giovedì, 16 Gennaio , 2025
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Caserta: Se Matera è a questo punto…è tutto da ripensare.

Non fa sconti a nessuno Giovanni Caserta, che continua a scuotere il capo, ad allargare le braccia e a puntare il dito contro i protagonisti della mediocrità, dell’inconcludenza, del perbenismo, dell’opportunismo e dell’ipocrisia che negli anni hanno fatto perdere a Matera faccia,identità, posizione e autonomia decisionale. Purtroppo non ci sono più figure di politici illuminati, preparati e battaglieri del passato, come scrive nella argomentata riflessione ”L’acino del pepe e la via Appia”, prendendo spunto dagli ultimi eventi di cronaca, che hanno messo in evidenza il fallimento del procedere nel solco della politica del potere per il potere e delle mani libere nell’economia locale. E allora, figuracce di ieri e di oggi, opere pubbliche e progetti nati e finiti con Matera 2019, sono lo specchio dell’assenza di una programmazione che sarebbe dovuta essere legata alle vocazioni del territorio. Ognuno ha il governo che si merita. Certo. Ma il ”Bos lassus” dello stemma cittadino ha finito con il mangiare le ultime spighe di grano che aveva. E, mogio mogio, in una città dove vita, politica ed economia avrebbero bisogno di una buona dose di pepe, muove capo e corna lungo quella che era, e da tempo, cancellata via Appia. Oggi super trafficata dai tir e che porta i segni dell’inadeguatezza, come dimostrano i guard rails ammaccati o divelti. Se si cominciasse con il sostituirli o ripararli sarebbe un investimento in sicurezza. Ma non ci sono più i politici della Prima Repubblica, che aveva volontà e senso del dovere di andare in giro per vedere cosa non andava. Si fa affidamento su APP e social, che lasciano il tempo che trovano. Tutto resta lì, in attesa che dall’altra parte qualcuno legga, veda e provveda…La Madonna della Bruna? Chissà


L’acino del pepe e la Via Appia
di
Giovanni Caserta
C’è un proverbio materano che dice che, quando una persona non sa a che cosa appigliarsi, si attacca all’acino del pepe, cioè quisquiglie, raggiri e sofismi. Ho pensato a questo “detto”
leggendo le dichiarazioni osannanti e trionfalistiche del sindaco Bennardi, che annuncia il
riconoscimento della Via Appia, “regina viarum”, a bene Unesco. A parte il fatto che il
riconoscimento è avvenuto su richiesta ministeriale, ci sembra di dover raccomandare che,
con questi riconoscimenti, è bene si proceda con cautela. Lo si dice per evitare
sovrabbondanza di riconoscimenti e, quindi, svalutazione, degli stessi,. Quanto alla Via
Appia, realisticamente va considerato che, se ogni comunità attraversata o semplicemente
toccata da essa, vuol farsene un “pretesto” per diventare grande centro turistico-culturale,
economicamente fiorente, si avrebbero almeno ottocento richieste o progetti, tanti quanti,
all’incirca, sono i chilometri della strada.
Matera, di fatto, è appena sfiorata dalla via Appia, che, venendo da Gravina (Silvium), passa
per Venusio, tra Matera e Altamura, si snoda lungo il nostro “Pantano”, ora Cimitero, e,
lasciando presto Matera, si avvia verso Jesce e, quindi, verso Gioia del Colle. Purtroppo, nei
secoli, proprio nel tratto che interesserebbe perifericamente Matera, di quella via non si
conservano tracce da mostrare. Né, peraltro, si vede come un pezzo di strada possa essere
utilmente usato ai fini di un reale rilancio economico di una città in grave crisi. Non serve
nemmeno la balena giuliana né tampoco un pezzo di meteorite.

