“Durante il periodo della emergenza idrica che ha interessato 29 comuni del Potentino, pur aderendo tra i primi al Comitato per l’Acqua Pubblica, abbiamo evitato, in attesa delle risultanze delle analisi delle acque del fiume Basento, di alimentare quel clima di sospetto che, di fronte a quella che veniva prospettata come l’unica soluzione praticabile, avrebbe potuto determinare, esso si, una condizione di ulteriore disagio per la popolazione.
Siamo per l’Acqua Pubblica e ci fidiamo dei tecnici e degli specialisti delle istituzioni
pubbliche che, con la loro firma, attestano, assumendosi anche gravi responsabilità, la qualità e veridicità delle analisi effettuate. Senza un apparato pubblico affidabile ed efficiente sarà impossibile evitare che anche le operazioni di privatizzazione Strisciante (perché in contrasto con l’esito del referendum che chiedeva appunto la gestione pubblica dell’acqua) come quella di Acque del Sud non vengano viste come soluzione piuttosto che come problema.” Inizia così una nota di La Basilicata Possibile in cui si legge che “Comprendiamo al contempo la sfiducia dei cittadini nei confronti di ARPAB, per la quale da sempre chiediamo una Governance che garantisca oltre alla competenza delle figure apicali anche una vera indipendenza dal potere politico. E poi risorse umane e strumentali sufficienti a fronteggiare le esigenze di protezione e controllo ambientale di una regione ove insistono hot spot ambientali del tutto eccezionali oltre a risorse, come l’acqua, indispensabili alla vita e allo sviluppo della nostra regione e di quelle vicine.
Si tratta di un clima di sfiducia o addirittura di sospetto, di una mancanza di risorse
adeguate, dei quali i dipendenti di ARPAB, cui va la nostra solidarietà, sono le prime vittime.
Durante l’emergenza idrica, come già facemmo durante il COVID, abbiamo anche evitato di speculare politicamente sul disagio dei cittadini. Ci siamo limitati a segnalare per primi (sulla nostra pagina Facebook il 9 e il 16 novembre) ciò che la paziente estrazione di oltre 10.000 dati dal sito dell’Autorità di Bacino chiaramente evidenziava: non eravamo di fronte a una imprevedibile crisi dovuta alla mancanza di piogge, magari connessa ai cambiamenti climatici (dei quali ci si ricorda solo quando può far comodo) ma a problemi serissimi di gestione (e mancata manutenzione) dell’invaso del Camastra risalenti almeno al mese di marzo 2019.
Abbiamo segnalato, (come si evince facilmente dall’analisi dei dati sui volumi invasati nella diga della Camastra quotidianamente pubblicati dall’Autorità di Bacino), che la conduzione dell’invaso è dal 2019 soggetto a delle prescrizioni che obbligavano l’Ente Gestore (prima EIPLI, dal 2024 Acque del Sud) a regolare le quote dell’invaso in modo da mantenere il livello dell’invaso sotto una soglia di circa 8-9 Mmc (milioni di metri cubi) a fonte dei 22 Mmc che l’invaso (anche nelle attuali condizioni di interrimento) era in grado di invasare (e effettivamente invasava) fino al 2018.
Dal grafico (che ripota i volumi netti invasati dal 1998 al 2024) è facile vedere come nel gennaio 2023, ben 12 milioni di mc (Mmc) di acqua siano stati rilasciati in meno di 15 gg per riportare i volumi invasati (cresciuti nei giorni precedenti fino a 18 milioni di mc) al livello di circa 8 milioni di mc. E’ chiaro che senza quei rilasci la crisi di oggi non ci sarebbe stata.
Sempre dal grafico capiamo poi che i rilasci volontari (fino a 10 Mmc in pochi giorni)
risalgono a ben prima: per esempio dal 6 al 26 febbraio del 2019, e a gennaio del 2021. Nel 2020 i rilasci volontari (sebbene di minore entità) hanno comunque portato nel mese di novembre l’invaso vicino a un livello di soli 2 Mmc (più o meno come stavamo quest’anno a metà ottobre) e solo le successive piogge ci hanno evitato una crisi simile a quella che scontiamo oggi peraltro in periodo COVID!
E’ chiaro che, senza cambiamenti di gestione, a tali crisi saremo comunque esposti anche per gli anni a venire.
Siamo in presenza, quindi, non da oggi ma dal 2019, di una soglia ai volumi invasabili del tutto insufficiente a garantire che l’invaso risponda alla ragione stessa per cui è stato costruito e cioè garantire (come potrebbe, anche solo con la sua capacità attuale di 22Mmc) il pieno soddisfacimento delle necessità dei comuni serviti anche in periodi (almeno 2 anni) di grave carenza di piogge.
Le domande che ponevamo già il 9 novembre (riprese anche da Pietro Simonetti e dal Centro Studi di Ricerche Economiche e Sociali che hanno meritoriamente ricostruito fatti e circostanze) attendono ancora risposte chiare e ufficiali. Esse erano semplicemente rivolte a sapere chi e da quando fosse stato informato del fatto che l’invaso del Camastra non era più in grado di svolgere la sua funzione (cioè che al primo anno di siccità avremmo avuto problemi), sulle azioni intraprese per ripristinare il funzionamento della diga o almeno per arrivare preparati ad una, non imprevedibile crisi idrica.
Per questo abbiamo chiesto al Consigliere Regionale Antonio Bochicchio (eletto dalla lista AVS-PSI-LBP) di porre queste domande direttamente (e ufficialmente) in 3° Commissione Consiliare ai vertici degli Enti responsabili, a vario titolo, della gestione dell’invaso del Camastra: da EGRIB (audita il 20 novembre u.s.) a EIPLI e Acque del Sud (che verranno audite il 27 p.v.).
In attesa che le trascrizioni ufficiali siano disponibili, dalle parole del Amministratore Unico di EGRIB, Santarsiero, appare chiaro che:
– EGRIB è stata informata (da Acquedotto Lucano) solo nell’Ottobre 2020 (probabilmente in relazione alla crisi idrica del novembre 2020 sventata solo grazie alla “danza della pioggia”) avendo contezza dei problemi che avevano portato alla riduzione forzata dei volumi invasabili anche dalle interlocuzioni occorse nello stesso mese con l’Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale e con l’Ufficio Dighe.
– Che EGRIB ha quindi provveduto a informare anche Arera, EIPLI e la Regione
– Che le azioni messe in campo da EGRIB hanno riguardato richieste di finanziamento per la per interconnessione degli schemi idrici (e.g. Marmo Melandro) e per lo sfangamento delle dighe (che sappiamo non è il problema principale dell’invaso del Camastra).
Crediamo sia ora di rispondere con chiarezza alle domande che da troppo tempo poniamo inascoltati.
Speriamo, peraltro che la lezione che ci viene dalla più prevedibile delle emergenze, possa essere utilizzata per mettere mano finalmente ai tanti dossier aperti e mai chiusi che riguardano la bonifica delle aree SIN, la definizione del Piano di Tutela delle Acque, controlli continui sull’inquinamento delle acque superficiali e, finalmente, la trasformazione di ARPAB davvero in un ente terzo, indipendente dal potere politico, potenziato nelle sue risorse umane e strumentali.
E’ chiedere troppo?”
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