Una leggenda, una militanza chiara, contro i poteri forti, mafia e chiesa compresi, i compromessi, le prevaricazioni dell’Italia mussoliniana , del capitalismo opprimente degli Stati Uniti, delle repressioni della polizia sovietica all’estero . Ma sempre dalla parte dei lavoratori, di cittadini che avevano una sola via di uscita per andare a testa alta: la lotta, la ribellione. Carlo Tresca, anarchico forgiato nella militanza di tante battaglie, ha tirato dritto nella prima metà del secolo scorso, mettendoci cuore, faccia, pensiero e tanta azione. Un trascinatore delle lotte per il lavoro e per la libertà, agitando fino alla fine un ” Martello”, il nome del giornale che arrivava clandestinamente dagli Stati Uniti in Italia durante il fascismo, che fu la spina nel fianco di quanti nello Stivale e aldilà dell’Oceano ne consideravano un ostacolo al pensiero unico, agli affari e al malaffare. Francesco Calculli, che ha scoperto e si è appassionato alla storia di questo personaggio scomodo, ma esemplare, dimenticato, ce ne ricorda pensiero, opera, storia. Da riscoprire, perchè resta un esempio per quanti hanno dimenticato nella politica, nel sindacato cosa significare pensare con la propria testa e agire di conseguenza accanto e per quanti sono discriminati. Un monito per il BelPaese e per il mondo occidentale, che subiscono tutti i giorni attacchi subdoli o palesi alle libertà democratiche, alla Costituzione e devono subire in silenzio l’ipocrisia di guerre di potere finanziario, che avanzano ogni giorno con una scia di sangue tra la popolazione civile. Basterebbe sfogliare le pagine de ”Il Martello” rileggendo quanto scritto da Tresca sul delitto di Giacomo Matteotti o sulla condanna a morte degli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, giustiziati per le le loro idee e il loro coraggio.
CARLO TRESCA , IL RIVOLUZIONARIO DIMENTICATO. Di Francesco Calculli.
Se ancora non sapete chi era Carlo Tresca, mettetevi comodi e leggete bene: state per scoprire un personaggio eccezionale. Ricordo che la prima volta che ho sentito parlare di Carlo Tresca è stato al Cinema Guerrieri , in occasione del Matera Film Festival. E qui che il 4 ottobre del 2023 si è tenuta la proiezione del documentario “L’uomo più buono del mondo. La leggenda di Carlo Tresca”, e dopo averlo visto, mi ha immediatamente colpito la forte personalità carismatica di questo straordinario ribelle che era certamente in grado di accendere con un solo discorso la rivolta tra i lavoratori in sciopero o tra i dimostranti. Da allora in poi il mio interesse per Tresca è diventato una parte della mia vita personale e professionale. Tresca è ricordato oggi soltanto da pochi preziosi americani e italiani ben informati sulla storia del radicalismo, del movimento sindacale e delle battaglie antitotalitarie degli attivisti di sinistra negli Stati Uniti. A Sulmona, città che gli diede i natali, si trova il busto bronzeo scolpito da Minna Harkavy, che reca l’iscrizione ” Carlo Tresca : socialista, esule, martire della libertà”. Ma fino a qualche tempo fa , la maggior parte dei sulmonesi sapeva poco più di ciò, del giovane agitatore che aveva sfidato i ricchi e i potenti della città nel volgere del secolo scorso ed era poi emigrato negli Stati Uniti. Inevitabilmente, la memoria storica cade vittima del potere corrosivo del tempo. Tresca, per di più, non era il tipo di persona che rientra solitamente nei libri di storia destinati al consumo generale. Eppure, Carlo Tresca era l’ultimo di una schiera di rivoluzionari della vecchia scuola , e il noto socialista Norman Thomas , riconosceva il posto di Tresca tra i più famosi sovversivi che avevano sfidato l’establishment americano. Era un corretto riconoscimento perchè agli occhi di coloro che governano l’America , Tresca era un ribelle sociale, anticonformista, sovversivo politico e sobillatore a tutto campo. Era fautore del rovesciamento dello Stato e della Chiesa, per l’abolizione del capitalismo e per l’instaurazione di una società libertaria , non esattamente le convinzioni e i valori abbracciati dall’ America tradizionale del passato e soprattutto di oggi. Tutt’altro che un rivoluzionario in poltrona , Tresca significò azione, avendo combattuto per decenni nelle trincee della lotta di classe. In coabitazione con la sua persona affettuosa ed amante delle feste, del tabacco, delle partite a carte e delle donne, c’era però la sua formidabile avversione e la sua lotta ultra cinquantennale contro l’oppressione, l’ingiustizia e lo sfruttamento. In vari momenti della sua carriera, Tresca si definì anarchico, sindacalista rivoluzionario e comunista libertario, tuttavia non rientrò mai nelle categorie convenzionali della tipologia radicale. Quelli che lo conoscevano bene , erano unanimi nel descrivere Tresca come un rivoluzionario che sfuggiva alle classificazioni.