Due giorni fa, martedì 30 luglio, alle ore 16, operatori turistici materani si sono trovati sotto il palazzo di un Comune da due mesi senza Giunta e senza maggioranza, a chiedere interventi pro turismo, in gravissimo tracollo, che non sanno nemmeno loro in che cosa possono consistere; né si vede che valore, allo stato attuale, possono avere, in una città torrida, con una estate calante.
Si invitava la cittadinanza a partecipare. Ma la richiesta veniva fatta ad
una città in cui il comune cittadino, da un malpensato turismo ha ricevuto soltanto aumento
di prezzi, carenza di case da prendere in fitto, ulteriore aumento della Tari, parcheggio a
pagamento esteso, che rende inaccessibili i Sassi e il centro.
A suo tempo, nel pieno della fiera di salti e urla con cui si accompagnava la preparazione e la
nomina del Matera a città capitale europea della cultura 2019, non esitammo ad esprimere
sempre posizioni critiche, fondate sulla lapalissiana certezza che non si può programmare lo
sviluppo di una città puntando su una economia monoculturale, fondata per giunta sul
turismo. Lo si faceva mentre la città vedeva chiudersi o chiusi, salottifici, pastifici, fabbriche
della Valbasento, Ferrosud, Banca d’Italia, Apt, Genio Civile, Enel, ecc. Fra l’altro, si stava
programmando un turismo spocchioso e presuntuoso che, pensando di qualificarsi con
l’aumento dei prezzi e dei servizi, mirava ad un turismo tutto culturale e ad una fantomatica
città abitata da “cittadini culturali” . Proprio così! Intanto non solo si ignorava che grandi
soggetti culturali di attrazione la città non ne aveva; per di più, trascurava di cercarli e
proporli. Per esempio, nulla fu fatto dal comitato scientifico, puntualmente diretto da
forestieri, tranne l’onnipresente Scaletta che, per ispirazione divina, è ritenuta unica realtà
culturale nella città. Nulla fu fatto dalle eteree Soprintendenze, né dal Comune, per
valorizzare il Telero “Lucania 61” di Carlo Levi, ricchissimo documento artistico-culturale.
E nulla fu fatto per proporre, il castello Tramontano o la musica dei Duni. Il direttore Verri fu
sentito dire che era finito il tempo di Levi e Scotellaro.

Tutta l’operazione Matera 2019 costò 106 milioni di euro. Avete letto bene. Ma furono spesi
per ospitare e diffondere la cultura altrui, o per pagare artisti e personaggi della canzone e del cinema venuti di fuori. Niente fu fatto per i nostri giovani. Accadde, perciò, che Matera
organizzò una mostra per l’eterno Pasolini e una per il Rinascimento europeo, proprio in
una città che, come tutto il Sud, il Rinascimento non conobbe. Le due mostre, costosissime,
smontate, lasciarono saloni tristemente vuoti.
Poco si considerava che Matera era e rimane difficilmente raggiungibile con i mezzi pubblici,
prima condizione per avere turisti in casa; non si considerava che bastavano poche e non
costose navette per Palese e l’aeroporto era bello e raggiunto. Manie di grandezza, invece,
portarono alla costruzione di una inutile nuova stazione FAL, costata 8 milioni di euro, che,
a parte la parvenza di una solenne stazione di servizio, non vede arrivare e partire passeggeri che ne giustifichino la presenza.
Rimane invece abbandonata la vecchia stazione di primo
Novecento, che un senso storico-culturale aveva ed ha. Triste mostra, a chi ben consideri,
fanno ora gli stalli destinati ai taxi, sempre vuoti, che non videro mai arrivare i Tartari
Matera, anche dopo il 2019, e dopo che si sono spesi in tutto – ripetiamo – 106 milioni di
euro, è e rimane prevalentemente la città dei Sassi, unico bene che la contraddistingue. I
Sassi, però, essendo una grande barriera architettonica, sono impercorribili se non da poche
persone giovani, e comunque non a luglio ed agosto. Ci si riduce, in realtà, a osservarli
dall’alto di qualche “belvedere”. Dall’interno, non sanno e non possono offrire se non poco di veramente interessante, che non sia un discorso sul vicinato e sul vivere in grotta, di cui molti non vorrebbero nemmeno si parli. Alle orecchie di costoro, raffinate, suonano ancora come una vergogna.
Nel frattempo molti artigiani e commercianti, sopraffatti dalla grande distribuzione
precipitatasi in città, o anche attratti dal miraggio di un facile guadagno, chiudevano bottega, facendosi improvvisati albergatori, gestori di case-vacanza e bed and breakfast, o cuochi.
Spesso, purtroppo, si trattava anche di giovani senza lavoro, che, abbacinati essi pure,
impegnavano i risparmi dei nonni e dei genitori. Il che ci addolora. Scrissi che non si può
costruire il piano attico, senza costruire e consolidare i piani bassi dell’agricoltura,
dell’industria /artigianato e di un buon commercio, che abbia prodotti locali da vendere. Sulla nostra battaglia per la ferrovia a Matera, sul recupero della Ferrosud, sul recupero del suolo della Valbasento, inquinato, sulla chiusura e smobilitazione di uffici, centri ed Enti a Matera nulla volle dire il sindaco De Ruggieri, che invece sosteneva le Fal e puntava su una città di “abitanti culturali”. Nulla dissero, se non tirati per la giacca e di malvoglia, gli odierni
amministratori che hanno pensato solo a raccogliere foto di rappresentanza, medaglie,
gloriandosi della balena giuliana e persino del pezzo di meteorite caduto su un balcone.

