giovedì, 27 Marzo , 2025
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The murdered rooster

  1. Ho sottoposto a Gemini, l’applicazione di intelligenza artificiale di Google, il testo di una sentenza del Pretore di Stigliano del 9 marzo 1931 relativa a una zuffa tra due famiglie di Gorgoglione. Una lite causata da ciò che il gallo di una famiglia aveva fatto alla gallina di proprietà dell’altra e presto degenerata in aggressioni fisiche e insulti, querele e duelli oratori fra avvocati. Questo è, con leggere modifiche, il resoconto e l’analisi dei punti principali che ne è derivato.                                       I fatti: La disputa ha origine dall’uccisione di un gallo di proprietà di Francesco Lauria da parte di Antonio Leone. Il motivo apparente era che il gallo si era accoppiato con una gallina di Leone in un luogo pubblico.                           Escalation: Alla discussione seguono insulti di Antonio Leone alla moglie di Lauria, Anna Figliola, e uno schiaffo. Interviene anche Gioacchino Leone, sacerdote e fratello di Antonio, e la situazione degenera in una rissa con pugni e lancio di sassi.   Entrambe le parti sporgono querela: i coniugi Lauria contro i fratelli Leone per l’uccisione del gallo, le lesioni e gli insulti; i fratelli Leone contro i coniugi Lauria per aggressione.                                                                                                     Gli imputati e le accuse: Leone Antonio, proprietario della gallina “violata”, è accusato di uccisione di animale senza necessità, lesioni personali (schiaffo a Anna Figliola e colpo di sasso a Francesco Lauria) e  ingiurie.                                            Leone Gioacchino è accusato di complicità per le lesioni commesse dal fratello.    Lauria Francesco, proprietario del gallo intemperante,  è accusato di lesioni personali (pugni a Gioacchino Leone). Figliola Anna è accusata di aver dato manforte al marito Francesco.                                                                                                            La sentenza: il Pretore condanna tutti gli imputati, motivando la sentenza con una narrazione colorita e a tratti ironica, ma -aggiungiamo noi- mostrando scarse attitudini per l’aritmetica.                                                                                       Leone Antonio: condannato a una multa di 350 lire, così ripartite: 80 lire per l’uccisione del gallo, 200 lire per le lesioni, 80 lire per le ingiurie e 80 lire per le lesioni a Francesco Lauria. Il giudice ironizza sulla sua difesa, che cercava scusanti improbabili, persino un “vizio parziale di merito” causato dal “ratto violento” del gallo ai danni della sua gallina.                                                                              Leone Gioacchino è condannato a una multa di 100 lire per complicità. Il giudice lo descrive ironicamente come un “sacerdote” che, invece di portare la pace, ha partecipato alla rissa. Il riferimento alla sua “zimarra lacera” e alla difesa dell'”onore delle proprie galline” aggiunge un tono sarcastico.                                              Lauria Francesco è condannato a una multa di 200 lire per le lesioni a Gioacchino Leone. Il giudice riconosce la sua motivazione (difendere il suo gallo), ma condanna l’uso della violenza.                                                                                     Figliola Anna: è condannata a una multa di 100 lire (la metà di 200 lire, come specificato nella sentenza) per complicità. Il giudice descrive il suo intervento come una reazione emotiva alla morte del gallo.                                                                  Tutti i condannati sono inoltre tenuti in solido al pagamento delle spese processuali e al reciproco risarcimento dei danni.                                                                                                                                                                      Elementi Interessanti: Il tono della sentenza, il linguaggio utilizzato dal Pretore è molto particolare, con un tono ironico e a tratti umoristico, soprattutto nel descrivere le motivazioni dei contendenti e le loro azioni. Questo stile rende la lettura della sentenza molto interessante e fornisce un quadro vivido della situazione e del contesto sociale dell’epoca.                                                                                                               Il contesto rurale: La vicenda è profondamente radicata in un contesto rurale, dove gli animali da cortile avevano un’importanza economica e affettiva. La disputa per il gallo assume quasi un valore simbolico, rappresentando conflitti interpersonali più ampi.       L’intervento della giustizia: la sentenza mostra come anche questioni apparentemente banali potessero finire davanti a un tribunale, evidenziando il ruolo della giustizia nel dirimere le controversie anche in contesti rurali e per fatti di piccola entità.In conclusione, questa sentenza non è solo un documento legale, ma anche una testimonianza storica e sociale che offre uno spaccato della vita in un piccolo paese italiano negli anni ’30.

