La CGIL regionale, per la voce di Eustachio Nicoletti, dà la tragica notizia di 700 insegnanti lucani che devono prendere la via del confino verso il Centro-Nord. Dico “confino”, perché è un trasferimento forzato, cui non ci si può sottrarre. Peggio che con Mussolini.
Bisogna infatti sapere che, subito dopo la prima guerra mondiale, quando il Trentino-AltoAdige passò all’Italia, Mussolini, con la logica che è propria del colonizzatore, si preoccupò di trasferire alcune centinaia di insegnanti nella regione appena acquistata. L’intento era quello di italianizzarla. Mussolini capiva l’importanza che hanno gli insegnanti nel modellare le coscienze.
Il trasferimento, però, non era coatto. Era volontario e premiato. Chi accettava il trasferimento aveva il vantaggio di vedersi valutare gli anni di insegnamento per tre su due. E’ come dire: ne fai due, te ne valgono tre. Si immaginino i vantaggi ai fini degli scatti di stipendio e della pensione!
I nostri 700 insegnanti, invece, ove rifiutassero il trasferimento, perderebbero il diritto al ruolo, e cioè il pane. Altro che buona scuola! Anzi, altro che scuola buona!
Gli insegnanti, per lo più donne, dovranno dunque lasciare la famiglia, trovarsi una casa, pagare il fitto, lasciare in loco lo stipendio, tutto a vantaggio della località di trasferimento. Altro tributo pagato dal Sud al Nord.
Di contro, nei paesi lucani rimarranno figli e mariti, o mogli, soffrendo di una famiglia dimezzata. E che succederà se i figli sono di pochi mesi o di pochi anni? Quale tributo pagheranno per il trauma subito?
E’ una tragedia familiare ed è una tragedia sociale. Si provi ad immaginare che cosa significa per i nostri paesi, quasi sempre di 1.000-2.000 abitanti, la perdita di uno o due o tre insegnanti, “intellettuali” che fanno cultura, aprono le menti, leggono i giornali, assumono cariche amministrative…
Lo sapeva bene Mussolini il ruolo degli insegnanti, quando li trasferiva a Bolzano e li premiava.
C’è anche un effetto ulteriore. Dopo un anno di divisione imposta, e con quali pericoli?, le famiglie, legittimamente, tenderanno a ricomporsi. Ma la ricomposizione difficilmente avverrà nei nostri paesi. Più sicuramente la ricomposizione avverrà al Nord. E sarà un altro colpo alla consistenza demografica della nostra regione, che si fa sempre più stanca, inabile, culturalmente povera, cioè vecchia. Ma chi ci pensa? Che importa?
A me piace, però, dare speranza e consigli a chi va via per coazione. Al più presto si chiami i figli, li avvii nelle scuole della nuova sede. Li preparerà alla frequenza di una scuola certo migliore, in una società più aperta e più evoluta, con prestigiose sedi universitarie a portata di mano. Son ragazzi che, se non emigrano oggi, emigreranno domani.
Generalmente emigrano i figli; i genitori, se non vogliono morire soli, spesso li raggiungono. Questa volta ad emigrare sono i genitori, dopo anni di sacrifici a casa loro, per acquistare una casa con mutui, arredarla, nutrire i piccoli.
Stiano tranquilli. Avranno semplicemente anticipato i tempi. E avranno fatto opera generosa verso i figli, creandogli un futuro più tranquillo. Qui teniamoci il PIL, che aumenta e fa gridare al miracolo Renzi e il gladiatore, solo perché si vendono più automobili.
Nessuno dice che, quando verranno meno le automobili (e verranno meno prima o poi) ci ritroveremo a sgranocchiare i kruscki.