Arturo Giovannitti, il poeta radicale, amico intimo di Tresca per circa quarant’anni , scrisse che egli «amava chiamarsi anarchico e , se questo termine designa un uomo assolutamente libero, egli era veramente un anarchico; ma, dal punto di vista della dottrina pura, egli era tutto per tutti e, nel suo interminabile vagabondaggio intellettuale, non cercò mai nè approcci effimeri, né ancoraggi teorici definitivi» . Poco ortodosso e libero da dogmi, Tresca fu , a mio giudizio, un ribelle senza uniforme, un freelance della rivoluzione, per il quale erano essenziali l’indipendenza personale e la libertà d’azione. Per lui l’azione era sempre più importante dell’ideologia. Rivoluzionario istintivo, con energie inesauribili e indomito coraggio, Tresca viveva per l’azione e per la lotta. Guidare i lavoratori in sciopero, le dimostrazioni di massa, sfidare la polizia , le guardie private e gli sgherri aziendali, scontrarsi con le Camicie Nere fasciste in battaglie campali nelle strade delle comunità italoamericane , erano tutte attività confacenti alle esigenze del suo spirito ribelle. Forse le caratteristiche peculiari della carriera di Tresca come attivista rivoluzionario furono il suo interesse transnazionale e la multidimensionalità. Dopo il suo apprendistato rivoluzionario nell’Italia Meridionale e la sua emigrazione negli Stati Uniti nel 1904, Tresca non perse mai interesse per gli sviluppi sociali e politici della sua terra natia. Durante gli anni ’20 e ’30, Tresca fu coinvolto tuttavia in molteplici sfere d’azione, spesso simultanee, e si distinse anche come editore indipendente di vari giornali radicali. Nato nel 1879, Tresca fu l’enfant terrible della sua città natale di Sulmona, nella regione degli Abruzzi nell’Italia Meridionale, recidendo i legami con la classe borghese di nascita, conducendo la lotta di classe contro i notabili locali per mezzo del suo giornale e guidando associazioni contadine e artigiane.
Il suo stile aggressivo di giornalista scandalistico finì per procurargli varie condanne per diffamazione. Per non andare in prigione , Tresca emigrò negli Stati Uniti , dove, una volta stabilitosi a New York , emerse rapidamente come una figura chiave nel mondo degli immigrati italiani radicali, stabilendo un modello al quale rimase fedele per l’intera carriera. Unendo i suoi talenti di giornalista e di uomo d’azione , Tresca costituì un movimento di guerriglia personale , guidando gli scioperanti italiani contro gli sfruttatori capitalisti americani. Con le sue capacità scandalistiche , attaccò la Camorra Coloniale , il suo termine per definire il triumvirato formato da funzionari consolari italiani, dai ricchi e potenti notabili da lui definiti “i prominenti”, e dai preti cattolici , che dominavano per il proprio interesse le comunità italiane d’immigrati.