II.Gemini ha egregiamente sintetizzato gli aspetti materiali della vicenda. Ciò che sembra essere sfuggito sono le spiritosaggini che costellano e, per così dire, impreziosiscono la sentenza inducendo chi legge a chiedersi se il pretore che l’aveva scritta fosse più serio ed equilibrato di chi s’era rivolto a lui.                                 Alcuni passaggi del suo verdetto lo fanno dubitare. Ad esempio, quello in cui descrive gli imputati schierati «gli uni, i fratelli Leone, per vendicare l’onore della gallina, gli altri, i coniugi Lauria, per vendicare la morte immatura del gallo spento durante un amplesso di amore, tolto dal suo pollaio alle carezze delle sue galline». O quando riflette sul fatto che l’accaduto non «insegnerà al sacerdote Leone che è vano difendere l’onore delle proprie galline nel paese di Gorgoglione, ma dirà al magistrato di quanti pettegolezzi sia stato causa l’amore di un gallo che con il suo canto voleva far intendere ai Gorgoglionesi tutta la bellezza di un amore non mercenario». E ancora, parlando del danneggiato che non avrebbe voluto che «il re del suo pollaio (…) sciupasse le sue energie con galline estranee, e se l’era ritrovato «moribondo che starnazzando le ali e roteando le pupille morenti chiedeva vendetta».                     Vero è che il pretore non è il solo cultore delle battute a effetto. Infatti la zuffa era nata da questa risposta del gallicida ai danneggiati:«Se i padroni fossero stati educati, anche il gallo lo sarebbe stato». E anche alla guardia municipale inviata a chiedergli un risarcimento, aveva risposto che nulla doveva perché il gallo «attuava con una [sua] gallina […] la teoria del libero amore, non in un’alcova profumata, ma in luogo pubblico».

III. La vicenda aveva dato di che parlare per qualche giorno agli abitanti del piccolo centro del Materano e certo il motivo che l’aveva originata era piuttosto bizzarro. Il danno, gli insulti (valutati entrambi ottanta lire) e le botte erano invece concreti elementi di cui quotidianamente si discuteva e si discute nei tribunali. Ai quali però, e non solo a Gorgoglione e nelle migliaia di Gorgoglione presenti nel mondo, spesso sono state poste questioni i ben più bizzarre di quelle del gallo intemperante.               Come  quelle evocate nel novembre 2007 dal Corriere della Sera con un articolo intitolato  «Le cause strane: anche Dio a processo» nel quale un grande avvocato inglese ricordava una serie di controversie di cui era venuto a conoscenza.          Eccone alcune.                                                                                                        Un americano aveva fatto causa a una rete televisiva locale, accusandola di essere responsabile dell’obesità della moglie e della dipendenza dalla televisione del figlio.  Una signora brasiliana ha fatto causa al suo partner perché non le faceva mai raggiungere l’orgasmo.                                                                                        Una donna del Massachusetts è stata citata in giudizio per aver causato la frattura del pene del suo partner durante un rapporto sessuale non convenzionale.                     Un detenuto rumeno ha fatto causa a Dio per non averlo tenuto lontano dai guai, come promesso nel suo battesimo.                                                              Un’astrologa russa ha fatto causa alla NASA, accusandola di aver sconvolto l’equilibrio dell’universo con la missione spaziale Deep Impact.                                                 Un cinese ha cercato di vendere la sua anima online, facendo sorgere una controversia lulla proprietà del suo spirito.                                                                                 Un americano ha fatto causa alla città di New York per le lesioni subite quando un water è esploso in un bagno pubblico.                                                               Questi i fatti, non rimane che chiedersi come li avrebbe commentati il nostro pretore se avesse dovuto sottoporli al vaglio della sua sapienza giuridica. Chi scrive ha cercato di togliere all’episodio la nota di strapaese che lo caratterizza dandogli un titolo tratto da una lingua che non conosce. Grazie, Google. Sarà bastato?

Cristoforo Magistro
Cristoforo Magistro
(Montescaglioso 1949), è laureato in lettere e ha insegnato Italiano e Storia nei corsi di scuola media per adulti a Torino. Appassionato di storia regionale, si è interessato al brigantaggio, all’emigrazione transoceanica, alla figura di Francesco Saverio Nitti, al fascismo e alle lotte per la terra del secondo dopoguerra. Vari suoi saggi e articoli si possono leggere sulle riviste Bollettino Storico per la Basilicata, Basilicata Regione, Mondo Basilicata e su libri di autori vari (Soveria Mannelli 2008: Villa Nitti a Maratea. Il luogo del pensiero; Torino 2009: Dalla parte degli ultimi. Padre Prosperino in Mozambico; Potenza 2010: Potenza Capoluogo (1806-2006)). Ha curato inoltre mostre foto-documentarie sull’emigrazione italiana, sugli stranieri in Italia, sulla vita e l’opera di F. S. Nitti, sulle donne al confino e sul confino degli omosessuali nel Materano. Quest’ultima è stata presentata finora in una quarantina di città e ultimamente a Firenze e a Cagliari nelle sedi regionali. Ampliando la ricerca sul suddetto o tema ha poi pubblicato il libro Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali in Lucania (ombrecorte, Verona 2019) andato presto esaurito. Ha poi svolto un’ampia ricerca sugli stupri commessi nella regione negli anni del grande brigantaggio  e sui femminicidi e gli omicidi commessi da donne. L’una e l’altra sono in speranzosa attesa di pubblicazione.
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