mercoledì, 26 Marzo , 2025
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I Colucci, pionieri della Matera in moto

Un sogno e tanta voglia di partire in sella a una moto di grossa cilindrata, come era la Kawasaki di mezzo secolo fa. E una famiglia materana ,i Colucci, ne sono stati i protagonisti, creando un proprio marchio ” centro moto Colucci ” destinato a fare strada e scuola. Aprirono con tanta passione ,pochi soldi, un negozio in via Lucana e una officina dall’altra parte della strada, accanto all’ex Giardino Porcari. A raccontarcela un ”ragazzo” di quegli anni, Mario, con gli occhi lucidi per quello che con i suoi fratelli Michele,Nicodemo, Emanuele, riuscì a concretizzare partendo dai box… con un arredo essenziale, un paio di moto, un banchetto scrivania, lo scaffale dei ricambi e nessuna insegna esterna, ma con una scritta lineare e visibile in vetrina.
” Era il 1975 – ricorda Mario- e riuscimmo ad alzare la saracinesca di una attività che avevamo fortemente voluto. Tutti avevamo la passione per la moto, a cominciare da Michele, il maggiore dei fratelli che contagiò tutti, me compreso. Partimmo con tanta umiltà, senza una lira o quasi, in un locale di via Lucana n.152, ma credevamo fermamente in quello che stavamo facendo. Abbiamo portato avanti quel progetto insieme, perchè l’unione fa la forza, fino ad alcuni fa e che poi ho mandato avanti da solo,trasferendo quella stessa passione ai miei figli .Domenico ha bruciato le tappe finendo con il disputare le gare, in sella a una Ducati come pilota ufficiale. Del resto sin da piccolo aveva respirato l’atmosfera dei motori, delle moto, coltivando una aspirazione che si è poi concretizzata. Aveva 14 anni quando divenne campione italiano della classe 600 cc . E 14 anni erano pochi, quando ancora la Federazione stentava a far gareggiare i giovanissimi nelle prove libere. Noi, e lo dico con fierezza, siamo stati i primi ad abbattere il muro del limite di età nella Federazione motociclistica italiana. Paradossalmente Domenico poteva fare le gare, ma non i test di allenamento. Riuscimmo a superare quello scoglio che ha consentito poi a tanti giovani di mettersi in luce. Finchè un giorno non ricevemmo una telefonata da Ducati , oltre 20 anni fa, che annunciava la nascita del Ducati Junior Team e per Domenico iniziò una avventura , tanto da seguirlo un po’ ovunque. Lui salì via via di categoria. gareggiando con le 1000 e in vari circuiti internazionali dei Grand Prix”. Noi e tanti appassionati lo ricordiamo per una ”sgassata” lungo via Aldo Moro, in occasione della presentazione a Matera, con dirigenti e piloti della casa madre, della nuova 1098R Ducati, che avvenne il 2 marzo 2008 all’Hotel san Domenico.

Per la Città dei Sassi fu uno spot formidabile e con un testimonial materano, che è stato il nostro ambasciatore in Italia e all’estero. ” La prima trasferta delle gare fu nel 2006 in Spagna- ricorda Mario Colucci. Poi Domenico è stato collaudatore per le moto della Ducati, come la casa bolognese di Borgo Panigale fa con i suoi piloti sulla pista del Mugello. E io dovetti seguirlo, con piacere, perchè era minorenne. Del resto la passione trasmessa in famiglia continuava in pista, nelle gare, quello che i Colucci portavano nel cuore. Ha fatto una bella carriera finendo di correre nel 2011. E’ stata, la sua, una esperienza intensa che è servita non solo a noi, ma a portare Matera nel mondo. Ricordo che molti non sapevano dove fosse e impropriamente ci scambiavano per Madera ( Portogallo) e noi, per inquadrarla geograficamente, precisavamo che era vicino a Bari…Con Matera 2019 questo equivoco è finito. Nei 50 anni della Colucci e del Centro Moto Colucci Ducati Matera, che inaugureremo il 15 febbraio, c’è anche questo” . Un marchio ripreso da Domenico che ha voluto per il nuovo progetto e questo ha commosso e inorgoglito non poco papà Domenico, che porta dentro quanto fatto in passato (anche con sulle quattro ruote con la Saab e insieme ai fratelli presso il punto vendita di via Nazionale) e che oggi è in continuità con il presente e con il futuro.
” Domenico- racconta il 72enne Mario- un giorno mi ha espresso il desiderio di riprendere il vecchio nome del Centro Moto Colucci, ricordandomi che il nostro cognome è conosciuto per quanto ha fatto nel mondo dei motori. La cosa mi ha inorgoglito per la sensibilità di Domenico, che ha voluto ricordare e valorizzare quanto ha fatto la nostra famiglia 50 anni fa e negli anni a seguire. E in questi di giorni di preparazione per la nuova avventura con Ducati, presso la sede ubicata lungo la statale 99, noto che non ho un minuto di pausa. Mio figlio mi ha dato una nuova meta, un altro traguardo da tagliare. Lo faccio volentieri,senza risparmiarmi. Del resto non mi piace stare fermo. E’ un nuovo progetto. E’ una necessità e questo aguzza l’ingegno. Ho voluto dare il massimo sempre in tutte le iniziative che ho avviato e fatto crescere, sostenuto dalla volontà di fare sempre meglio”. E qui parla la storia di Mario che, proprio, come un centauro dosa bene le curve e non esita a dare una accelerata per raggiungere il traguardo.

