lunedì, 10 Febbraio , 2025
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Matera in Puglia? Una boutade (ma utile)

Finora non ho voluto prendere parola sulla iniziativa degli onn. Danzi e Di Maggio, che hanno proposto un referendum per il passaggio di Matera in Puglia. Sono convinto che non ci credono manco loro, tanti sono gli ostacoli da superare, di fatto insuperabili. Bisognerebbe, per esempio, vedere che cosa intendono fare i Comuni della Provincia di Matera. Anche loro faranno, uno per uno, un referendum? Bisogna anche vedere che cosa ne penserebbe tutta la corona di Comuni pugliesi, grossi, che ruotano intorno a Matera. Col passaggio di Matera in Puglia, verrebbe meno la Regione Basilicata. Pare poco? Intanto c’è chi, in Basilicata, insieme con Taranto e Comuni di Puglia, con Comuni della Campania, si batte per l’ampliamento della regione, troppo piccola per avere una ragione sufficiente per esistere.
Scendiamo sulla terra, cominciando dalla nostra Costituzione che, previde le Regioni contro il sostanziale parere dei padri della patria, che vedevano nelle Regioni lo sgretolamento di una Italia “una e indivisibile”. Contro le Regioni si espressero, tra le righe, e non tra le righe, De Gasperi, Togliatti, Nitti, Giustino Fortunato, De Sanctis e via elencando. Era tanta la incertezza sul valore delle Regioni, che la loro istituzione fu rinviata al 1970. Se ne impose la istituzione per ragioni soprattutto politiche, a sinistra. Con Emilia e Romagna, Marche, Umbria e Toscana, rosse, si collocava un cuneo nel potere totalizzante e ultraventennale della DC. E’ storia, questa.
Alla istituzione delle Regioni, soprattutto nel Sud, si accompagnarono contrasti violenti fra città della stessa regione. Furono violentissimi in Calabria, dove si impose un movimento eversivo di destra, che rispondeva al grido “Boia chi molla”. Si sa come andò a finire. Purtroppo delle Regioni, dopo la loro istituzione, si avvantaggiarono i capoluoghi, che presero tutto ciò che c’era da prendere, pacificamente al Nord e al Centro, ma non al Sud, sia per orgoglio municipalistico, sia per la concreta ragione che vede per ogni ufficio una possibilità di lavoro. Nel Sud, in genere, o si lavora in Regione, in Comune e in Provincia, o non si lavora e si emigra, o peggio. Si avverava quello che qualcuno – credo Lama – temeva, cioè che al centralismo romano si sostituisse il centralismo regionale. In Basilicata è avvenuto particolarmente da quando la nostra classe politica tutta si inventò o accettò il progetto “Potenza città-regione
Ovviamente i centri decisionali vanno a Potenza. Bisogna, però, che i consiglieri tutti, da Matera e da Potenza, si sentano veramente consiglieri e assessori regionali, super partes. Al tempo della esistenza dei partiti, riunendosi a Matera o a Potenza, i Comitati regionali indicavano linee per tutto il territorio. La scomparsa dei partiti ha fatto sì che ogni consigliere regionale si atteggi a rappresentante e tutore del proprio paese, ovvero del suo bacino elettorale.
Il problema del centralismo esiste a danno di tutta la nostra Lucania Basilicata, compresa Potenza, che ha visto svilupparsi un burocratismo elefantiaco, costoso e improduttivo. Non si può essere tutti impiegati di ufficio. La città ha perso il centro storico, attività agricole e soprattutto pastorali, l’economia dei boschi, l’artigianato, molto commercio. Ha perso persino la buona acqua, la propria storia, seppellita in parte dai terremoti, ma soprattutto da una edilizia soffocante.
