martedì, 29 Aprile , 2025
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Day zero negli scatti di Plasmati dal Nepal alla terra dei Rajah

Fotografie come biancheria stesa al sole ad asciugare l’ultima goccia d’acqua di una natura che deve fare i conti con i comportamenti scellerati di una umanità, che continua a produrre per un mercato ormai con una domanda di consumi ridotta e inquinata non solo dall’ambiente ma da logiche di sfruttamento che alla fine impoveriscono tutto e tutti. Il materano Gaetano Plasmati che continua il suo tour, pellegrino della fotografia e ambasciatore della natura da tutelare, ci trasferisce a distanza le immagini di territori, bambini, donne, sciamani, sant’uomini e riti che sono tutt’uno con i saperi e la memoria di ”Madre Terra”. Immagini che sono la conferma di un grido di aiuto, che ha superato da tempo la soglia di allarme, perchè tanti ecosistemi sono stati danneggiati o cancellati, mettendo in forse l’esistenza stessa della vita, compresa quella dell’uomo. Plasmati insiste condividendo per strada quello che passa la bontà e il cuore degli ultimi che credono nella divinità della creazione, della natura, passando da Francesco, San Francesco,Buddha, Maometto, Visnù e tanto Buon Senso.

LA MOSTRA ITINERANTE

Acqua, deserti e monsoni. Dall’Oceano Indiano all’Himalaya.
Una mostra fotografica itinerante, nel tentativo di coinvolgere i visitatori in uno straordinario viaggio per immagini che propone temi e realtà di stretta attualità, concernenti l’acqua e i problemi ad essa legati. Un lungo viaggio per documentare, fotografare, osservare gli effetti del cambiamento climatico.

Il progetto fotografico Aqua deserti e monsoni , ha suscitato interesse ed è stata integrata nel progetto del International Year of Water Cooperation 2013 (l’Anno Internazionale della Cooperazione per le Risorse Idriche 2013).
UN-Water è un organismo sovranazionale che coordina 31 organizzazioni delle Nazioni Unite (FAO, UNICEF, UNESCO, UNHCR e molti altri) e si occupa dei problemi legati alle difficoltà nel reperimento e nell’utilizzo delle risorse idriche nel mondo.
Il lungo itinerario inizia lungo le coste meridionali di Galle, Matara in Sri Lanka, colpite dallo Tsunami nel 2004. L’emergenza in Sri Lanka è un esempio di come precipitazioni anomale siano all’origine di importanti mobilitazioni di persone, e in diversi casi di migrazioni interne o fuori dai confini nazionali. Il problema riguarda, da tempo gran parte dell’Asia, dove lunghi periodi di siccità si alternano a tempeste devastanti, cui si aggiungono altri elementi che delineano uno scenario oltremodo complesso.
Stesso problema in K23erala e nello stato del Maharashtra, India. Piogge monsoniche di estrema intensità si sono abbattute sull’India per il secondo anno consecutivo, causando la fuga di milioni di persone dalle loro case e provocando, oltre mille vittime.
La città di Chennai, Tamil Nadu ha dichiarato il “Day Zero“, ovvero il giorno in cui non era rimasta più acqua. Praticamente tutti i bacini artificiali rimasti completamente vuoti, senza più acqua. Il 12% della popolazione, la maggior parte dei quali vive in città metropolitane come Bangalore, Chennai, Delhi e Hyderabad, sta già affrontando lo scenario del “Day Zero”, in cui la maggior parte delle forniture idriche si è completamente fermata. La situazione peggiora se pensiamo alle infrastrutture fognarie fatiscenti o inesistenti, l’inquinamento dei fiumi e una popolazione che ha superato un miliardo di persone. Si è ormai a un passo dalla catastrofe.
Il viaggio continua nello stato del Maharashtra. Mumbai, nelle più grandi baraccopoli asiatiche Dharavi, e presso gli slum Worli. Quest’ultimo adiacente al mare, in balia dei cambiamenti climatici e con poche speranze da parte degli abitanti di trasferire la propria abitazione in zone più sicure.

Crisi idrica e temperature sempre più elevate in Rajasthan nella parte nord-ovest del paese. Situazione drammatica soprattutto nelle aree rurali, dove alle difficoltà della popolazione si aggiunge quella degli allevatori.
Il Nepal non è esente dai cambiamenti climatici. La fusione dei ghiacciai raggiunge ormai altitudini sempre più elevate nella catena dell’Himalaya, minacciando le popolazioni che vivono a valle. Conseguenze della crescita della temperatura media in Nepal è la comparsa di laghi glaciali, generati e alimentati proprio allo scioglimento dei ghiacciai. Più questi laghi crescono, più rischiano di provocare smottamenti e inondazioni delle vallate situate a quote inferiori. Durante la stagione secca, la mancanza d’acqua potabile a disposizione della popolazione risulta sempre più marcata. Un problema che si riverbera direttamente sull’agricoltura, sull’alimentazione, sulle economie locali.
Il viaggio termina ai piedi degli 8.000 dell’Annapurna, il massiccio montuoso Himalayano nei pressi di Pokhara.
Lo scenario è apocalittico. Per scongiurare la catastrofe ambientale, non abbiamo ancora la consapevolezza e la determinazione in un reale cambiamento. In questo viaggio sono ben evidenti gli impatti disastrosi dell’uomo sull’ambiente, ma anche l’abilità innata dell’essere umano di sopravvivere e innovare. E’ questa la strada da percorrere, ma non c’è ancora quella determinazione nel salvare il nostro ecosistema da cui noi tutti dipendiamo.

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