sabato, 21 Giugno , 2025
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Un conto è l’antifascismo, un conto è il falso storico, un altro conto è il dogmatismo…

Caro Vito,
mi hai chiesto se era mia intenzione rispondere a Francesco Salerno, persona a me sconosciuta, che, in tono formale e quasi solenne, ti ha chiesto di pubblicare un “Contro articolo per smentire le tesi revisionistiche errate del Professor Caserta”. Il modo di presentarsi dice parecchio. Tu, che, come me, hai ben assimilato lo spirito della Resistenza, hai fatto bene a pubblicare. Ti ho detto che avrei risposto. E rispondo, ma a mio modo. Vedi bisogna confrontarsi con persone che sappiano che un conto è l’antifascismo, un conto è il falso storico, un altro conto è il dogmatismo, che spesso, diventato fanatismo, è pericoloso, a destra come a sinistra. Il dialogo va bene quando, chi ti sta di fronte, abbia letto, abbia studiato e abbia assimilato buone conoscenze. Non mi sembra che sia il caso nostro, il caso, voglio dire, di chi scrive un “Contro articolo” (?), confondendo la recensione ad un mio volume (nientemeno che del 2008) con un mio articolo, mai scritto. Approfitto, anzi, per ringraziare la giornalista Graziella Salvatore, così generosa nei miei riguardi.
E’, già in partenza, il primo passo falso che il Sig. Francesco Salerno compie. Seguono affermazioni generiche, dogmatiche e vaghe. Il Sig. Salerno non ci dà nomi di materani caduti col fucile in mano, nel furore di una battaglia. Non ce ne sono. Casi individuali e particolari sono quelli di Manicone, BenEventi e Rutigliano. Per saper che cosa fu la Resistenza di un popolo, vada in Emilia e Romagna, in Piemonte, in Toscana…
Mi attribuisce, nella polemica, considerazioni sui tedeschi che non ho mai fatto. Afferma, da lombrosiano, che il maggiore tedesco Von Der Schuelnburg, “criminale di natura”, non poteva non essere criminale anche a Matera. Dice che quel che successe nella oreficeria Caione “non è chiaro a nessuno”, quando, invece, è tutto chiaro, documentato, scritto, sottoscritto e verbalizzato. Siccome il diavolo ci mette la coda, fa autogol, affermando, in forma sempre vacillante quanto magnifica, che, nella stessa gioielleria, “i materani espressero la volontà di non vivere in un regime di subordinazione a un occupante straniero per un lasso di tempo sconosciuto e indefinibile”. Troppo tardi, caro Sig. Salerno. Si era all’ultimo atto. Dal 1922 erano passati ventuno anni di dittatura e non si direbbe che la città di Matera abbia espresso un qualche serio movimento di opposizione al fascismo.
In quella oreficeria c’erano proprietari e parenti della Caione, disarmati, e ben nove militari italiani, non materani, armati. In tutto una quindicina contro due. Sparò per primo il capitano Cozzella, non valutando gli effetti del suo gesto.. Ferito ad un dito, il capitano Cozzella corse al vicino ospedale per farsi curare. Era un veneto. Scomparve. I due tedeschi, presi alla sprovvista, non riuscirono a sparare un solo colpo.
Nulla il Sig. Salerno sa e dice del ruolo avuto, dall’8 settembre al 21 settembre, dal maggiore dei Carabinieri D’Amato che, in buoni rapporti con i tedeschi, alleati fino all’8 settembre, riuscì a mantenere un clima di tranquillità e di sano equilibrio. I tedeschi, fino al 21 settembre, non fecero male a nessuno, tranne normali operazioni spettanti ad un gruppo di “guastatori”. Lo sa che il maggiore D’Amato era appartenuto ai Servizi Segreti? Fu la fortuna della nostra città. S’informi. D’Amato sapeva tutto, anche della partenza dei tedeschi.. Lo sa che la mattina del 21 settembre i tedeschi si recarono presso la salumeria “Calculli” e presso la “Casa del pane”, chiedendo, civilmente, di sospendere i rifornimenti perché erano in partenza?. Non sembra che non abbiano pagato il conto. Lo sa, infine, che a cadere sotto le rovine del Palazzo della Milizia c’erano quattro leccesi e quattro tarantini casualmente a Matera, e che i materani, chiusi all’ultimo momento, vorrei dirle come, erano solo quattro? Quali riconoscimenti si devono a Lecce e a Taranto? Lo sa che Manicone colpì a freddo il maresciallo austriaco, Michael Alfons, studente in medicina, nella sala da barba di Nicola Campanaro, quando il ragazzo, diciannovenne, spogliato della pistola, era mani in alto? Fu un atto eroico? E se l’avessero fatto a Berlino, a un giovane soldato italiano?
Troppe cose non sa e non dice il Sig. Salerno. Lo invito perciò a leggere, a studiare e a darsi corrette informazioni. Scriva un libro di 150 pagine, registri un video di mezz’ora come ho fatto io e sappia che la verità – come diceva Dante – è cibo amaro al primo assaggio, ma poi nutriente e salutare.
Non voglio dire con Gramsci e con Lenin che “la verità è sempre rivoluzionaria”, perché non vorrei che Lei, Sig. Salerno, mi dica veterocomunista. Io, alla mia età, sono solo un inguaribile pacifista, come lo erano gli uomini della Resistenza, quelli che la combatterono, non quelli che, troppo facilmente, e senza rischi, oggi la predicano come fa Lei a buon mercato, a ottant’anni di distanza. Sono convinto che esistono tedeschi buoni e tedeschi cattivi, italiani buoni e italiani cattivi. Lei è d’accordo? In verità, da come scrive, e da quel che di livoroso e offensivo aggiunge nei commenti, credo che al momento abbia bisogno solo di qualche lezione di lingua italiana e di buona educazione. Le sarà utile nella vita. “Agnosco stilum”. Della Resistenza credo che non abbia capito proprio nulla.
Mi scuso della lezione, sono professore, La saluto.. Quanto a te, caro Vito, ”de hoc satis”… E grazie per avermi chiesto una risposta.
Tuo
Giovanni Caserta

