A ricordare cosa continua a mancare nell’offerta culturale della Città dei Sassi è Michele Morelli che, in più occasioni, ha scosso testa, allargato le braccia, incazzandosi senza omettere nulla, sul perchè? e per come? si continuino a fare passi indietro, senza riflettere una buona volontà sui motivi di una crisi di programmazione, di contenuti, che ha un ”peccato originale” nella mancata attivazione di politiche di ”welfare culturali”- per usare un anglicismo- ma che tradotto in italiano fa politiche sociali per la cultura. E il discorso va sui giovani, che continuano a emigrare perchè le opportunità per fare e crescere sono poche, sui contenitori finiti nei cambi di destinazione d’uso per finalità turistiche, che restano inutilizzati e che finiscono nel degrado. E Morelli, che in passato ha fatto esperienze amministrative, denuncia la scomparsa dall’Agenda di via Aldo Moro in particolare di piano e temi anche in relazione al nulla, o quasi, che si continua a non sentire per la campagna elettorale delle comunali 2025. Mediocrità, scarsa preparazione, assenza- piuttosto- di un disegno di città e di territorio. E, aggiungiamo, di cultura di impresa culturale. Morelli non poteva non dimenticare l’esperienza di Matera capitale europea 2019, ridotta a ben poca cosa sul piano gestionale e programmatico, e con un invito ”tradito ampiamente e volutamente” nonostante l’invito dell’ex presidente del parlamento europeo David Sassoli a presentare progetti e andare avanti. Ma è anche questione di uomini, di competenze.
Alla cultura, al welfare culturale (che non è il regolamento dei beni comuni inteso in maniera speculativa) servono competenze e lungimiranza, con una profonda conoscenza della storia della città. Questo al Comune. Alla Regione è anche peggio. La figura ”ufficiale” di assessorato alla Cultura manca del tutto. Ma quella è una scelta…
LE RIFLESSIONI DI MICHELE MORELLI
A distanza di alcuni anni dal grande evento di Matera2019 capitale europea della cultura, e di oltre un decennio dalla nomina, manca a tutt’oggi una lettura critica, con sufficiente distacco, di cosa è stato o non è stato, cosa resta “sul terreno”, sulla lezione che ne deriva e sul lascito di quella esperienza. E’ successo altre volte. Dopo aver consumato il pasto, dopo l’ubriacatura generale, si torna punto e a capo. Ma c’è anche il rischio di ripartire da posizioni o condizioni peggiori del passato. Dal 2019 ad oggi la città si ritrova con due teatri in meno, a causa del blocco dei lavori per la riqualificazione del Kennedy e dell’inagibilità del teatro temporaneo della Cava del Sole, utilizzato peraltro in pochissime occasioni, e non ha alcuna certezza sul futuro della Biblioteca provinciale Stigliani. C’è da chiedersi anche se e quante associazioni culturali presenti sul territorio abbiano fatto un salto di qualità dopo Matera2019 e sulla diffusione dei contenuti del dossier di candidatura.
Noto che anche questa volta, in clima di campagna elettorale, si procede con la chiama di quanti, in questa città, si occupano a vario titolo di “cultura”, attenti a soffermarsi sull’aspetto del consumo di cultura e quasi mai su quello della produzione, nonostante sul territorio operino diverse associazioni che hanno proprio questa mission. Nell’ultimo incontro promosso da una “neo associazione” la riflessione mi è sembrato ruotasse su 4 punti:
programmazione; armonizzazione; strutturazione degli eventi; ruolo della Fondazione Matera 2019. Semplifico: l’obiettivo principale rimane “l’offerta culturale”, l’attrattore ai fini turistici. La Fondazione 2019 appendice dell’ente di promozione turistica (non a caso la nomina del nuovo direttore è stata ricoperta da un ex amministratore dell’ Apt). Poco o nulla si è detto sul “welfare culturale”, che credo sia quello che manchi veramente e che forse non c’è mai stato nella nostra città, nelle dimensioni e nella qualità consone ad una capitale europea della cultura. Credo che debba essere tra gli obiettivi primari che l’Amministrazione comunale dovrebbe perseguire, al pari delle politiche sociali. Il tema delle “infrastrutture” culturali di base è strategico e non può essere eluso. “Infrastrutture” utili a favorire l’accesso dei cittadini ai processi culturali di base (centri sociali e socioeducativi, biblioteche, teatri e auditorium di quartiere, laboratori di musica, di arte applicate e audiovideo, di scrittura e recitazione… ). Ne parliamo da anni, se ne parla durante le campagne elettorali. Si assumono impegni e poi tutto finisce nell’oblio. Il piano sociale di zona (quello della prima stesura), che non riguarda solo la gestione del disagio, e il piano quadro sui sistemi culturali hanno rappresentato senza dubbio un primo tentativo sistemico.
Il primo ridotto, nel tempo, al “minimo sindacale”,è privo di strategie per la cura del benessere. Il secondo, che poteva essere un primo programma di riferimento per le politiche culturali, dopo l’approvazione in Consiglio comunale, è scomparso dall’agenda delle cose da fare. In questi documenti è possibile trovare una prima mappa del patrimonio pubblico che poteva essere messo a disposizione delle politiche sociali e culturali della città. Dai grandi contenitori strategici, sedi di istituzioni culturali (Sistema museale nazionale, Conservatorio, Archivio, Biblioteca …), ai piccoli teatri o centri di quartiere… In questi anni molti contenitori “pubblici” destinati a svolgere un ruolo nelle politiche di welfare sono stati privatizzati cambiando la destinazione d’uso. E così contenitori destinati ad accogliere attività culturali nel primo e secondo programma biennale dei Sassi sono stati privatizzati, senza alcun ritorno sociale, senza nessuna visione a favore delle politiche giovanili.
Le aree museali sono state ridimensionate o addirittura cancellate. La destinazione pubblica del palazzo Zicari (nella Civita) stravolta, cancellate le sedi e i progetti CAM (Centro Associativo Multimediale). Poi lo sfratto pretestuoso del Teatro dei Sassi dall’ex scuola Garibaldi e lo “scippo” della Casa Cava all’associazione Onyx Jazz Club. Faccio notare che lo stato comatoso della Casa Cava non è poi diverso dallo stato di abbandono dell’ex scuola di piazzetta Garibaldi. Credo che quanti si sono resi responsabili, direttamente o indirettamente, nelle diverse forme, dello sgombero del Teatro Sassi e dell’esproprio del progetto della Casa Cava debbano vergognarsi.
In occasione dello sfratto del Teatro Sassi, abbiamo prodotto la mappa e una prima riflessione sullo Stato dell’Arte delle politiche di welfare culturale. Da allora tutto è diventato più confuso.
Il tema ha una sua complessità e non ci possono essere semplificazioni. Raramente si affronta la discussione sul welfare culturale inquadrandolo tra gli indici della qualità della vita, che devono riguardare l’intera comunità e non soltanto qualche categoria, a partire dai giovani. Perché le connessioni tra welfare culturale e politiche giovanili sono evidenti se si pensa innanzitutto alle attività di prevenzione del disagio e al protagonismo di soggetti indicati quasi sempre molto vagamente come il futuro della nostra società.
Siamo invece di fronte, da più di un decennio, alla turistificazione dei processi culturali. Considerando cultura tutto quanto è “spettacolo”, senza distinzioni, e dimenticando o evitando di valutare le ricadute che non siano puramente economiche. Il che vuol dire trasformazione della natura stessa della città, sempre più sottomessa agli interessi speculativi.