Pur restando sempre collegato alla lotta politica degli immigrati italiani radicali, Tresca , come organizzatore indipendente di scioperi per l’ Industrial Workers of the World ( IWW), estese le sue attività dal mondo isolato dei lavoratori immigrati italiani al più ampio e variegato universo del radicalismo americano, del sindacalismo e delle cause progressiste. Il suo ruolo cruciale nella campagna di difesa per liberare i leader dello sciopero dei tessili imprigionati nel 1912 a Lawrence, nel Massachusetts e le sue attività nel grande sciopero dei lavoratori della seta a Paterson nel 1913 e nello sciopero dei minatori del Mesabi Range nel 1916 , trasformarono Tresca da oscuro immigrato radicale a rivoluzionario riconosciuto e temuto in ambito nazionale. L’opposizione militante di Tresca alla Prima Guerra Mondiale sfociò inevitabilmente in procedimenti giudiziari nei quali rischiò di finire in carcere e in tentativi di espulsione che si protrassero per anni. Nonostante le sue personali difficoltà , Tresca riuscì ad utilizzare i contatti con importanti personaggi americani della Sinistra per aiutare le vittime italiane della persecuzione politica. Fu così che svolse un ruolo importante nella difesa di Sacco e Vanzetti nella fase iniziale della loro tragica odissea. Negli anni ’20 , combattere il Fascismo divenne la grande crociata della vita di Tresca , la lotta in cui conseguì un primato ineguagliato tra i radicali italoamericani e raggiunse l’apice della sua carriera. L’attestato della sua straordinaria posizione e delle sue formidabili capacità di leader della resistenza gli fu fornito più volte dagli stessi fascisti.
Nel 1926, l’ambasciatore italiano Giacomo De Martino riferì a Mussolini che Tresca era il primo nella lista dei “rinnegati ” la cui espulsione sarebbe stata di gran vantaggio per il regime fascista. Nel 1928 Tresca si distinse come un avversario del Fascismo talmente dinamico e implacabile , che la Polizia Politica di Roma lo definì il deus ex machina dell’antifascismo negli Stati Uniti. Lo stesso anno il console generale di New York Emilio Axerio, felicissimo che Tresca fosse diventato il bersaglio di una campagna diffamatoria dei fascisti, decisi ad indebolire la sua posizione, comunicò all’ambasciatore De Martino che : « la liquidazione definitiva di Carlo Tresca, comminata anche ai suoi proseliti, assesterà un colpo mortale all’antifascismo, che dipende in gran parte da lui » .Se fosse stato ancora in Italia, la ” liquidazione” di Tresca sarebbe stata fisica anziché metaforica. L’arma principale di Tresca contro Mussolini e il Fascismo era il “Martello” il giornale antifascista da lui stesso fondato, e descritto dal console generale di New York nel 1925 come « il più pericoloso , per l’abile modo con cui è redatto e per la sua influenza su alcune frange della popolazione » . Da acuto osservatore politico, Tresca capiva che la propaganda e il mito erano i puntelli indispensabili del regime di Mussolini. Di conseguenza , quasi tutte le edizioni assestavano “martellate” per smantellare la falsa immagine d’idealismo e d’eroismo di cui si ammantavano i fascisti e per respingere l’idea che le Camicie nere avessero ricacciato indietro la marea rossa. Le voci dell’opposizione antifascista avevano bisogno di essere amplificate dall’esterno , poichè in Italia la stampa libera era stata progressivamente soffocata.
