BelPaese tra l’incudine e il martello, tra la stretta amicizia a ”stelle e strisce” del governo Meloni con il presidente Donald Trump e il miliardario Elon Musk e gli inviti dell’Unione europea a fare quadrato contro i dazi che, prima o poi, dopo Canada, Messico e Cina, toccherà anche alla vecchia Europa priva di autonomia decisionale con il precipitare della guerra tra Russia e Ucraina e per quella in Medio Oriente. Un silenzio causato dal taglio dell’ energia, e in particolare del gas russo che ha finito con il mettere in crisi la locomotiva Germania, a vantaggio delle forniture statunitensi e con il ”riequilibrio” territoriale in Medio Oriente tra Israele, Gaza, Cisgiordania, Libano, Iraq che ha lasciato sul campo vittime civili, nonostante la pausa per liberare gli ostaggi israeliani. Se non è una polveriera in vista di un nuovo ordine mondiale, legato ad esigenze economiche e a riequilibri mondiali, e allora occorre andare cauti . Tutto questo mentre le ”sanzioni” occidentali non abbiano fatto sentire effetti di sorta. A rimetterci sono i Paesi trasformatori, e l’Italia è tra questi, che – nonostante le risorse del Pnrr- deve fare i conti con l’aumento delle spese militari e dell’energia. E allora? La provocazione Vito Rosario ” Petrov” Petrocelli, ex parlamentare pentastellato, presidente dell’Istituto italiano dei Brics di proporre l’Italia come membro dell’organizzazione, è di quelle che fanno riflettere. Ma che hanno una risposta scontata vista l’appartenenza alla Nato, all’Unione Europea e a quella stretta amicizia che la presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni ha con i vertici degli Stati Uniti. Eppure, osserva Petrocelli, in passato ha avuto un ruolo di collaborazione internazionale con vari Paesi. Il Brics formato da Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e successivamente da Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran (2024) e Indonesia (2025) ha notevoli potenzialità economiche e soprattutto risorse da investire. Il BelPaese? Buona lettura sulle riflessioni di Petrov dal sito
https://www.italiabrics.it/2025/02/03/italia-nei-brics-perche-no/
ITALIA NEI BRICS. PERCHE’ NO?
3 Febbraio 2025
“È fuori luogo proporre l’Italia come membro dei BRICS? In questi tempi segnati dal trumpiano “Make America Great Again” e dal conseguente protezionismo commerciale esasperato, sembrerebbe proprio di no. Il Presidente americano aumenta i dazi a Cina, Canada e Messico, minaccia di applicarli presto all’UE e di aumentarli del 100% ai BRICS se insisteranno con la creazione di una moneta alternativa al dollaro. L’arroganza degli USA non ha limiti e per l’Italia la prospettiva BRICS sarebbe la giusta alternativa. Il testo che segue è l’introduzione al breve rapporto che trovate in allegato, utile a conoscere meglio i BRICS e lo stato della cooperazione tra l’Italia e i Paesi del gruppo. Sperando e lavorando per un futuro multipolare… “C’è stato un tempo in cui l’Occidente era solito ridicolizzare i BRICS, descrivendoli come una farfalla che batteva le ali a vuoto in un ordine mondiale dominato dal G7. Oggi l’effetto farfalla cambierà l’ordine mondiale”.
Iniziavo così un’intervista al China Media Group (CMG) nell’agosto 2023. Parlando dei BRICS e della loro trasformazione precisavo che il gruppo si apprestava a diventare sempre più un’alleanza di Paesi uniti dall’obiettivo di liberarsi dal neocolonialismo dell’Occidente e di determinare autonomamente le politiche di cooperazione, sviluppo collettivo, equilibrato e reciprocamente vantaggioso.
Questa trasformazione, avviata dall’apertura a nuovi Paesi membri deliberata ad agosto 2023 nel Vertice di Johannesburg, sì e consolidata l’anno successivo con le iniziative della presidenza di turno russa ed è culminata con le deliberazioni dello storico Vertice di Kazan ad ottobre 2024.
I BRICS accolgono Egitto, Emirati Arabi uniti, Etiopia e Iran, che diventano membri effettivi del gruppo a gennaio 2024, con l’Indonesia che si aggiunge a gennaio 2025. Deliberano lo status di “Paese partner” e aprono alla cooperazione con altri 9 Paesi: Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Tailandia, Uganda e Uzbekistan. Definiscono le regole nelle transazioni commerciali, sia all’interno dei BRICS sia con Paesi terzi, in valute nazionali alternative al dollaro USA.
Nella Dichiarazione finale del Vertice di Kazan i leader BRICS scrivono che il gruppo opera per servire gli interessi dei suoi membri, non “contro qualcuno”, per precisare che i BRICS non sono uno strumento per contrastare l’Occidente e non hanno una narrativa o un’agenda contro un avversario, ma piuttosto lavorano a favore degli interessi dei membri dell’organizzazione.
Quali migliori premesse per pensare ad una richiesta italiana di ingresso nei BRICS?
L’Italia è geograficamente, storicamente e culturalmente un Paese di confine, tra Est e Ovest, tra Nord e Sud globale, ma non sta sfruttando per niente le potenzialità offerte dal “mondo di Kazan”, persino dopo l’espansione del gruppo dei BRICS, con l’ingresso di Paesi con cui ha forti legami e rapporti consolidati.
La chiusura del nostro Paese nel solo campo Occidentale è l’esatto opposto del ruolo storico dell’Italia nel contesto internazionale.
Al contrario, un’Italia anche nei BRICS consentirebbe maggior autonomia e autorevolezza nei rapporti con gli alleati tradizionali e valorizzerebbe la nostra attitudine geopolitica storica: dialogo e cooperazione di pari livello con tutti i Paesi.
Proponiamo questo breve rapporto, utile a conoscere meglio il gruppo ed i potenziali benefici di una cooperazione strutturata Italia-BRICS.” Buona lettura, Vito Petrocelli
-Presidente Istituto Italia BRICS.
