martedì, 22 Aprile , 2025
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Quella ”Goccia” che ha fatto traboccare prospettive e scelte per la città

L’argomento sul posizionamento di sculture, opere di arte moderna, è stato sollevato a Matera in varie occasioni (Da Azuma a Dalì ad Andrea Roggi )e con tutta una serie di osservazioni, polemiche, risposte anche piccate che hanno lasciato le cose come stavano all’insegna della domanda ”…Ma non si poteva fare una scelta? E perchè sempre nei rioni Sassi o al Piano ? E le periferie…che hanno bisogno di attenzione, visto che hanno bisogno di un pizzico di identità?” Osservazioni giuste che tirano dentro il dibattito sul ”disegno” di città, legato alla storia di Matera che a conti fatti avrebbe e ha bisogno di scelte ponderate e non della logica del ”purchè si faccia…” E qui l’intervento dell’architetto Giovanni D’Alessandro, cognome pisticcese, ma che conosce e vuol bene a Matera come pochi,sulla collocazione di opere arte moderna offre ulteriori spunti a un dibattito che stenta a decollare, per l’assenza nei luoghi istituzionali di figure che abbiano la stessa sensibilità. L’argomento riguarda la goccia di Azuma, trattato in una relazione datata 2012, che contiene riflessioni sulle politiche urbane ed urbanistiche adottate nella gestione della città e del territorio.E ancora una volta, come già accaduto per le riflessioni sul Parco rupestre alla luce delle leggi europee di tutela, esprime concetti finalizzati alla definizione della qualità globale dello spazio urbano . Argomenti che meritano una ”riflessione pubblica” con l’apporto di figure autorevoli, anche esterne, per contenere ed evitare le derive di questi anni.

LA ”GOCCIA” CHE HA INONDATO PIAZZA RIDOLA

Palazzo Lanfranchi, a Piazza Ridola, è la massima espressione dell’architettura del
Seicento a Matera. La facciata, in cui si condensano più che altrove gli stilemi
dell’architettura seicentesca e settecentesca, ha la funzione di “quinta” edilizia, tutta
rivolta alla fondazione di una Nuova Città del Piano, deputata a chiudere
l’interessante antistante spazio urbano di forma triangolare, del quale solo
recentemente ne è stata ridefinita l’urbanità.
Composita nella sua impostazione architettonica, adornata da quattro statue
collocate in nicchie simmetriche rispetto al portale d’ingresso, la facciata di Palazzo
Lanfranchi, come l’antistante area, delimitata dagli edifici perimetrali che ne
determinano la struttura spaziale, sono un momento essenziale nella definizione
artistica, estetica, culturale, urbanistica, sociale del cuore di Matera.
La domanda è: possono questa facciata e la piazza, sopportare episodi che, seppure
di grande pregio artistico, ne alterano l’equilibrio architettonico, ne mutano anche
drasticamente lo spazio fisico?
La domanda nasce dalla vicenda di MU 765 G, ormai nota come “La Goccia”.
L’affascinante scultura di Kengiro Azuma, donata dalla regione Basilicata alla Città di
Matera e posizionata dinanzi alla facciata di Palazzo Lanfranchi, copre interamente il
portale della seicentesca Chiesa del Carmine, inglobata nel Palazzo, acquisita dalla
cultura nazionale e parte del sistema turistico-culturale, con il suo magnifico portone
ligneo sul quale sono scolpite le allegorie della Giustizia, della Fortezza, della
Temperanza, della Prudenza.
Il posizionamento della Goccia, come balance architettonico quasi a volere
equilibrare l’asimmetrica facciata, non è indolore.
Al contrario, implica un drastico spostamento del punto di vista dell’osservatore, una
distrazione percettiva, una forte dislocazione del pensiero.
A scanso di equivoci, diciamolo chiaramente: le città devono arricchirsi di opere
contemporanee, comprese le città che vivono di tradizione e fanno della tradizione
(storica, architettonica, artistica, antropologica) un valore.
Non bisogna rifuggire il nuovo, non bisogna temere la modernità ma confidare in
essi. Il moderno deve dialogare con l’antico e non contrapporvisi, avere la capacità di
stimolare una sfida del tempo, una dinamica della storia, un gioco di confronti e
rimandi che è scommessa culturale ma anche metafora della vita, della sua
evoluzione.

