martedì, 3 Ottobre , 2023
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I SASSI TRA MUSEIFICAZIONE E MERCIFICAZIONE

 

 Come saremo nel 2030? Speriamo come nel 2019. Sembra questa la prospettiva attesa. Visioni di sviluppo del territorio proiettate più al passato da recuperare che al futuro da costruire.

“Caro turista”, a chi stiamo parlando quando diciamo che le cittadine come la nostra (le città d’arte e di cultura in generale), sono prese d’assalto da masse di persone che rendono impossibile a volte la quotidianità per gli abitanti, che raddoppiano o triplicano enormità di rifiuti, che peggiorano la qualità dell’aria con le emissioni di carburante, che con la loro “domanda” di ospitalità inducono l’offerta a moltiplicarsi senza regole e senza etiche? E che identico destino toccherà nei prossimi anni ai nostri paesi interni, le nostre spiagge e i sentieri del nostro Pollino delle colline: a chi stiamo parlando?

A chi decide di muoversi ed esplorare il mondo raggiungendo la meta dei propri sogni o stiamo invece parlando a un fantomatico “noi”, cui dobbiamo imputare le conseguenze di azioni e decisioni – anche lontane nel tempo, come l’evoluzione della cosiddetta città diffusa – quello sprawl a Matera giustificato col pretesto di costruirsi una villetta nella Zona del Periurbano (a proposito, sig. sindaco che ne sa delle manovre di accaparramento di suoli per cavarne rendita urbana in contrada Pantano?), inframezzato da varie ondate di speculazione edilizia ed espansione artigianale, con creazioni di nuove centralità urbane attorno a nuove piazze quali i centri commerciali al limitare delle cinture urbane, oggi per altro già obsoleti e fonte di nuove e diverse problematiche? Non è questo forse il vero contesto in cui impostare il “problema turismo”, quello che noi qui abbiamo creato?

La svolta in questo complesso scenario è avvenuta non più di una quindicina di anni fa, quando i voli low cost sono comparsi nei nostri cieli e hanno incrementato a dismisura la possibilità delle persone di raggiungere la meta desiderata.
Nel frattempo sono poi cambiate le abitudini delle persone, per i mille motivi per cui l’economia globale ha di fatto trasformato le condizioni di lavoro, di vita, di abitazione e di studio di tutti noi, sempre più precari e itineranti. E una delle abitudini che più è mutata è il dove e il come abitare e il dove e come alloggiare in una città o paese o borgo o villaggio che non sono nostri, di cui siamo in un modo o nell’altro cittadini temporanei. Il raro albergo o la pensione, naturale corredo di ogni vacanza fino a pochi decenni fa, ora sono nella maggior parte dei casi edifici obsoleti scaduti di categoria, riadattati ad altro uso, oppure tristemente chiusi. Oggi si prenota attraverso piattaforme digitali che, infilandoci direttamente nelle maglie dell’abitato della città che vogliamo esplorare, ci garantisce un’esperienza non da turisti di superficie, ma “da abitanti veri e propri”, un “come se” che va ad aggiungersi al percorso tra musei e monumenti e che coscientemente scegliamo di includere nel pacchetto vacanza che compriamo in agenzia, reale o virtuale che sia. Un plus al nostro viaggio tanto sognato. Si tratta di un sistema conveniente per chi viaggia e molto conveniente per chi affitta, per mille motivi tra cui la mancanza di controlli fiscali.

Ma non è la platform economy, ad aver creato il mostro del turismo di massa. Tutto era già pronto perché accadesse: nelle nostre grandi e piccole città d’arte con patrimoni edilizi significativamente vuoti e in alcuni casi con una popolazione residente in calo, si continua a costruire; anche a Matera, incuranti di rubare residenti esclusivamente ai paesi della cintura e incapaci di assolvere al nostro ruolo di città-polo riorganizzando e redistribuendo territorialità e investimenti, scommesse di lavoro dignitoso. Il consumo di suolo come fenomeno e la cementificazione come azione concreta e visibile sul campo, non riguardano solo le case, ma anche le strade, poiché l’abitare sparso ha reso necessari sempre nuovi collegamenti, che ovviamente attengono allo spostamento privato e non al mezzo pubblico. Sono necessarie strade e parcheggi, non treni e binari ferroviari (campa cavallo!) per lo spostamento nei labirinti della dispersione urbana, persino nel periurbano.

Matera ormai città brand per l’intera Basilicata, di fatto affidata alla monocultura del turismo di massa, dal 2019 sta fagocitando tutto ciò che le sta intorno nell’intento di vendere se stessa a beneficio di tante categorie di persone e di un territorio che eccede decisamente i confini comunali, sacrificando gran parte delle potenzialità del sviluppo e di tanti altri centri “minori”, desertificandone le attività produttive, trasformando tutto in vetrina per un solo compratore – il turista – dal mercato rionale alla produzione artigianale.

Matera vende un territorio mentre svende se stessa. E ci si chiede: la classe politica ne è consapevole? si preoccupa di questo? Non pare. Anche se dovrebbe, verificati ampiamente i limiti delle monoculture.

Oggi, quelli che normalmente nominiamo come stakeholders, cioè coloro che sono portatori di interessi in un dato territorio, sembra stiano attendendo soltanto una cosa: si ritorni ad un fantomatico “come prima”.

