Avventura e disavventure, curiosità e ironia, fortuna e malasorte nel segno dell’eros sfrenato e di una natura (matrigna?) che sceglie un emigrante lucano del secolo scorso per fargli provare l’ebrezza, ma anche la delusione, di una dotazione sessuale oltremisura (asinina) per narrare e ricordare una storia dove la ”diversità” può insegnare qualcosa a quanti vivono di ipocrisia e commiserazione.
Ed è quello che abbiamo trovato leggendo ”Il farmacista di Ilheus”, Giovane Holden edizioni, l’ultimo lavoro di Vincenzo Celano, scrittore e giornalista di Castelluccio inferiore (Potenza).
Una storia avvincente, quella di Ruggero Pace, emigrato dalla Lucania in Brasile che fece fortuna con la sua farmacia all’aperto e cedette, alla sua morte, a un giovane corregionale e meridionale, baciato dalla fortuna per un pene (peru in lingua brasileira) da fare invidia e oggetto del desiderio e di commenti della regione di Bahia.
E proprio la sua storia, tenuta celata per tanti anni, viene a galla tra ricordi e stimolazioni nella insistente curiosità di un giovane artista in cerca di fortuna e di ispirazione, che raggiunge l’ormai anziano migrante sulle orme parentali e ”sovrapposte” nel nome di ”Nicola Campoleone”.
Il racconto meriterebbe di essere trasformato nel copione di un film sull’onda dei ricordi e della ricerca intimistica o del voyeurismo (non scandalizzatevi) a luci rosse sulle tracce dello ”stallone della Lucania…”. Ma lasciamo ad altri la voglia di divagare su una storia, che può essere presa e trattata da varie angolature.
Don ”Rogerio” ne ha viste e vissute di tutte i colori a causa di quel dotazione asinina, tanto da meritarsi il soprannome di ” Vattaglione”, la dicitura dialettale del vattaglio o batacchio che scuote le campane di tutte le dimensioni. E quel soprannome per poco non lo mise nei guai, dopo che qualcuno gli tolse dalle mani il coltello con il quale voleva sgozzare il carrettiere che l’aveva sfottuto.
E quella fu la molla che accelerò la decisione di partire per il SudAmerica, per il Brasile, per dimenticare la vita grama di vaccaro, la voglia di dar sfogo alle eccitazioni continue ma soppresse nell’autoerotismo osservando e ascoltando i genitori nella loro alcova. E così grazie a un importatore si imbarcò da clandestino, vivendo l’ Odissea della traversata ingannando l’attesa con un dondolo, con la cerbottana e assistendo agli incontri clandestini di una coppia che non si risparmiava…accrescendo spasimo e pena del nostro emigrante, che finì -una volta sbarcato- nell’Inferno e nello stesso tempo nel Paradiso di una piantagione da canna da zucchero.
Era il solo bianco tra tanti neri e mulatti e non conosceva la lingua, tanto da essere preso dallo scoramento o dalla ”saudade” come si dice da quelle parti.Ma un angelo tentatore, è il termine giusto, venne in suo aiuto nella persona di una donna nera di 40 anni che si prese cura di lui in tutti i sensi, travolti da travolgente passione…che venne scoperta da due insaziabili mulatte. La cosa non poteva durare per il lavoro doppiamente faticoso, che potevano lasciarlo povero in canna…da zucchero. La fuga fu inevitabile e le avventure-disavventure di Don Rogerio incrociarono quelle di una avvenente creola, che cedette all’attrazione fatale del farmacista on the road, a ridosso della vasca di casa.
Lo speziale superdotato rimediò una ferita al collo, che uno dei figli gli aveva sferrato in maniera superficiale spaventando dallo svenimento della madre per le ipereffusioni mozzafiato. Un’altra storia,archiviata, come quella paradossale con un’altra compagna e la figlia, che alla fine decisero di andar via per imbarazzo, vergogna o per interrompere una situazione paradossale.
Finita? Macchè. Al nostro emigrante, farmacista de rua, capita di incontrare una bella fazendera e di sposarla. I genitori, e sopratutto il padre che viene a sapere della dotazione asinina del genero, gli raccomandano di rispettare la giovane figlia illibata. E così per un po’ le cose andarono in bianco, con il ricorso a un unguento medicamentoso per facilitare il rapporto di coppia, ma poi ci mette lo zampino il ritmo del Carnevale, con la molla delle pulsioni irrefrenabili scatenate dalla samba di ancheggianti mulatte. Una doccia dovrebbe calmare i bollenti spiriti …ma non è cosi e la giovane moglie ci rimette la vita,morendo per una emorragia.
Don Rogiero, diventa, così un assassino per la suocera, tanto da fuggire ancora una volta e tornare povero in canna. Tutta colpa o merito ? Di quella natura matrigna che restituisce l’amarezza delle radici della diversità e con la constatazione fatta in “Cuore e fantasmi” da Enzo Siciliano che“La forza del sesso è una radice, la radice di noi stessi.”
E poi? ….non vi resta che comprare e leggere il libro e apprezzare la chiusa del narratore : “Al momento avevo una sola certezza: che la vita è una fustaia, la quale, in mille intrighi e per ellisse, sempre regredisce alle radici” .
Dalla Lucania al Brasile la storia di un farmacista…