Non che non se ne avesse oramai drammatica contezza. Ma vedere PIIGS, il film-documentario sull’eurozona e le implicazioni coercitive sempre più insopportabili sulla nostra vita quotidiana che derivano dai vari trattati che la regolano, è illuminante e allo stesso tempo deprimente.
Perchè ci da le prove (raccolte in tre anni di lavoro dai tre autori-registi Adriano Cutraro, Federico Greco, Mirko Melchiorre) della causa dei nostri guai, ma allo stesso tempo ci fa rendere conto che non sarà facile uscire dalla trappola infernale in cui siamo stati cacciati… a nostra (colpevole) insaputa. “Ma l’importante è che cominciamo tutti a vedere il drago“…come dice Federico Greco uno dei tre registi nel dibattito seguito alla proiezione materana.
Insomma: l’Euro? Una cagata pazzesca…avrebbe detto Fantozzi! Una vera e propria tagliola che qualcuno ha teso intenzionalmente (chi l’ha ideato qualche decennio fa) ed altri che incoscientemente (i Berlusconi, i Prodi, i Dalema e governanti vari che ci hanno entusiasmato convincendosi e convincendoci che fosse l’Eden) ci hanno spinti dentro. Non sappiamo se prendercela di più con i primi o con i secondi, utili idioti ed incapaci di valutare le conseguenze di ciò che stavano sponsorizzando ed attuando.
Ad ammetterlo candidamente, proprio alla fine del film, è il dottor Sottile, quel Giuliano Amato tanto sopravvalutato come “esperto degli esperti” economici. Quello stesso Amato che, con un candore irritante, riconosce che in effetti non avevano assolutamente previsto tutte le implicazioni negative di quella impalcatura messa su: una moneta unica per Stati autonomi che rimanevano tali, un cambio fisso per economie profondamente diverse, l’assenza di una Banca centrale con lo stesso potere di quelle nazionali (coniare moneta all’occorrenza ed immetterla nel circuito economico), infine il pareggio di bilancio che per uno Stato è qualcosa di inconcepibile, che non esiste in natura.
Capite, loro gli esperti, non l’avevano valutato questo scatafascio. Incredibile, eppure già allora diversi economisti avevano messo in guardia che con quel giocattolo che stavano attivando saremmo “andati a sbattere”.
L’austerity, il tetto del 3% debito/pil, il pareggio di bilancio, la competitività, il debito pubblico che diventa un macigno, il Patto di stabilità? Tutti frutti amari di questo stesso albero malefico.
E quel 3% diventato un totem? Un preciso calcolo matematico-finanziario? Macchè, definito a capocchia, senza nessuna base scientifica! Guardate che non è una battuta. E’ la verità, purtroppo. Ascoltate gli economisti intervistati per credere.
E quel debito pubblico che per i paesi dell’eurozona e diventato una montagna sotto cui schiacciare intere nazioni, governi e destini di popoli che vengono impoveriti sempre più? Perchè per noi non vale ciò che vale per il Giappone che prospera pur avendolo quasi al 250%, o per gli Stati Uniti che per uscire dalla crisi non hanno esitato ad aumentare a dismisura il loro debito? Perchè loro si e noi no? Perchè a noi ci costringono a stringere la cinghia sempre più con l’imperativo di ridurlo a tutti i costi? Semplicemente perchè il nostro non è più un debito interno, con una moneta nazionale, con una Banca Centrale che possa fare ciò che fa quella giapponese o quella statunitense: stampare moneta all’occorrenza, la garanzia per i creditori di BTP e BOT.
Stampare moneta ed immetterla nel ciclo economico quando esso ristagna o va male per sostenerlo e farlo crescere. Cosa che noi non possiamo più fare. Non ci sono i soldi ci dicono. Ma non solo hanno messo in piedi un meccanismo per cui le risorse dalla base vanno verso l’alto rendendo esangue il Paese.
Una assurdità perchè “l’albero dei soldi”, incredibile ma vero, esiste! Come dice Greco tra il serio e il faceto. E’ sempre esistito in ogni Paese. E’, per l’appunto, la Banca centrale. Ma noi non ce l’abbiamo più. Noi “tafazzianamente” ce ne siamo privati, buttandoci in un questo stato di impotenza e privandoci dell’arma più potente di uno Stato, senza preoccuparsi di averne un’altra di pari capacità di fuoco.