Come saremo nel 2030? Speriamo come nel 2019. Sembra questa la prospettiva attesa. Visioni di città e paesi, di sviluppo del territorio proiettate più al passato da recuperare che al futuro da costruire. Ecco quindi, in ultima istanza, la necessità di rivolgersi direttamente a lui, il turista.
Che Matera stai cercando, con che idea della città arrivi, che cosa ti porterai a casa da questo viaggio, caro turista? E soprattutto: sei sicuro che alla fine avrai capito che cos’è veramente questo luogo? Non è colpa tua comunque, se ciò non accadrà.
Eppure, prova a riconsiderare il tuo “potere”. “Sei tu che spingi, che alimenti quell’offerta”. “Pensa a Matera e ai Sassi, pensa alla Murgia oggi devastata, e aiutala ad esistere ancora a lungo”. Una volta compreso che il turismo non è solo vacanza da regole e responsabilità, forse, potremmo tornare a parlare con piacere e cognizione di causa di questa flânerie, del viaggiare dove ci porta il desiderio, senza fretta né meta. Al momento però Matera rischia di diventare come Venezia e tante altre città d’arte e cultura, sinonimo di degrado e disagio (“non fate come Venezia”, “non vogliamo finire come Venezia”) e “turista” è sempre più parola associata a massa, a qualcosa che nel migliore dei casi rompe l’equilibro già fragile della vita quotidiana dei residenti.

Quello che abbiamo vissuto fino ad oggi, a partire dal boom del turismo di massa, è un trasporto di persone e valige lungo un percorso predefinito e prepagato, che lascia sul territorio che attraversa detriti di lungo periodo e porta a casa doni effimeri preconfezionati destinati a svanire e a confondersi tra loro per provenienza. Ma il turismo è e può essere in futuro, ben altro: la visione è già chiara da tempo e se una strada si deve prendere per invertire la rotta o comunque attenuare le conseguenze di un fenomeno senza regole e senza possibilità all’orizzonte di essere governato da politiche sensate e che sembra privilegiare sempre la dimensione del “tutto e subito”, ebbene la strada cui si deve tendere è una trasformazione del modello economico e del sistema che ci governa e che governa i flussi di merci e persone. Almeno un segnale di questo. A livello locale, anche se nulla è veramente locale in questo scenario. Se vuoi il cambiamento sii quel cambiamento, si dice.
Certo è vero, tuttavia non sarà sufficiente: facendo leva solo sulle nostre singole forze – anche se collettive; facendo leva su ognuno di noi potenziale turista e sul nostro senso di responsabilità, c’è il rischio concreto di metterci troppo tempo. Dal basso avvengono i cambiamenti più duraturi. Ma devono essere aiutati dall’alto, accompagnati, velocizzati, resi possibili. Piccoli e anche grandi progetti di auto-costruzione di mappe di comunità che risvegliano il senso degli abitanti per il proprio territorio, che rimettono in gioco una narrazione dei luoghi da parte di chi li abita e non solo da parte delle guide turistiche e degli itinerari preconfezionati. Tutto questo c’è ed è tangibile in diversi punti del nostro territorio. Non capita spesso però che questo processo di ri-costruzione narrativa avvenga per le mete già note. Forse si potrebbe però cominciare: una mappa di comunità di Matera, che non sia la celebrazione del passato glorioso, ma che racconti un luogo diverso, che sposti l’attenzione su aspetti diversi, in grado di capovolgere l’atteggiamento di chi viene a visitarla. Che porti finalmente il turista a scoprire la Città del piano e i quartieri del Risanamento – la loro bella urbanistica e l’architettura, tanto studiate nei decenni passati in tutta Europa!
In un dibattito che non ha ancora preso una direzione certa e in uno scenario che ancora non ha messo a fuoco le politiche che dovrebbero governare/monitorare/organizzare il turismo negli anni a venire, appare chiaro che i discorsi, i primi impegni devono affrontare il destino dei nostri territori, le relazioni che vogliamo intrattenere nella Macroregione Meridiana, con i paesi e le comunità del Mediterraneo. E questo sforzo tocca anzitutto alle nostre istituzioni locali, aggiornando la lettura ragionata del territorio che ci accoglie. Personalmente, riprenderei in mano il Rapporto Musacchio del 1971 – snobbato dal Comune committente per grettezza dell’Opposizione e opportunismo della Maggioranza – che riporta la ricerca socioeconomica ai fondamentali produttivi; lo rileggerei affiancandogli i dati socioeconomici offerti dal successivo Rapporto Cuoco del 1990 e indagini successive; lo ‘reinterpreterei’ alla luce dei capovolgimenti paradigmatici della globalizzazione e degli esiti attuali; in una discussione finalmente veramente ‘partecipata’ che ne sancisca solennità pubblica e sacralità dei vincoli decisivi (anche a difesa – ad esempio – dell’aggressione che ancora in questi giorni si tenta persino ai caratteri distintivi del fronte delle Cave e di Murgecchia, del fronte del Pantano). E’ in questa contestualizzazione che occorre calare il fenomeno turistico che sta facendo fibrillare Matera e il territorio che la ricomprende. Per cogliere i segni della sua evoluzione; gli indirizzi per governarlo – salvaguardando comunità e operatori, Sassi e Murgia, storia e cultura; nel rispetto vero del turista. Oggi possiamo contare su risorse finanziarie – quelle del PNRR, Fondi complementari, ecc., la cui destinazione sarà resa più flessibile alle prossime verifiche – che non abbiamo mai avuto prima (neppure quando la pianificazione era d’uso) – per programmare un credibile avvio di futuro.

Nel Trentennale UNESCO si stanno alzando voci autorevoli per rivendicare un primo bilancio sullo stato dell’arte nei Sassi e sull’altipiano murgico; per denunciare latitanza nelle politiche di tutela – e non soltanto del Comune. Opportuno e prezioso l’intervento dell’architetto e urbanista Lorenzo Rota (“Basta egoismi, si punti alla qualità”) su La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 settembre scorso; tante le prese di posizione sui social e nei media. E la discussione proseguirà: ci si aspetta dunque un’iniziativa decisa da parte del Sindaco. Intanto!

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