Non c’è più neanche l’ancestrale uomo nero a far paura….ora è il biondo che fa tremare il mondo. E non solo quello ad occhi a mandorla ma or che i tempi sono cambiati a tremare sono anche gli alleati dei favolosi USA. Considerato che il tycoon durante la campagna elettorale ha preannunciato di voler introdurre dazi di almeno il 10% su tutti i prodotti importati negli Stati Uniti, con una posizione più rigida nei confronti della Cina a cui vorrebbe riservare uno speciale del 60%. Insomma, sembra che saranno anche dazi nostri e pure senza zucchero. Ma d’altronde, due sono le promesse che ha ribadito a vittoria incassata: “fermerò le guerre” e “sarà l’età dell’oro“, ovviamente per gli USA. E c’è da giurarci che anche la prima delle due promesse verrà messa a carico di noi “alleati” europei, almeno nel caso dell’Ucraina. La prospettiva dell’avvio di una fase protezionistica che arriverà dall’amministrazione Trump, già semina panico nelle stanze della nomenclatura della vecchia Europa stravaccata com’era sul precedente amico americano, convinti che alla fine (confondendo realtà con i propri desiderata) che l’avrebbe spuntata. E che avrebbero continuato a vivacchiare avendo già ingoiato tutto ciò che da oltre oceano gli era stato chiesto: la espansione della NATO ad Est, la guerra ad una grande nazione con cui intessevamo larga parte dei nostri commerci, tagliare i ponti con altre realtà geopolitiche, quindi la devastazione della propria economia e il sostanziale annullamento delle proprie istituzioni. Scusate se è poco. Ma dato che negli USA –come abbiamo avuto modo già di ricordare– chiunque vinca pensa in primis agli interessi propri, con Trump questa realtà giunge ad una maggiore esplicitazione con quel “Make America Great Again“, ovvero Rendiamo l’America grande di nuovo. Quattro parole, riassunte nell’acronimo MAGA (stampato su milioni di cappellini che lo stesso Trump continua a indossare anche nelle sue apparizioni pubbliche) e che già erano il suo slogan durante la campagna elettorale del 2016. Ma, sorpresa sorpresa,…questo non è uno slogan da lui inventato. Infatti, è una frase costante della politica americana, già usata in passato, in forma simile da Ronald Reagan (nella campagna presidenziale del 1980 usò l’analogo Let’s Make America Great Again), da Bill Clinton nel 1992 e poi in uno spot radiofonico della campagna elettorale del 2008 della sua consorte Hillary. La furbata dell’uomo d’affari che rimane essere Trump è stata quella di chiedere ai suoi avvocati di depositare “Make America Great Again” come marchio registrato, ottenendo così l’esclusiva dei diritti. Tornando ai dazi, non a caso quei termometri rappresentati dai quei casinò legalizzati che sono le borse (in cui chi gioca lo fa con i nostri soldi e sulla nostra pelle), hanno nell’immediato registrato una salita di quelle americane (in primis i titoli che fanno capo a Musk) e una discesa di quelle europee. Secondo alcuni analisti (Dbrs Morningstar) l’Europa e le sue imprese sono “altamente esposte” ai dazi statunitensi , considerato che gli Usa rappresentano “la principale destinazione” dell’export europeo (nel 2023 il 20%, contro il 13% diretto in Gran Bretagna e il 9% alla Cina). In termini di beni un surplus commerciale pari a 157 miliardi di euro (valore che però -dicono- sarebbe “molto più piccolo” includendo anche i servizi). Una riduzione dei volumi di export che si ritiene non possa essere nel medio termine compensata dalla domanda interna o di altri mercati. Una situazione che dovrebbe preoccupare non poco anche l’Italia, il cui export (nonostante il trionfalismo del governo anch’esso impegnato a fare la storia ogni giorno) è in calo già dal 2023. Essendo tra i più esposti (tra i paesi europei) su quel mercato saremmo anche tra i più penalizzati. “I settori più esposti sono quello alimentare, quello dell’automotive, quello della chimica, in misura minore quello della moda“, spiega Carlo Altomonte, docente di Economia all’Università Bocconi di Milano, per il quale comunque “L’alternativa potrebbe essere quella di negoziare con Trump, uno che ama chiudere accordi: l’Europa potrebbe impegnarsi ad esempio a comprare armi statunitensi da destinare all’Ucraina, riducendo dunque la portata di quell’impegno agli Usa, e in cambio chiedere tariffe più basse”. Un vero affare! Come dicevamo all’inizio? Anche la promessa di fermare le guerre verrà caricato sul nostro groppone. Insomma, “pagheremo caro, pagheremo tutto“, sembra. E se nel frattempo provassimo a sganciarci e a guardarci intorno in questo mondo così in movimento, in autonomia, anche verso altri paesi?
Iscritto all’albo dei giornalisti della Basilicata.
quel mento all’insù mi ricorda qualcuno che vestiva orbace