Oggi ci si attacca alla “regina viarum” che passa per il “Pantano” e per il Cimitero a valle, e vi
passava quando, secondo nostre notizie, Matera romana nemmeno esisteva.
Vogliamo dire che Matera 2024 è tutta da ripensare. Non basta un manager che organizzi il
turismo, non sapendo come. Soprattutto deve ritrovare agricoltura, artigianato e industria, e un proficuo commercio . E molto deve rivendicare, soprattutto dalla Regione e dallo Stato, in un Parlamento, purtroppo, i cui non esistono più le figure di Bianco, e di Guanti all’opposizione, né un Colombo al governo. Forse non è il caso di dire, come Bartali, tutto da rifare. Certo tutto è da ripensare.

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1 commento

  1. Caro Giovanni, constato che ti mancano le ultime notizie sull’iscrizione dell’Appia nel patrimonio mondiale dell’umanità, ma sei perdonato.
    Non può essere perdonato chi, amministratore, si è vantato troppo presto di una non iscrizione del tratto che riguarda Matera, per fretta di appuntarsi una medaglia per la cui assegnazione non aveva combattuto e soprattutto non si erano creati i presupposti… figura di …
    Non dimentichiamo mai che alla scelta degli amministratori concorre sempre la comunità che ha, quindi, gli amministratori che merita. Soprattutto quando la scelta è frutto di reazione e non conseguenza di una attenta valutazione: di una proposta di visione, dI capacità di trasformarla in progetto condiviso, di capacità di attuazione responsabile, come questa nostra Città in altri tempi e con altri Amministratori e Politici, insieme, ha saputo fare.
    Forse non è solo mancanza di Politici adeguati è piuttosto scarsa capacità e volontà di saperne apprezzare le qualità e sollecitarli a rendersi disponibili.
    Pur essendo, la Città, ricca di generose e vere risorse, abbiamo inseguito “l’uno vale uno” quando gli stessi inventori, ora, ne hanno riconosciuto il tragico effetto…
    ORA NE PAGHIAMO IL PREZZO E SAREBBE OPPORTUNO PRENDERNE COSCENZA DA PARTE DI TUTTI, IN PARTICOLARE DA PARTE DI CHI HA ILLUSO ELETTORI E CITTA’.

    Adda passà a nuttata, ma, DIPENDE DA TUTTI NOI …
    Saverio Acito

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