martedì, 29 Aprile , 2025
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Attività commerciali in provincia di Matera: più chiusure che aperture

Trend negativo in provincia di Matera per le aperture di nuove attività commerciali. Il Centro Studi di Confesercenti nazionale ha diffuso i dati relativi ai primi 8 mesi del 2015 sulle aperture e chiusure delle attività commerciali dai quali è scaturito che anche nella provincia materana le chiusure sono maggiori delle aperture, con qualche differenza sul territorio a macchia di leopardo.
“Comparando ed analizzando cifre e situazioni locali – ha spiegato il presidente provinciale di Confesercenti, Francesco Lisurici – vengono fuori le prime riflessioni per esempio sulle aperture e chiusure dei pubblici esercizi (bar, ristoranti, ecc.) i cui numeri risultano più interessanti di quelli dei negozi di vendita al dettaglio, ragion per cui è facilmente attribuibile alla grande distribuzione aver contribuito, in primis, alla desertificazione della rete commerciale, visto che è marginale la sua azione devastante nel settore della somministrazione di alimenti e bevande. I suoi effetti negativi purtroppo sono più evidenti nei piccoli centri e nelle zone periferiche dei comuni più grandi, anche se il fenomeno delle saracinesche abbassate non risparmia oramai gli stessi centri commerciali. Volendo ufficializzare i dati parziali in nostro possesso, nella città di Matera risulterebbero sfitti circa 600 locali (comprese le zone industriali ed i PAIP). Per agevolare il ripopolamento di botteghe, Confesercenti ha proposto più volte a Regione Basilicata e Comuni, l’inserimento di meccanismi che possano evitare lo spopolamento delle attività commerciali attraverso il riconoscimento di incentivi e la costituzione dell’ “Albo delle botteghe storiche”.
Ben venga anche la proposta nella prossima legge di stabilità di un meccanismo “combinato” per riportare i negozi nella città: una norma che permetta di introdurre canoni concordati e cedolare secca anche per gli affitti di locali commerciali. Un sistema già previsto per le locazioni abitative e che potrebbe essere declinato anche per il commercio attraverso un accordo tra proprietari immobiliari, rappresentanti delle imprese commerciali e amministrazioni territoriali competenti. In questo modo si favorirebbe, in un momento di ripartenza dell’economia, la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe. Si creerebbe anche valore per tutti i soggetti interessati: il proprietario dell’immobile godrebbe di un indubbio beneficio fiscale, le attività commerciali corrisponderebbero un canone ridotto. Per l’amministrazione comunale, inoltre, sarebbe un doppio investimento: sociale, con il ripopolamento delle aree oramai desertificate delle città che in molti casi risultano invivibili perché buie e con scarsissima presenza di gente, e fiscale. Tutto questo – ha concluso Lisurici – rappresenta senz’altro un’ottima leva su cui agire per contribuire alla ripresa e al rilancio delle attività commerciali”.

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