Una lista unica di sinistra per le prossime elezioni? La vedo dura, direbbe un carissimo amico. A giudicare dalle tante litigiose anime che si aggirano su quel territorio devastato da decenni di cedimento verso il pensiero unico liberista, di sconfitte, di compromissione con la gestione del governo, di casematte di opposizione minimale.
Eppure bisogna provarci a costruire questa prima tappa verso la costituzione di un soggetto, ora assente nel panorama politico italiano, di sinistra, di popolo, di radicale alternativa al modello neoliberista imperante. Che rimetta al centro l’uomo, con i diritti del lavoro e democratici in primis.
Ed a provarci con poche risorse umane e finanziarie è il movimento partito dal Brancaccio di Roma nel giugno scorso che ha lanciato per tutta la penisola l’iniziativa denominata le “Cento piazze per il programma”. Con il meritorio intento di definire a monte il “che fare” prima di chi lo deve fare e/o rappresentare.
Ieri sera a Matera, si è svolta una di queste manifestazioni a cui ha partecipato Anna Falcone. Una variegata platea di persone venute da tutta la regione è stata ad ascoltarla e ad applaudirla ripetutamente. Poi un nutrito dibattito ha sviscerato tematiche e fatto emergere diversità che sarà difficile ricomporre nel mosaico che si vorrebbe fosse la proposta credibile e forte in grado di parlare a quell’oltre 50% di elettori che non va più alle urne, ma che ha deciso invece di farlo in difesa della Costituzione il 4 dicembre.
Avevamo seguito la Falcone nelle sue performance televisive durante la campagna referendaria, poi in streaming durante l’assemblea del Brancaccio, considerandola -insieme a Montanari e a tutto ciò che stanno elaborando- come l’unica cosa seriamente innovativa per una sinistra che voglia tornare ad essere tale.
Ascoltarla ieri sera dal vivo, con quel suo linguaggio chiaro, semplice, nuovo, parlare di cose fondamentali per la democrazia e non solo per quella sinistra che non c’è, è stato semplicemente una gradevole conferma dell’impressione iniziale.
E constatare che in questo deserto vi siano ancora persone così belle che si caricano di un compito così arduo, che girano l’Italia con una bimba di pochi mesi al seguito, non può che aprire il cuore e la mente ed essere un ottimo antidoto alla deriva del “non c’è più niente da fare”.
L’età media della platea era alta, le modalità di intervento erano viziate dal vissuto di ognuno, ci si è lamentato della assenza di giovani.
Ma perché meravigliarsi? Perché i giovani avrebbero dovuto venire qui se non c’è nessuno da sinistra che ha parlato loro con un linguaggio fresco, chiaro e credibile? Se si sono dismesse le palestre e la tradizionale vocazione didattica? E’evidente che la sirena grillina, per quanto indefinita culturalmente e politicamente, abbia fatto da catalizzatore per qui giovani che hanno voluto impegnarsi politicamente.
Occorre essere consapevoli, come ha ricordato la Falcone che se siamo a questo punto di criticità del sistema democratico e della stessa sinistra è perché nei decenni scorsi è stato sbagliato tutto da tutti coloro che ne sono stati artefici.
Occorre che consapevoli lo siano soprattutto quelle forme organizzate che hanno condiviso quelle stagioni e che ora sono su un territorio critico, affinchè superino la tentazione di continuare con gli stessi uomini e metodi in questo nuovo percorso. Ma non sarà facile una cosa del genere.
E allora chissà se ce la farà “Anna dei miracoli” a convincere questo variegato mondo della ineluttabilità del percorso da essa illustrato ieri sera.
Perché sembra di essere proprio nello scenario dell’omonimo film di Arthur Pen. Un racconto a tinte forti, claustrofobico, con scene molto potenti in cui l’educatrice “lotta” con una bambina per insegnarle come stare al mondo e farle capire che si trova non in un insieme casuale di “cose”, ma in un mondo organizzato. Il regista Penn partiva da una situazione di incomunicabilità per sottolineare i passaggi dell’apprendimento con grazia, poesia e con il supporto di un bianco e nero nitido che sottolinea un rigore formale funzionale alla narrazione.
La stessa incomunicabilità che si percepisce ancora troppo forte ora a sinistra e che Anna prova a superare.

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si è partito dal Brancaccio…Senza giovani? A Matera non è un teatro ma una casa di riposo. La vedo dura…