Il Senato della Repubblica, derubricato ad un passacarte, ha approvato oggi, senza esaminarla e in poche ore, l’atto più importante per la vita di noi cittadini: la legge di Bilancio 2025! Quella con cui si decide i soldi da destinare alla sanità, alla scuola, alle pensioni….alle armi! I rappresentanti del popolo, quelli che eleggiamo proprio per assolvere a questo compito, sono umiliati e considerato inutili al processo democratico. E prima ancora alla Camera il dibattito è stato strozzato in tempi brevi per tensioni tutte interne alla maggioranza. Ovviamente non è la prima volta che accade. Ma colpisce in modo particolare l’INCOERENZA di chi si vantava di esserlo! Chi come Giorgia Meloni che nel 2019 gridava (come al suo solito) dall’opposizione: “Dov’è la democrazia parlamentare nel momento in cui il Parlamento non può discutere la legge di Bilancio che vi segnalo essere la prima prerogativa dei Parlamenti dalla fine delle monarchie assolute e quindi più o meno dal XVII secolo? Perché se al Parlamento togliete la legge di Bilancio la democrazia parlamentare non c’è e non c’è nemmeno il Parlamento”. Ed ora che c’è lei? Fa esattamente come gli altri! Ma questo non sorprende, vista la sfilza di promesse non mantenute da quando è riuscita a gabbare una discreta quantità di elettori e diventare capo del governo. Magari dovrebbe far indignare coloro che l’hanno votata scambiandola per una persona che mantiene quello che dice (accise carburanti, blocco navale….). Questa è già la terza legge di bilancio del governo Meloni e dei cambiamenti promessi agli italiani non si vede nemmeno l’ombra. Piccole mance per i più deboli, a fronte di tagli e riduzioni di quanto già c’era in precedenza. Non si toccano evasori e chi ha guadagnato dalla crisi, si taglia sanità ed altri servizi e si aumentano le spese per armi. Ma tutto ciò non passa inosservato, come rivela l’analisi di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera di ieri in cui si certifica il costante calo di gradimento della leader e del governo e che a soffrire delle misure sin qui adottate sono proprio le “classi popolari…dall’età medio/alta, con bassi titoli di studio e bassa condizione economica, disoccupati, casalinghe, operai.” Che sia davvero troppo l’ha certificato anche la reazione del Fratello d’Italia Guido Quintino Liris, relatore proprio della legge di bilancio al Senato, che si è sfogato minacciando le dimissioni (poi rientrate) da tale ruolo. “Ho chiesto al presidente della commissione – spiega Liris – di farsi mediatore perché non ci sia più la singola lettura parlamentare e perché si torni alla doppia lettura”.

Iscritto all’albo dei giornalisti della Basilicata.