Egregio Professore, innanzitutto in merito al tono “solenne” della mail mandata a Vito Bubbico, chi l’ha spedita materialmente è stato qualcuno dei responsabili dell’associazione “infrastrutture e mobilità nel materano” di cui io sono un semplice membro che non gestisce i rapporti con la stampa. Il mio testo è stato semplicemente allegato a quel messaggio. Tra l’altro, come vede, avendo un account su questo sito avrei potuto pubblicare direttamente il mio testo senza passare da Bubbico. Concludo la premessa aggiungendo che non ci conosciamo personalmente, io sono un laureato in Scienze Politiche Internazionali che si è laureato nel 2011 con una tesi sul 21 settembre 1943.
Venendo al sodo, il mio “controarticolo” è una risposta a quanto pubblicato non direttamente da lei ma da Basilicata24.it che però attinge a piene mani dalle sue tesi in merito al 21 settembre, quindi non ho fatto alcun “primo passo falso”.
Lei seguita nella sua difesa d’ufficio di von Schulenburg dando a me del lambrosiano perché lo definisco un criminale matricolato (non “di natura” come lei ha riportato, ma sarà certamente un refuso in buona fede), evidentemente considera anche la strage di Pietrasantieri un “incidente di guerra”, capitata per caso, forse addirittura per colpa dei cittadini italiani che non hanno ubbidito sufficientemente ai tedeschi. Peccato però che la definizione di criminale di guerra (schedato e, appunto, matricolato) non è mia ma delle autorità investigative militari alleate che avevano accertato le sue responsabilità durante le fasi dell’operazione Achse.
Poi chi ha mai parlato di un particolare movimento antifascista materano durante il ventennio? Io non ne ho fatto menzione nel mio testo ma ho detto una cosa diversa e molto precisa: il movimento antifascista armato non è soltanto quello dei gruppi organizzati e inquadrati politicamente e militarmente ma anche quello del popolo sorto durante e a causa della guerra. Visto che mette in discussione addirittura l’esposizione e la grammatica di quello che gli altri scrivono dovrebbe preoccuparsi di interpretare correttamente un testo e non mettere in bocca agli altri cose che non hanno detto o inventarsele di sana pianta, cosa che non fa onore a chi si definisce “storico”.
Inoltre, prima di dire che “non so o non cito”, le dico che tra la grande mole di materiale che ho consultato per la mia tesi c’è anche il suo libro quindi l’episodio della bottega del barbiere, il ferimento del capitano Cozzella e la provenienza dei detenuti della milizia li conosco bene (è tutto presente nella mia tesi) ma stavolta non li ho citati perché non aggiungevano nulla a quanto il mio testo voleva dimostrare e ha effettivamente dimostrato.
Aggiungo una nota personale: abito in Toscana da quindici anni e ho incontrato personalmente ex partigiani tramite l’Anpi e tutti hanno plaudito all’assegnazione della medaglia d’oro al valor civile alla nostra Città, anche dopo aver letto la mia tesi. Ma evidentemente loro non hanno la sua stessa autorità nel dare patenti di Città della Resistenza. Forse esiste un numero minimo di morti da raggiungere per ricevere questo titolo? Quanti materani dovevano perire insieme a Rutigliano e Beneventi? Se c’è una regola scritta su questo ammetto di non conoscerla oppure è un criterio che ha stabilito lei?
Mi chiede infine se secondo me esistono tedeschi buoni, alludendo a una mia presunta germanofobia. Sgombero il campo da ogni dubbio: sì esistono, tra i miei tedeschi preferiti c’è un filosofo/economista di Treviri vissuto nell’Ottocento, pensi un po’, ma a parte questo i tedeschi hanno fatto i conti con la storia molto più di noi italiani. Sicuramente oggi in Germania la seconda carica dello Stato non si chiama Ignazio Adolf La Russa.
Ribadisco che quando vuole possiamo confrontarci pubblicamente sul 21 settembre.
cordialmente
Francesco Salerno
In un passato lontano ho scritto per tre giornali (due quotidiani e un settimanale) tra Toscana e Basilicata finché stanco di essere sottopagato o lavorare gratis ho mandato al diavolo il giornalismo. Oggi, quando capita e per diletto, mando qualche pezzo “in giro” sul web.