In risposta, Tresca mise il Martello a disposizione di molti illustri oppositori del regime, privi di sbocchi editoriali. Quando il Martello si caratterizzò come organo antifascista, alla redazione di Tresca giunsero molte lettere provenienti dall’Italia che chiedevano il giornale; egli rispose inviando copie gratuite ai compagni in tutto il Paese. Gli sforzi di Tresca furono molto apprezzati , come indicato dal leggendario anarchico Errico Malatesta : « Ricevo il Martello con molta irregolarità, poiché arriva solo se riesce a sfuggire alla polizia. Ho letto abbastanza, tuttavia, per ammirare l’energia e il coraggio combattivo che mantieni contro il Fascismo che ci tormenta in Italia ». Tresca non si accontentò di attaccare il regime di Mussolini semplicemente con la ” propaganda della parola” e aiutando economicamente le vittime politiche. Il miglior modo per rovesciare Mussolini era di colpire lì dove il regime era più vulnerabile : l’economia italiana. Pertanto egli si fece promotore del sabotaggio economico e del boicottaggio delle istituzioni finanziarie e statali che fornivano entrate al governo italiano. Invitò gli operai italiani ad usare tattiche ostruzionistiche sui posti di lavoro, ad astenersi dai generi di monopolio ( tabacco, sale e lotterie) che fornivano entrate, ad acquistare generi alimentari e altre provviste solo da commercianti ben disposti verso la causa antifascista , ad evitare generi di lusso e altre spese non essenziali e a boicottare tutte le aziende borghesi. Tresca ammetteva che l’adozione della sua strategia di boicottaggio , avrebbe comportato inevitabili privazioni agli operai e ai contadini italiani, ma “la guerra è guerra” , per dirla con le sue parole. Di conseguenza era inevitabile che le attività di Tresca avrebbero indotto i fascisti a vendicarsi. La prima minaccia gli arrivò direttamente da Mussolini che lo ammonì:« L’occhio del Fascismo arriva lontano e la mano del Fascismo anche oltre! Nessuno insulta impunemente il Fascismo, neppure a New York ». Tuttavia Tresca per nulla intimorito dalle minacce lanciò la sua sfida al Duce del Fascismo : « Qui, in ogni strada di New York, nelle riunioni affollate e altrove , vi abbiamo chiamato tu e le tue Camicie Nere con i nomi che vi meritate: Briganti , Schiavisti e Tagliagole. Qui continueremo a sbattervi in faccia il nostro biasimo, il biasimo dei lavoratori d’Italia. E voi rimarrete in silenzio poiché voi siete vigliacchi e qui dovete battervi ad armi pari, su terreno neutro. La vostra mano che arriva lontano è un bluff. Occorre ben altro per farci tacere». Quella intrapresa da Tresca contro il Fascismo fu una guerra all’ultimo sangue. Persino durante la Grande Depressione , quella grave crisi economica e finanziaria che nel 1929 sconvolse l’economia mondiale, quando il Fascismo italoamericano divenne ancor più profondamente radicato e il sostegno popolare per Mussolini raggiunse il suo apice, Tresca non mitigò mai la sua lotta contro la minaccia rappresentata dal Fascismo per i compagni immigrati e per il suo Paese di adozione. Alla fine degli anni ’20, come osservò Norman Thomas:« Fu Tresca , più di qualsiasi altro a New York o negli Stati Uniti, a fermare la crescita delle Camicie Nere fasciste che terrorizzavano le strade dei quartieri italoamericani. Fu questo un grande, anche se poco apprezzato , servizio reso alla democrazia americana ».
In quel periodo , la crociata di Tresca contro le forze del totalitarismo assunse una nuova dimensione, poiché diede avvio ad una tenace resistenza contro lo Stalinismo e i suoi interventi all’estero. Egli fin dal 1924 si era e opposto al regime di Stalin , pur collaborando sempre con i comunisti durante le campagne di resistenza antifascista. Dopo la campagna controrivoluzionaria condotta dagli stalinisti in Spagna nel corso della Guerra Civile, divenne un loro implacabile nemico, combattendo energicamente i fiancheggiatori di Stalin negli Stati Uniti così come aveva fatto con i fascisti. Tresca lanciò la sfida agli stalinisti nel 1937, presentandosi davanti alla Commissione John Dewey che indagava sulle accuse mosse a Lev Trotsky durante le purghe di Mosca .