Qui sotto l’articolo a cui si fa riferimento:

Matera, per i fatti del 21 settembre 1943, a pieno titolo tra le Città della Resistenza

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2 Commenti

  1. Egregio Professore, innanzitutto in merito al tono “solenne” della mail mandata a Vito Bubbico, chi l’ha spedita materialmente è stato qualcuno dei responsabili dell’associazione “infrastrutture e mobilità nel materano” di cui io sono un semplice membro che non gestisce i rapporti con la stampa. Il mio testo è stato semplicemente allegato a quel messaggio. Tra l’altro, come vede, avendo un account su questo sito avrei potuto pubblicare direttamente il mio testo senza passare da Bubbico. Concludo la premessa aggiungendo che non ci conosciamo personalmente, io sono un laureato in Scienze Politiche Internazionali che si è laureato nel 2011 con una tesi sul 21 settembre 1943.

    Venendo al sodo, il mio “controarticolo” è una risposta a quanto pubblicato non direttamente da lei ma da Basilicata24.it che però attinge a piene mani dalle sue tesi in merito al 21 settembre, quindi non ho fatto alcun “primo passo falso”.
    Lei seguita nella sua difesa d’ufficio di von Schulenburg dando a me del lambrosiano perché lo definisco un criminale matricolato (non “di natura” come lei ha riportato, ma sarà certamente un refuso in buona fede), evidentemente considera anche la strage di Pietrasantieri un “incidente di guerra”, capitata per caso, forse addirittura per colpa dei cittadini italiani che non hanno ubbidito sufficientemente ai tedeschi. Peccato però che la definizione di criminale di guerra (schedato e, appunto, matricolato) non è mia ma delle autorità investigative militari alleate che avevano accertato le sue responsabilità durante le fasi dell’operazione Achse.
    Poi chi ha mai parlato di un particolare movimento antifascista materano durante il ventennio? Io non ne ho fatto menzione nel mio testo ma ho detto una cosa diversa e molto precisa: il movimento antifascista armato non è soltanto quello dei gruppi organizzati e inquadrati politicamente e militarmente ma anche quello del popolo sorto durante e a causa della guerra. Visto che mette in discussione addirittura l’esposizione e la grammatica di quello che gli altri scrivono dovrebbe preoccuparsi di interpretare correttamente un testo e non mettere in bocca agli altri cose che non hanno detto o inventarsele di sana pianta, cosa che non fa onore a chi si definisce “storico”.
    Inoltre, prima di dire che “non so o non cito”, le dico che tra la grande mole di materiale che ho consultato per la mia tesi c’è anche il suo libro quindi l’episodio della bottega del barbiere, il ferimento del capitano Cozzella e la provenienza dei detenuti della milizia li conosco bene (è tutto presente nella mia tesi) ma stavolta non li ho citati perché non aggiungevano nulla a quanto il mio testo voleva dimostrare e ha effettivamente dimostrato.

    Aggiungo una nota personale: abito in Toscana da quindici anni e ho incontrato personalmente ex partigiani tramite l’Anpi e tutti hanno plaudito all’assegnazione della medaglia d’oro al valor civile alla nostra Città, anche dopo aver letto la mia tesi. Ma evidentemente loro non hanno la sua stessa autorità nel dare patenti di Città della Resistenza. Forse esiste un numero minimo di morti da raggiungere per ricevere questo titolo? Quanti materani dovevano perire insieme a Rutigliano e Beneventi? Se c’è una regola scritta su questo ammetto di non conoscerla oppure è un criterio che ha stabilito lei?
    Mi chiede infine se secondo me esistono tedeschi buoni, alludendo a una mia presunta germanofobia. Sgombero il campo da ogni dubbio: sì esistono, tra i miei tedeschi preferiti c’è un filosofo/economista di Treviri vissuto nell’Ottocento, pensi un po’, ma a parte questo i tedeschi hanno fatto i conti con la storia molto più di noi italiani. Sicuramente oggi in Germania la seconda carica dello Stato non si chiama Ignazio Adolf La Russa.

    Ribadisco che quando vuole possiamo confrontarci pubblicamente sul 21 settembre.

    cordialmente
    Francesco Salerno

  2. Quindi, se si è riuniti in organizzazioni o si ha avuto la possibilità di organizzarsi per tempo come nel centro nord è resistenza, mentre se è un moto popolare disorganizzato come a Matera o Napoli, si muore per lo stesso motivo ma non è resitenza. Non sapevo ci fosse bisogno della tessera del C.L.N. per partecipare a pieno titolo alla liberazione dell’Italia professor Caserta. Manicone deve essere stato una vittima sul lavoro, perdipiù non tutelato dal sindacato, perchè non iscritto C.L.N.!

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