Un termine calcistico che allunga i tempi di riflessioni per una catena di parole, che si rincorrono, si attendono per una rima, una domanda o per bloccare sensazioni scappate durante una partita, quella di un momento, di un episodio, che hanno una durata precisa. La raccolta di poesie ‘’ Cieli supplementari’’ di Giuliano Libutti, della quale ci offre un breve saggio Armando Lostaglio, rientrano in questa categoria. E di buon parole, di versi c’è tanto bisogno quando la pace continua a essere una chimera e ad essere coperta di ipocrisia e di violenze. Attendiamo che si disegnino cieli supplementari.
Cieli supplementari di Giuliano Libutti
(Controluna edizioni di poesia, 2025)
È una scrittura leggera ed affilata, potente ed ermetica, quella mossa nei versi di Giuliano Libutti: Cieli supplementari adotta un linguaggio visionario, atto a poter descrivere l’indefinibile. Ossimori e lumi come “grandina il sole”, e c’è una arcana inestinta solitudine, che la sua giovane età ragguaglia con una maturità pregnante di ricerca e voluttà. La poesia si avvolge e si raccoglie come una pellicola nella moviola della pur giovane vita, sa fermare il tempo e lo contempla. Già, la poesia, Libutti asserisce (in Turnazioni) che “…il fiume della poesia/ è ancora sporco, / inquinato dagli scarichi / delle tubature di un’emozione…” Eppure è lì che nasce il verso. È lì che ha luogo e tempo l’immaginifica forza dell’indefinibile, che solo la poesia, appunto, riesce ad evocare. Tempo proustiano e tempo psicoanalitico avanzano nei versi come in un film on-the-road, un “Paris, Texas” fra lo spaesamento ed una rintracciata geografia interiore. Mentre, asserisce, “…fatico a ricordare le scapole delle montagne… e gli sguardi che lanciano i laghi…” il ricordo è piuttosto metafisico nei confronti delle sue radici, della sua terra. L’emozione che fa scaturire un verso riesce a superare la barriera salvifica dalla incomunicabilità. E l’infinito si spalanca nella siepe sensuale di una vita, lì, “all’incrocio dell’orizzonte”. Sarà vero, si nasce in un alveo protettivo, il ventre materno ci ha avvolto; la sensazione nel verso di Giuliano è una forza centrifuga, ciascuno di noi è vocato ad allontanarsene. E come in un paradosso esistenziale, si cerca nell’altro lo specchio d’acqua dove potersi guardare. Lo fa bene la poesia che Libutti evoca. Sembra talvolta ascoltare i versi conflittuali di Panella dalla voce di Battisti (L’apparenza).
Questo libro è un viaggio interiore, assonante oltre ogni fonema metrico; è stato presentato nella sua cittadina natale, a Rionero in Vulture, con Deana Summa – critica e docente – e la voce di Carlo Cristofaro, in un affollato pomeriggio di aprile.
Armando Lostaglio