E le tasse? Le tasse queste maledette. Le tasse in un Paese normale -sempre Greco ricorda come da manuali di base di economia– non servono per pagare i servizi, come la vulgata ci vorrebbe far credere. Le tasse sono sempre servite essenzialmente per governare l’economia, l’inflazione, riequilibrare le risorse. Quando le cose vanno bene e circola troppa liquidità, esse si aumentano e si tolgono dalla circolazione. Quando le cose vanno male esse si abbassano per aumentare la circolazione di moneta ed aiutare i cittadini e -conseguentemente-il ciclo economico. Adesso invece? E’ tutto il contrario. Più le cose vanno male e più aumentano le tasse….perchè “non ci sono soldi” è il mantra. E quelle tasse, molte delle quali fatte incassare dai Comuni, vengono risucchiate con apposite normative verso l’alto dal governo centrale, con Enti locali sempre più impoveriti ed incapaci di far fronte ai loro compiti e garantire servizi ai cittadini.
Ed ecco come il sogno europeo sia così, di fatto, diventato un bruttissimo incubo.
Che fare? Bella domanda da un milione di dollari a cui sembra, però, che nessuno sappia dare una risposta per l’immediato e nemmeno per una prospettiva a breve. Drammatico.
Riferiva nel dibattito materano, ancora il simpaticissimo Federico Greco, che anche al termine della proiezione fatta al Parlamento gli è stata fatta tale domanda? Capite? I legislatori (molti dei quali in passato hanno votato tutte le norme che ci hanno infilato in questo tunnel) che chiedono ad un regista cosa fare? Capite che sta proprio qui l’impotenza di questo Paese a fronte della presa di coscienza dell’enormità del guaio in cui è stato cacciato.
Le ipotesi plausibili per uscirne sono due: tornare alle monete nazionali, oppure accelerare la trasformazione della UE in veri Stati Uniti d’Europa, con un solo governo, una vera Banca centrale e con le attuali nazioni che diventano sostanzialmente delle Regioni, proprio come lo sono negli USA.
Più fantascientifica la seconda, più percorribile la prima…..ma tornare indietro -ammesso e non concesso che si decida di farlo- non sarebbe proprio una passeggiata.
Soprattutto perché l’impresa richiederebbe in primis una classe politica e dirigente di ben altro spessore e caratura di quella attuale e di quella (ancora in larga parte in servizio) che ci ha buttati in questo pantano. Cosa al momento che non è nelle disponibilità del Paese.
Insomma, facciamocene una ragione : provare ad uscirne fuori sarà una lunga marcia. Che avrebbe, per altro, bisogno come premessa di una consapevolezza diffusa dello stato dell’arte e dei meccanismi che l’hanno determinato, nonché forze politiche vere, strutturate, che, fatta l’analisi si mettano l’elmetto, e quindi ponendo tale obiettivo nel proprio programma.
Ambedue elementi, anch’essi però, mancanti in un Paese che vanta un altissimo tasso di analfabetismo sui temi economici e la completa distruzione dei cosiddetti organi intermedi (partiti e sindacati veri) i soli in grado di propagandare una tale cultura di massa.
Eppure bisognerà prima o poi che in qualche modo si cominciare ad avviare il percorso.
Nel frattempo si tratterà di sviluppare molta resilienza e cercare di prendere meno calci in faccia possibile da questa Europa in cui alla Germania piuttosto che alla Francia è consentito fare ciò che ad altri è negato dalle regole e dai trattati.
Sarà una lunga marcia…. senza nemmeno un timoniere alla guida (ne grande e nemmeno piccolo).

Iscritto all’albo dei giornalisti della Basilicata.
Ogni terrorismo atto a dissuaderci dall’uscire dall’€uro e dall’ EUropa, è insensato e autolesionista di fronte a questa semplice considerazione dell’economista Prof. Alberto Bagnai: -Tutto quello che un economista sprovveduto o ideologicamente condizionato dice che accadrebbe in caso di uscita dall’UE, è già accaduto, sta accadendo, o accadrà restando nell’UE.-