lunedì, 9 Settembre , 2024
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Pasolini a Matera

Pasolini a Matera. Il Vangelo secondo Matteo cinquant’anni dopo. Nuove tecniche di immagine: arte, cinema, fotografia.

La mostra è bellissima. Affascinane il percorso nelle stanze del Museo e avvincente la trama narrativa della esposizione che ha gran cura di intrigare il visitatore in un periplo di immagini e suoni e interrogativi e rivelazioni suggestive. Bravissimi. Dalla locandina ai manichini, dalle proiezioni ai monologhi, dalle nicchie illustrate alle diapositive, l’attenzione si posa sulle cose note per scoprire notizie sfuggite, evaporate col tempo o mai approcciate. Un vecchio film, un pezzo d’arte, si scopre contenere altre arti, la figurativa, la pittorica e musica e poesia e letteratura e poi sociologia e maieutica. E politica. Una manifestazione straordinaria.

Pasolini era un artista a tutto tondo, una sorta di Leonardo della comunicazione artistica e il suo pensiero rivoluzionario è di quelli che disturbano il potere costituito, il conformismo borghese, la mediocre quotidianità delle comunità omologate al piattume del consumismo, quale solo modello di vita riconosciuto.

Suona per questo molto strano che Matera si metta a celebrare Pasolini.

Pasolini era ateo e anticlericale, contrario alla Chiesa, riteneva le gerarchie ecclesiastiche rovina del mondo e il clero responsabile di costringere il popolo in un perenne stato di rassegnazione verso le ingiustizie, così che la fede si riduce meschinamente a essere passività e ignoranza. Pasolini ritiene i preti responsabili della corruzione dello spirito religioso che genuinamente alberga nel popolo.

Per i contenuti delle sue opere di aperta ed esplicita ribellione al consumismo piccolo borghese e all’ipocrisia della morale cattolica, fu perseguitato all’uscita di ciascuna delle sue opere, sino a essere processato per vilipendio della religione di Stato, condannato a 4 mesi di reclusione, denunciato per offesa al comune senso della morale; ogni suo libro era additato allo scandalo e quasi tutti i suoi film furono sequestrati da zelanti pretori che agivano su pressione costante delle Curie e della Chiesa che mal tolleravano quei contenuti e lo stile di vita dell’autore.

Addirittura a Matera nel 1975 non fu possibile visionare nelle quattro sale di proiezione il suo ultimo film, “Salò, le 120 giornate di Sodoma” e si diceva che fosse la Curia a non consentirne la proiezione: fummo costretti ad andare a vedere il film a Bari, cinema Ferrovieri, e poi ad Altamura. A Matera non fu mai proiettato. Come del resto diversi altri film non ebbero il placet della Curia, compreso (di certo non un capolavoro) “L’albero di Guernica”, benché girato proprio a Matera.

E ora, mezzo secolo più tardi, Matera celebra Pasolini. Certo, attentissimi gli organizzatori a circoscrivere la mostra al solo Vangelo: omettendo tutto il pensiero del grande PPP,  hanno avuto anche la partecipazione della Curia alla proiezione del film che invece all’epoca era stato accolto con irato scandalo dal conservatorismo clericale e della destra e con distacco dalle gerarchie cattoliche che non potevano certo apprezzare un film su Gesù girato da un ateo militante quale era Pasolini.

La bellissima mostra, che è stata meritoriamente apprezzata in tutta Italia, è un evento importante e positivo che lascia sperare in una crescita del tessuto culturale della nostra città.

Il pensiero, l’arte, la vita di Pier Paolo Pasolini furono quotidiana militanza anticonsumista e contro la mercificazione delle donne e degli uomini, dei loro corpi, dei sentimenti e anche della fede. C’è da auspicarsi che questa città che anno dopo anno si riempie di presepi di cartapesta, presepi di cartone, finanche presepi sott’acqua, e presepi viventi organizzati dai mercanti per attirare genti a spender soldi nelle loro futili botteghe, rilegga i film di PPP, tutti, e impari ad aprirsi a orizzonti culturali meno asfittici.

Matera,  che a furia di ospitare pellicole evangeliche, ogni primavera trasforma la Murgia in un Golgota fantasmagorico e ridicolo, se non blasfemo, dovrebbe davvero rileggere gli “Scritti corsari”, le Poesie, “Il Caos” e infine “Petrolio” di PPP e magari ritrovare una propria nuova identità culturale.

Se la città non è più quella dei tuguri della civiltà contadina, non può oggi continuare a essere solo un “set” per cinema commerciale e di dubbia qualità, non merita di diventare un immensa rivendita di souvenir, magnetini, grattaschiena e collanine “ricordo di Matera”, non merita di rimanere prigioniera di mentalità prescritte e di provincialismi che si tramandano fra superstiti.

La nostra città merita di più.

 

 

 

 

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