” Sono un perito elettrotecnico- racconta Mario- diplomato al Tecnico Industriale ” G.B Pentasuglia”, quando la sede era in via San Pardo- e anche appassionato di atletica. Andavo al campo scuola, con Primo Sinno, e correvo i 100 metri con un tempo di 11′ 2” sulla terra battuta. Lo sport mi ha aiutato tantissimo per raggiungere anche gli obiettivi della vita. Quando alla fine della scuola con mio fratello maggiore ci venne l’idea di investire nel mondo dei motori scoprii quanto era importante conoscere un po’ di economia, di ragioneria per gestire un progetto, una attività. E lì è stata una avventura unica . Nel 1987 nasce Annarita, che oggi si occupa e con ottimi risultati di teatro, e tra me e me dissi che dovevo conoscere, a tutti i costi, come funziona un’azienda e che dovevo imparare qualcosa di ragioneria. Tra i miei clienti c’era il commercialista Renato Gucci, al quale vendetti una Kawasaki 400, e gli chiesi : ” Professore, mi fai capire un po’ di ragioneria?”. E lui, ogni volta, che facevo il tagliando alla moto, nell’officina di fronte al negozio di via Lucana, mi spiegava il ‘dare e avere’ della partita doppia , il metodo di tenuta delle scritture contabili. La cosa mi entusiasmò e decisi di impegnarmi per prendere il diploma da ragioniere. Mi organizzai andando a lezione da vari professionisti ,tanto da presentarmi agli esami come privatista. Quel giorno all’ Istituto tecnico commerciale il professor Tatone di Bari, tra le varie domande a cui risposi, mi chiese per quale motivo avessi deciso di prendere il diploma? essendo sposato e imprenditore. .Risposi che lo facevo per conoscere come deve funziona una azienda e per crescere professionalmente. E lui annuendo rispose con un ” Bene!” . Andò poi al sodo chiedendomi come mi sarei comportato con 100 milioni di lire da far investire per tanti clienti. Non ebbi esitazioni e risposi con un esempio, citando la frase riportata sul mosaico realizzato dall’artista materano Ginetto Guerricchio nella Banca Popolare del Materano. ” Poco a molti, non molto a pochi” riportava quella massima, riferita al denaro prestato a famiglie, imprenditori e aziende per portare benessere alle comunità e al territorio. Per farla breve , in base a frazionamento del , preferivo dare 10 milioni di euro a dieci persone e non a una sola, che potrebbe fallire non riuscendo a portare avanti un progetto, un investimento.La risposta concluse l’esame. E il professor Tatone, guardando gli altri componenti della commissione, disse che per lui il signor Mario Colucci era un ragioniere…” L’esame finì lì e mi diplomai”.