La Goccia di Azuma, in questo senso, è un’opera perfetta. Viene da lontanissimo (il
Giappone) ma anche da “vicino” (il turismo giapponese a Matera). E’ intellettuale ma
possiede anche una sua immediatezza di lettura per chiunque (l’acqua, la pioggia, la
vita). E’ contemporanea e astratta ma dice anche qualcosa che sembra appartenere
a tutti, a ogni tempo, a ogni luogo.
Azuma lo ha anche spiegato: La “Goccia” è portatrice dei motivi fondamentali
dell’esistenza, l’acqua che cade, la terra fertilizzata, i frutti che ne nascono, il vapore
che si fa nuvola e torna a farsi pioggia. Il ciclo della vita, passata, presente e futura.
La Goccia di Azuma bagna Matera di grande arte e speranza di futuro.
Sì, ma perché posizionarla dinanzi Palazzo Lanfranchi? Perché coprire lo splendido
portale della Chiesa del Carmine? Perché in Piazza Ridola?
L’impatto che l’opera di Azuma produce è potente e in nessun modo eludibile.
Sposta lo sguardo del visitatore, copre una vista, cattura e devia le attenzioni.
E’ una goccia che inonda, muta lo spazio fisico. Certo, si potrebbe obiettare che
proprio in questo consiste il gioco (talvolta violento) tra antico e moderno: nel
modificare e in qualche modo tradire una “tradizione”. E che, dunque, il destino di
un’opera storica (ad esempio il portale della Chiesa del Carmine) è anche di subire la
storia, la storia sopraggiunta, purché questa sia animata, così come la Goccia di
Azuma, dalla profonda intenzione dell’arte.
E qui, tuttavia, si apre un secondo discorso, quello della concentrazione delle opere
d’arte in pochi spazi urbani.
Quanti luoghi di Matera avrebbero goduto (potrebbero godere) dell’inondazione della
Goccia di Azuma? E’ invece prevalsa, ancora e sempre, una politica urbanistica
centrista, che condensa gli interventi all’interno del nucleo storico centrale e tralascia
il resto della città (quella, in un certo senso, autentica, o comunque altrettanto
autentica). Cosicchè il resto della città langue, senza il minimo tentativo di diffusione
dell’arte, mentre invece vorrebbe e potrebbe vivere di nuovi impulsi culturali.
La città periferica, la città “altra”, fatta di luoghi urbani che, loro malgrado, appaiono
sterili ma che potrebbero essere fertili. Aree urbane vittime del disagio, dell’
abbandono o di interventi non sempre riusciti; luoghi vissuti come “non luoghi” e visti
come “cultura dell’inaccettabile”, che saprebbero invece acquistare dignità formale e
funzionale e che comunque reclamano un diritto alla qualità estetica.
Insomma, luoghi che potrebbero nascere, rinascere, fiorire, riqualificarsi.
Cosa, se non una goccia d’arte così preziosa come l’opera di Azuma, per fertilizzare
questi luoghi?
La vicenda della Goccia di Azuma tradisce una visione “centro-centrica” che non
funziona più, in una città e in un mondo intero che reclamano un recupero della
comunità nel suo complesso, una diffusione più armonica, un coinvolgimento attivo.
Chi governa deve sentire la necessità culturale di non ammettere né casualità, né
incongruità in qualsiasi zona della città. Deve progettare lo sviluppo sociale,
culturale, di concerto con la comunità.
Anche per questo l’arte contemporanea è arte preziosa. Perché offre un’occasione di
pensiero urbano, perché si presta a reinventare la città, a darle nuova linfa.
Allora, piuttosto che un luogo già fertile come Piazza Ridola, la Goccia di Azuma
potrebbe bagnare altri luoghi. Luoghi altri. Ne godrebbero tutti assieme: Matera,
Piazza Ridola, Palazzo Lanfranchi, il portale della Chiesa del Carmine, i “luoghi altri”
della città e la stessa Goccia di Azuma, ben più soddisfatta nel suo bisogno
essenziale e originario di dare vita.

IL GIUDIZIO DELL’INGEGNER PIERGIORGIO CORAZZA
Credo anche io come Gianni D’Alessandro che non sta bene quella macchia scura della “goccia” di Azuma davanti a Palazzo Lanfranchi.

Non sono un’ammiratore di quell’opera che secondo me disturba la bella e raffinata facciata di Palazzo Lanfranchi.

E poi non mi sembra una “goccia”. Piuttosto una bomba

Azuma è stato un pilota kamikaze nella guerra e nel subconscio aveva le bombe non le gocce.

PierGiorgio

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1 commento

  1. Andrebbe messa più al centro della piazzetta in modo da non interferire sulla facciata ma ritengo che sia ottima soluzione questa location. L’antico che ospita il contemporaneo è molto fashion e la goccia ( non le pseudo sculture di Dali ) è direi avvincente bella. Una delle poche cose belle della città negli ultimi anni

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