La Commissione finì per respingerle e, da quel momento, Tresca si dedicò alla rivelazione dei crimini commessi dalla polizia segreta sovietica, l’ OGPU in Europa, in Messico e negli Stati Uniti. Il più famoso scontro con gli stalinisti si ebbe nel 1938, quando accusò l’ OGPU di aver rapito ed ucciso Juliet Stuart Poyntz, ex importante figura nel Partito Comunista Americano, divenuta in seguito un riluttante agente dell’ OGPU. Nei primi anni ’40, in cattiva salute e depresso per la morte di due suoi fratelli, Tresca entrò nel crepuscolo della sua carriera, ma non cessò mai di combattere i suoi nemici, sforzandosi innanzitutto d’impedire ai mafiosi italoamericani e ai vecchi sostenitori di Mussolini di ottenere l’ammissione alle organizzazioni antifasciste del periodo bellico, quali la Mazzini Society e l’ Italian American Victory Council, creato dall’ Office of War Information. Tresca condusse questa battaglia, con la sua consueta militanza e coraggio, fino al suo assassinio la sera dell’11 gennaio 1943. Carlo usciva dagli uffici del Martello, il giornale che pubblicava a New York da venticinque anni e si avviava verso un vicino ristorante per la cena, quando un sicario della mafia emerse dall’oscurità del coprifuoco bellico ed esplose due colpi, che lo uccisero all’istante. Il suo ultimo gesto è stato di girarsi per affrontare il nemico , lungamente atteso. Nonostante la sua insaziabile voglia di vivere, sapeva dentro di sé che doveva morire di morte violenta perché aveva amato il pericolo e aveva amato la lotta. Come certamente direbbe, se avesse ancora fiato : « Bene , alla fine sono riusciti a prendermi! »
caption id=”attachment_184937″ align=”alignnone” width=”288″] SACCO AND VANZETTI, 1927. The front page of Carlo Tresca’s Italian-language newspaper “Il Martello” (The Hammer), published in New York CIty four days after the execution of Nicola Sacco and Bartolomeo Vanzetti, 23 August 1927.[/caption] Per gli italoamericani , in particolare, l’omicidio di Tresca fu un ricordo commovente, non solo della tumultuosa carriera da lui condotta, ma anche dei suoi sforzi eroici assolutamente ineguagliati tra i connazionali per conquistare la giustizia sociale e la libertà per la classe operaia , tentativi che il più delle volte erano rimasti incompresi, nel corso della sua vita. Tresca primeggiò come un guerriero eroico nella lotta contro il capitalismo , il Fascismo e gli aspetti peggiori dello Stalinismo. Angelica Balabanoff affermò che : « Il pensiero dominante di Carlo Tresca era la protesta contro le ingiustizie sociali, la ribellione contro l’oppressione dei deboli e l’ardente speranza nel trionfo della libertà e dell’ umana fratellanza » . Matteo Siragusa, un socialista che lo conosceva sin dal 1906, descrisse Tresca come:« Un indomito combattente, sempre in prima linea, coraggioso fino alla temerarietà. Egli riempì moltissime volte i numerosi vuoti nel nostro movimento con la sua natura esuberante, lasciando sempre, dovunque vedeva battaglie, un’impronta indelebile della sua personalità complessa , unica e poderosa». Pertanto, l’origine della grandezza e dell’importanza storica di Tresca come rivoluzionario non è nella domanda di trasformazione della società, che alla fine capì di non poter realizzare, ma nella lotta incessante e senza compromessi per la libertà, per la giustizia sociale e per la dignità umana, diventata la sua vera missione. La sua ricerca di azione, da ribelle indipendente, senza affiliazioni ufficiali o sostegni, evoca in me l’immagine di un Tresca “artista” rivoluzionario. Questa immagine fu colta da Lionello Venturi , uno dei fondatori della Mazzini Society : « Ribellione, insurrezione, rivoluzione non costituivano per lui soltanto un obiettivo sociale, ma anche una bellezza in sé… Tresca a suo modo, nelle sue azioni , fu un poeta. Fu la poesia che gli permise di elevare la sua attività al di sopra della mera politica. Fu il suo status di “dilettante” che gli permise di sentire la poesia dell’azione». Carlo Tresca è pertanto un eroe che merita di essere ricordato con ammirazione e rispetto, e il conseguimento di tale scopo è l’obiettivo di questo articolo.
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