Non è stato il solo obiettivo raggiunto dall’imprenditore ragioniere , lavorando sodo e con non pochi sacrifici. Mario è uno che coltiva sogni da concretizzare. E un altro, come tanti ragazzi della sua età, fu quello di acquistare nel 1974 la sua prima moto. Una Kawasaki 500 mach 3 detta ”la bara volante” e ci spiega il perchè di quella nomea e come sia riuscito a comprarla. ” Bara volante- dice Mario Colucci- perchè i giapponesi avevano costruito una moto contro la loro filosofia, ma che gli americani per le loro esigenze avevano imposto di realizzare. Serviva una moto da accelerazione, cattiva, che si impennava per percorrere strade larghe, come è negli States, da un incrocio all’altro. Una moto costruita con un avantreno leggero e con una accelerazione che partiva…e faceva sognare. Io me ne innamorai e decisi di comprarla, mettendo da parte i soldi per farlo. D’estate lavoravo con i muratori e cominciai a fare il salvadanaio. … come si dice dalle nostre parti. Durante l’anno lavorai anche come lavagista e custode dei bus della Camerf, la società privata di trasporto urbano, presso il deposito del rione Piccianello. Capitò per caso. Il papà di un mio amico, Giuseppe Coretti, che aveva l’appalto per quel lavoro, si era ammalato e io e suo figlio decidemmo di sostituirlo ma senza comunicarlo all’azienda. Gli autisti avevano apprezzato il servizio puntiglioso e alcuni di lroo aveva anche chiesto alla dirigenza se avessero cambiato l’appalto, visto che avevano notato due ragazzi e non l’anziano custode. Noi, comunque, continuammo a lavorare e a presidiare il deposito per tutta la notte, finchè una volta non vennero presidente e il suo ragioniere che ci sorpresero nel ”gabbiotto” dell’autorimessa, dove stavo studiando elettrotecnica, perchè studente dell’Istituto tecnico industriale. Fummo sorpresi da quella visita, intorno alla mezzanotte, e alla domanda ‘’cosa facessimo lì ?’’ mi inventai la scusa di una sostituzione temporanea del custode titolare. Confesso che avevamo, avevo timore della piega che la vicenda poteva prendere. E loro,i dirigenti della Camerf, senza mezzi termini ci invitarono a non raccontare bugie, perchè sapevano tutto, e che il mio naso si stava allungando…Finì bene e sia io che l’amico fummo confermati per il lavoro di lavagista, ma non dovevamo più restare la notte in deposito. Immaginate la gioia. Il compenso era di 80.000 lire al mese, da dividere in due, e 50 anni fa era una bella somma, solo per lavare gli autobus bicolore verde e beige. Fu un sollievo. Ci pesava stare in piedi tutta la notte, fino alle 5.00. I miei genitori,poi, mi chiedevano perchè lo facessi, visto che non portavo soldi a casa. C’erano un sogno e un obiettivo da raggiungere. Quei soldi servirono, mese dopo mese, a comprare la moto per 1.260.000 lire . La tenni per un anno e mezzo e poi dovetti venderla, perchè con i fratelli avevamo deciso di aprire punto vendita e officina Colucci in via Lucana, che richiedeva un fitto di 30.000 lire al mese. Non avevamo molti soldi e dovevamo mettere ‘’qualcosa ” dentro al negozio. Così decise di mettere la mio moto in esposizione e un amico aggiunse, in prestito, anche la sua , sempre una Kawasaki. Poco dopo la mia trovò un acquirente e se ne andò un pezzo del mio sogno. Ma dissi a mè stesso che, un giorno, l’avrei ricomprata. Obiettivo raggiunto due anni fa” .

Commozione inevitabile per Mario e un sogno che si concretizza per la seconda volta. La moto era in Puglia, ridotta a un rottame o quasi. Ma valeva la pena, eccome, restaurarla senza badare a spese. Un lavoro lungo, paziente, minuzioso fino a restituirla all’ antico splendore di una cinquantenne che con il rombo del motore ha intenerito non poco il ‘’sempregiovane’’ centauro materano . Manca solo la ciliegina sulla torta, con il ripristino dell’antica targa MT… Matera da dove era partita insieme all’avventura del Centro Moto Colucci, che continua. Mario ha deciso di rendere indissolubile quel legame , facendo incidere sul motore della rediviva Kawasaki il suo nome e cognome. Insieme per sempre e con una accelerata che investirà un altro sogno -progetto. ” Quest’ anno – conclude Mario- vorrei realizzare, insieme a Domenico, il progetto di una scuola di formazione sul motorismo che coinvolga i giovani. A loro occorre mostrare che è possibile impegnarsi, crescere in un settore che può dare soddisfazioni e in un team, come il nostro, o scegliendo di mettersi in proprio. Altrove queste esperienze sono diffuse: buon esempi, buone pratiche che servono per lavorare con il supporto della passione, come abbiamo fatto noi. E poi ci sono anche gli over 50- 60 e passa che da piccoli avevano sognato di andare in moto o di comprarla,ma non hanno potuto farlo. La scuola servirà anche a queto. Potremo dare loro la possibilità di guidare una moto in sicurezza e nel rispetto del Codice della Strada. Domenico, per la esperienza di pilota che ha maturato è la persona giusta per farlo. Andare in moto riserva soddisfazioni, soprattutto quando si ha la possibilità di apprezzare il paesaggio. Esperienza unica, che ho provato, sentendo l’odore della natura quando la visiera del casco è aperta”. A velocità ridotta e con motore termico, naturalmente.

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