Matera ha perso anch’essa gran parte del suo funzionale apparato produttivo, che le permetteva di pareggiare il conto con Potenza. Sono scomparsi, spesso a favore di Potenza, Genio Civile, APT, Camera di Commercio, Ispettorato dell’Agricoltura, Banca d’Italia, Enel; Acquedotto ecc.). A completare il quadro, è crollata la Valbasento, è fallita la Ferrosud, sono andati persi i pastifici, fabbriche di laterizi e salotti… La città langue, attaccandosi al turismo culturale, il meno fruttuoso e comunque soggetto al clima e ai venti dell’economia nazionale e internazionale.
La Regione ora è lontana; Potenza, a Matera, è odiata da stupide frange chiassose, che la dicono, per buona misura, senza cultura. In realtà la storia dice che Potenza ha più “storia” di Matera, condannata, secondo Carlo Levi, ad un immobilismo di secoli. Se si dice che Matera ha solo il Medioevo e la Controriforma, si dice tutto. Per averlo scritto in un prologo ad una Guida turistica di Potenza, a firma di Franco Villani, distinguendo le due città e valorizzandole per quanto nell’una e nell’ altra c’è da valorizzare, mi vidi ferocemente attaccato da fanatici “tifosi” di Matera capitale europea della cultura 2019. Non si capisce che nessuna Regione ha città uguali. Nella mia città, su cui ho scritto pagine e pagine di storia, a mia difesa fui costretto ad una denunzia alla Procura della Repubblica. La mia tesi era che nella diversità delle due città, ma anche dei singoli comuni, come Melfi, Rionero, Lagonegro, Maratea, Lauria, Venosa, Lavello, Policoro, è la ricchezza della regione. Ci si chiede che cosa Matera, negli ultimi trent’anni, ha proposto. Non si è mossa per la ferrovia dello Stato, ha introdotto un balordo sistema “rifiuti urbani” più costoso che a Potenza, ci ha regalato, per otto milioni di euro, una seconda stazione Fal ad un solo binario, non più che una navetta tra Matera e Bari, naturalmente poco più che deserta. Si è invaghita di sé stessa. Altro che capitale della cultura!
Se a Potenza, dunque, deve essere la programmazione del territorio, uffici e servizi regionali possono, tuttavia, misuratamente essere decentrati sul territorio. Una volta la Basilicata aveva quattro Distretti: Potenza, Melfi, Lagonegro e Matera. Era intelligente Carlo III di Borbone, che, insediatosi nl 1735, volle farsi un giro a cavallo e in carrozza per l’intera regione, di questa chiedendo, a personalità illustri, un dettagliato studio. Oggi, gli strumenti, di cui si dispone, permettono di lavorare in smart working. Appositi “sportelli”, vere dépendances, rispondenti direttamente alla Giunta e al Consiglio Regionale, possono, per cittadini lontani, essere punti di riferimento e di accesso per risolvere problemi anche importanti. E, comunque, per avere utili orientamenti. Impiegati regionali, che attualmente viaggiano da e per Potenza, possono essere collocati nei quattro centri appena indicati (Potenza, Melfi, Lagonegro e Matera), su richiesta o per trasferimento o per concorso. A Matera, è semivuoto l’intero Palazzo della Provincia, con residui impiegati passati alle dipendenza della Regione. Che funzione hanno? Che lavoro svolgono a Matera pro Regione? Non si dimentichi che, a Matera, a disposizione per uffici e impiegati regionali, ci sono immobili inutilizzati, quali il Genio Civile, la ex Università, la scuola Alessandro Volta… Insomma, se si vuole, si può.
E’ l’unica via. Io volentieri farei a meno delle Regioni e, in alternativa, punterei alle Macroregioni. Ma è un sogno. La provocazione del referendum la leggo come una utile “irruzione” degli onn. Danzi e Di Maggio. L’importante è che non si parli per fumosi sistemi, da grandi maestri della politica che tutto sanno. I problemi si risolvono con buona pace di tutti e col buonsenso Si deve essere lucani, cittadini della propria città.

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