Caro Francesco, non hai letto il mio saggio di 150 pagine, “Il 21 settembre a Matera -Dalla cronaca alla storia”, uscito nel 2008, otto anni prima che Matera fosse insignita di medaglia d’oro. Chi ha dato la medaglia d’oro a Matera, evidentemente ha ritenuto non valida la mia ricostruzione, che privatamente, anche con lettere scritte, è data per valida da testimoni di quel giorno, tutti scomparsi. Quasi quasi anche tu, come i tifosi del “21 settembre a Matera”, mi fai passare per uno che non ha pietà dei caduti, in verità non “caduti”, se per caduti si intende chi è crollato combattendo. Se si esclude Rutigliano, i morti di Matera (solo 11 su 22) furono semplicemente cittadini catturati e tenuti sotto interrogatorio, oppure inaspettatamente e cinicamente uccisi mentre uscivano dagli uffici della Società elettrica. Dico “tifosi” anche in senso proprio. Ho visto il Sindaco Bennardi intervistare il calciatore Selvaggi, assunto a testimone, certamente per far breccia e avere gli applausi tra gli spettatori del XXI settembre, stadio. E’ la Resistenza pubblicizzata come un detersivo, per non dire altro. Discorso a parte andrebbe fatto per Manicone. Quasi quasi, sentendomi dir questo, anche tu mi fai passare per revisionista, magari anche filofascista. Lo fai in buona fede e perché non conosci, come tanti, i fatti. Il mio antifascismo è di ben altra natura e non consiste nel distintivo sul bavero, o nel fazzoletto da partigiano al collo.
Nel Palazzo della Milizia c’erano quattro leccesi, quattro tarantini. Solo nel pomeriggio arrivarono quattro materani, dei quali due erano soldati sbandati: Natale (Taluccio) Farina e Pietrantonio Tataranni. Il terzo era un ragazzo di sedici anni (Vincenzo Luisi); il quarto era Francesco Farina, familiarmente chiamato Ciccillo. Tutti, in quel Palazzo della Milizia, capitarono per caso, considerati spie, nel momento in cui gli Alleati erano a non più di tre chilometri. Nessuno di loro aveva un’arma addosso. Per quale libertà combattevano? A casa loro, come i più degli italiani, con ogni probabilità erano stati ed erano ancora fascisti. Furono solo inconsapevoli e innocenti vittime di guerra. Se avessero avuto la carta di identità, sarebbero stati liberati. Era successo con altri, nei giorni precedenti. I tedeschi, in fondo, non erano e non sono necessariamente cattivi per occhi azzurri, capelli biondi e lunga forma del cranio.
Francesco Farina era il padre di Taluccio, e si comportò da padre. Io avrei fatto, diciamo, la stessa cosa. Prende 50.000 lire, lui ce le ha, va dai tedeschi e chiede di “riscattare“ il figlio. Non si cura degli altri. Forse si imbatté in un tedesco, soldato di ferrea formazione, che ha diverso modo di pensare, incorruttibile; forse Francesco non sapeva che i soldi in lire ai tedeschi non servivano più. Probabilmente contrariato, offeso, il tedesco lo spinge nel Palazzo della Milizia, mandando indietro il figlioletto con cui Francesco si era accompagnato.
Purtroppo, caro Francesco (Francione), tutta la storia del “21 settembre a Matera” è vissuta dai nostri antifascisti con animo astioso nei confronti di chiunque tenti altra tesi. Ne ho fatto esperienza personale. Non sanno che Resistenza, antifascismo, significano rispetto degli altri, dialogo. Ho sempre detto, con Nitti, che a Matera non ci fu insurrezione, che presuppone una organizzazione, un piano, un capo o una direzione, una mobilitazione. A Matera, quel giorno, era aperta la Prefettura, era aperta la barberia di Campanaro, era aperta la farmacia di Beneventi, era aperta la oreficeria Caione, i ragazzi giocavano per strada, Francesco Di Caro, poi sindaco, quel pomeriggio si recò col fratello a raccogliere pomodori in un orto familiare, accompagnato da Vincenzo Luisi, il ragazzo di sedici anni, poi misteriosamente finito nel palazzo della Milizia, e lì morto. Le guardie della Finanza stavano tranquille nella loro Caserma in Via Cappelluti, quando andò ad avvisarle Manicone.
Tutto partì da un incidente, per un colpo sparato dal carabiniere Cozzella, ferito ad un mignolo e subito corso a farsi medicare presso l’ospedale. L’incidente, in una stretta stanza, in cui si erano raccolte oltre quindici persone, poteva avere conseguenze impensabili. Cozzella non si rese conto del pericolo che tante persone correvano nella oreficeria. Concediamogli la buona fede. Anche in buona fede si possono commettere grossi errori. Anche tu parli e scrivi in buona fede; ma non conosci i fatti, che sommariamente ti sto enunciando
Ormai c’erano due morti tedeschi, quando i tedeschi erano già pronti per partire e un giovane ufficiale austriaco, studente in medicina, forse perché sapeva di essere in partenza, si stava sbarbando. Alza le mani, si arrende e si consegna prigioniero. Manicone, “ardito” – mi dicono – a diciannove anni nella prima guerra mondiale, lo colpisce alle spalle. Forse usò il pugnale che molti arditi si portarono a casa, come trofeo. Se l’avessero fatto a tuo fratello a Berlino, come avresti giudicato quel colpo alle spalle? E quell’uomo? Due materani, saggi e umani, portano il giovane soldato in ospedale. Si salva, si laurea a casa sua, diventa primario d’ospedale, viene a Matera a ringraziare il barbiere Campanaro e i suoi salvatori. Di questi gesti dovrebbero nutrirsi i nostri antifascisti…
Caro Francesco, ho cercato prigionieri tedeschi, altri tedeschi uccisi nella presunta guerriglia. Non ci sono. Mi sarei aspettato che i tedeschi fossero assediati nel palazzo della Milizia, che non aveva acqua e luce; mi sarei aspettato che fossero inseguiti dai materani in armi o bloccati all’uscita dalla città. Voglio ricordare che Matera è in concorrenza con Napoli, cui vuol togliere il primato di prima città insorta contro i Tedeschi. Ma, dimmi, Francesco, si può litigare su queste cose? Siamo alla disputa di un derby. Forse è per questo che il sindaco Bennardi intervista il giocatore Selvaggi. La vicenda di Matera chiamala eccidio o strage. Si faccia di Matera una vera città della pace. E’ proprio necessario farne una città con medaglia d’oro ai valori della Resistenza? Il sindaco Bennardi forse non sa quali responsabilità ci si assume. L’antifascismo è politica, è pensiero, ma è anche etica. E’ vita e pensiero Via le raccomandazione, via il clientelismo, via il familismo, via i posti concessi solo ai soli compagni di partito, caro Bennardi… Tra 20 e 21, c’è una “due giorni” di celebrazione. Caserta non c’è. Non vedo nemmeno Francesco Ambrico, che ha scoperto tante carte segrete sulla giornata del 21 settembre. Poteva almeno dare informazioni sui fatti. Ti meravigli? I nostri antifascisti sono sempre loro e solo loro, pochi in verità, e si guardano l’ombelico.
Molte cose avrei da dirti, ancora. Ma l’ho già fatta troppo lunga. A ottant’anni, in Europa, non possiamo continuare a dividerci tra buoni e cattivi, fino all’insulto. E tu non prestare il fianco, mi raccomando. Non ti appartiene
Un saluto.
Tuo
Giovanni Caserta
Lettera aperta a Giovanni Caserta sul 21 settembre 1943 di Matera.