in Ucraina, ha registrato una notevole impennata.
E come se non bastasse, Donald Trump, neo – presidente degli Stati Uniti, ha lanciato un messaggio chiaro agli Stati membri della Nato di aumentare le spese militari fino al 5% del PIL. Pertanto ognuno comprende la grande portata di questa intuizione di Lenin, e anzi il valore centrale che essa assume per la sua attualità sulla funzione del capitalismo monopolistico di Stato. Occorre tuttavia dire senza tema di sbagliare che avendoci descritto in L’imperialismo la fase di sviluppo del capitalismo monopolistico privato, Lenin ci porta qui alle soglie di una nuova fase di sviluppo del capitalismo monopolistico, quella che è veramente la estrema , perché dopo di essa le preoccupazioni che dominano Lenin sono altre. In particolare, deve richiamare la nostra attenzione l’affermazione di Lenin : « L’esercito e la polizia sono i principali strumenti di forza del potere del capitalismo monopolistico statale» . La domanda che si pone è la seguente: nella fase estrema in cui si afferma la compenetrazione tra Stato e capitalismo monopolistico privato , l’esercito e la polizia non divengono questi ultimi , sempre più la forza prevalente del potere statale? In questa fase estrema, Lenin sottolinea soprattutto il rapporto strettissimo che si è stabilito fra gli strumenti repressivi dello Stato e la ricchezza : « In una repubblica democratica, l’ onnipotenza della “ricchezza” è tanto più sicura in quanto la repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo monopolistico privato, il quale , dopo essersi impadronito di questo involucro, che è il migliore, fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone , nè di istituzioni , né di partiti nell’ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo ». Il fatto che la corrispondenza fra capitalismo monopolistico privato e repubblica democratica sia perfetta vanifica il valore democratico reale delle istituzioni democratiche e del suffragio universale che « non può esprimere realmente la volontà della maggioranza dei lavoratori e assicurarne l’effettuazione » soprattutto nell’era che stiamo vivendo, caratterizzata da uno sviluppo senza precedenti di un capitalismo monopolistico della “sorveglianza”. L’altro e successivo momento della fase estrema in cui il capitalismo monopolistico entra nella sua crisi più profonda, è quello della guerra imperialistica che nello stato attuale è al suo apice nella guerra in Ucraina. Ecco quello che Lenin dirà allo scoppio della Prima guerra mondiale :« La guerra europea, preparata durante decenni di governi e dai partiti borghesi di tutti i Paesi , è scoppiata. L’aumento degli armamenti, l’estremo inasprimento della lotta per i mercati nella nuova fase imperialista di sviluppo del capitalismo nei Paesi più avanzati , gli interessi dinastici delle monarchie più arretrate dell’Europa orientale, dovevano inevitabilmente condurre, ed hanno condotto , a questa guerra.
Conquistare dei territori e asservire delle nazioni straniere, mandare in rovina le nazioni concorrenti e depredarne le ricchezze, deviare l’attenzione delle masse lavoratrici dalla crisi politica interna in Russia, in Germania, in Inghilterra e in altri Paesi, scindere le masse lavoratrici, abbindolarle con l’ inganno nazionalistico e distruggerne l’avanproletariato. Alla socialdemocrazia incombe innanzi tutto il dovere di svelare il vero significato della guerra e di smascherare senza pietà le menzogne, i sofismi, e le frasi “patriottiche” propagate dalle classi dominanti e dalla borghesia , in difesa della guerra . Nessuno dei due gruppi belligeranti la cede all’altro per le rapine, la ferocia e l’infinita crudeltà della guerra. Ma per mistificare il proletariato , la borghesia di ogni Paese tenta di esaltare , con frasi menzognere sul patriottismo, il significato della ” propria” guerra nazionale , e vuole far credere che si sforza di vincere il nemico, non per spogliarlo e occuparne il territorio, ma per ” liberare” tutti gli altri popoli , eccettuato il proprio. Ma con quanto più zelo il governo e le classi dominanti di tutti i Paesi tentano di dividere i proletari gettandoli gli uni contro gli altri, quanto più ferocemente si applica a tal nobile fine il regime dello stato d’assedio e della censura militare ( che anche oggi, in tempo di “terza guerra mondiale a pezzi”, è diretta ancor più contro il nemico “interno ” che non contro quello esterno), tanto più improrogabile diviene il dovere del proletariato cosciente di difendere le concezioni socialiste contro il baccanale dello sciovinismo della cricca borghese ” patriottica” di tutti i Paesi. Sottrarsi a questo compito significherebbe , per gli operai coscienti, rinunciare a tutte le proprie aspirazioni alla libertà e alla democrazia, per non parlare della rinuncia alle proprie aspirazioni socialiste ». Tre elementi vanno notati: la sicura definizione della natura della guerra; l’eguale caratterizzazione dei due blocchi in conflitto come imperialistici; il richiamo ai compiti internazionali del movimento operaio. Di qui deriva la più aperta condanna dei cedimenti socialdemocratici di fronte alla guerra imperialistica.
Ecco dunque l’unico contenuto effettivo , il significato e la portata anche della guerra attuale in Ucraina. Bisogna constatare con profondo dolore che i partiti socialisti dei principali Paesi europei, particolarmente i socialdemocratici tedeschi e gli esponenti italiani del Partito Democratico, non hanno adempiuto questo compito e che la maggioranza dei capi attuali di questi partiti ( (Schlein, Sanchez , Scholz, Starmer) tentano di sostituire l’atlantismo al socialismo, giustificando e difendendo la guerra in Ucraina, votando tutte le sanzioni adottate dall’Unione europea contro la Russia, e sempre per l’invio delle armi al regime di Kiev, e quindi l’abbandono di una funzione anti- imperialista conseguente. Senza dimenticare che i più influenti capi socialisti dell’Europa odierna non si sono mai davvero impegnati per fermare il genocidio a Gaza che Israele ha commesso e sta continuando a commettere. Oggi, durante la crisi attuale, non si può adempiere i compiti del socialismo , non si può costituire un’effettiva alternativa di lotta al rilancio monopolistico di Trump, Musk e all’’onda lunga delle destre estreme, senza rompere decisamente con l’opportunismo dei partiti socialdemocratici europei e senza chiarire bene alle masse l’inevitabilità del fallimento di esso.
REFERENZE BIBLIOGRAFICHE. L’articolo è stato redatto con il supporto di testi custoditi nella biblioteca della Casa Museo Storia del Comunismo e della Resistenza Antifascista di Matera:
1) Vladimir Il′ič Lenin – L’imperialismo fase suprema del capitalismo, Editori Riuniti Roma 1970
2) Vladimir Il′ič Lenin – La guerra e la socialdemocrazia russa, in Opere scelte , Editori Riuniti Roma 1973
