“Bomba o non bomba, noi, arriveremo a Roma….” canta Antonello Venditti e a Roma giunge, nel suo percorso di presentazioni, anche l’ultimo libro di Antonella Ciervo: “Con i piedi in guerra” (Edigrafema Edizioni). L’evento è previsto, infatti, per giovedì 11 aprile, ore 17, nella sala Ocera del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, in via Sommacampagna 19, a Roma, per l’appunto. Dopo i saluti di Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e di Gianluca Bruno direttore della collana dietroFont della casa editrice materana, interverranno la giornalista, fotografa e scrittrice Asmae Dachan (intervistata nel libro) e il giornalista Sergio Talamo. Dialogherà con l’autrice la giornalista Laura Masiello. L’ospitata in questa sede nazionale prestigiosa è cosa che non meraviglia affatto chi ha avuto modo di apprezzare il valore di questo nuovo bel lavoro di una giornalista che -dopo felici incursioni nella narrativa- torna sul suo territorio principe, avendo avuto l’opportuna intuizione di far parlare di guerra chi la guerra la racconta, nel mentre la vive sul campo. Un libro che sta, come si dice, “sul pezzo” a fronte di questa ubriacatura mondiale che Papa Francesco, con sempre più angoscia, ma sempre più inascoltato, definisce “una guerra mondiale a pezzi“. Un libro che è uscito per altro, con un tempismo perfetto rispetto alla recrudescenza di questo cupo scenario internazionale. Ovvero, proprio in coincidenza del precipitare della situazione israelo/palestinese dopo il 7 ottobre 2023, con oltre 100 giornalisti ed operatori dell’informazione uccisi nella terribile rappresaglia su Gaza da parte di Israele. “Con i piedi in guerra” è un di quei libri che si leggono di un fiato. Che ti prende sin dalle prime pagine e che non ti va di richiuderlo senza prima arrivare all’ultima, la 131^. E non capita spesso. Il format, per altro, aiuta anche chi non può permettersi una full immersion, trattandosi di interviste brevi ed intense a colleghi giornalisti, militari e studiosi (Stefania Battistini, Asmae Dachan, Gaetano Dammacco, Nancy Porsia, Domenico Quirico, Nello Scavo, Francesco Semprini, Michele Torres, Lorenzo Turi e Leonardo Zellino) che hanno accettato di raccontare le proprie esperienze (Ucraina, Siria, ecc.) e condividere le paure e le emozioni accumulate (e che li hanno spesso segnati inevitabilmente)… nel vivere, prima di raccontare, quell’orrore. Di tutto ciò ne abbiamo avuto contezza alla ri-presentazione del libro fatta a Matera con Nancy Porsia che è riuscita a trasmettere alla platea, con una efficacia rara, il proprio vissuto in parte solo accennato nelle pagine scritte da Antonella Ciervo. Una risposta corale da cui emerge il ruolo del giornalismo in questi teatri di guerra che è quello di “raccontare ciò che qualcuno, quasi sempre, non vuole si sappia“, con la consapevolezza che “Se c’è la stampa, le persone si sentono meno sole e tutelate dalla sua presenza“….con il desiderio permanente di poter scrivere un giorno l’articolo che cominci con la frase “la guerra è finita“. Perchè, come dice nell’intervista Asmae Dachan: “la guerra è uno degli atteggiamenti umani più odiosi, disumani, antidemocratici e che di generazione in generazione, però, continua a tramandarsi“; che viene decisa sempre da militari, politici e gerarchi sulla testa dei propri popoli… “ma a subirne le conseguenze sono sempre i civili“. Averne consapevolezza come semplici cittadini può consentire di pretendere da chi ci governa il riconoscimento del “diritto alla pace” che trascina con se, logicamente, “la negazione della guerra” e, quindi, l’organizzazione tra Stati di “meccanismi per procurare la pace, forme di controllo, sanzioni per chi non le rispetta“. Iniziando a ripristinare in primis la pratica della diplomazia, ora completamente accantonata, ponendosi nella ovvia postura che “per raggiungere un accordo, ognuno deve fare un passo indietro e lasciare sempre uno spiraglio aperto.” Insomma, questo di Antonella, a nostro personale parere è un libro che in questo momento andrebbe letto da tanti, da tutti, alla pari di quello postumo di Gino Strada “Una persona alla volta“. Per aprire il cuore e la mente e provare a fermare questa discesa del mondo agli inferi.

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