Beccai, cantine e non solo nell’antica via delle Beccherie, che fino a mezzo secolo fa brulicava di attività artigianali, soprattutto, che testimoniavano le necessità primarie della gente della Città dei Sassi e di quel centro che ospitava servizi di pubblica utilità, scuole, banche. E così con Angelo ”il rosso” Giannella, beccaio della prima ora, viene facile ricordare chi curava la bellezza ” a testa alta” degli uomini, visto che per le donne ”le mest d’ la chep” la parrucchiera girava di casa in casa… Così Giovanni ”Nannino ” Bruno, di origini gravinesi con il cognome di Bruni…per via di un errore anagrafico, è stato un po’ il simbolo di quella generazione di maestri della barba e dei capelli, che affollavano quelle botteghe soprattutto la domenica. E così, come riporta la foto(scattata al n.51 di via delle Beccherie) di Michele Masciandaro, fotografo ”paziente” della Prima Repubblica che utilizzava una affidabile macchina fotografica sovietica come la Lubitel, quelle botteghe avevano una, due comode poltrone al massimo, con la striscia di cuoio per affilare i rasoi, un grande specchio, la sputacchiera, sgabello,pettini, spazzole, profumi, alcool, allume e l’acqua , tenuta dapprima in serbatoi a parete e poi con la rete dell’Acquedotto Pugliese erogata da rubinetti e lavandini. Nannino Bruno è scomparso nel 1973 e quanti l’hanno conosciuto lo ricordano come il decano della categoria.
”Le barberie , erano luoghi – ricorda Angelo- dove fare una chiacchiera, sapere le ultime sulla vita della città e dei fatti altrui”. Con un ”passamano” da taglio e cucito tutto da verificare. Prassi che in una città provinciale ci sta e da allora quella condizione (nel bene e nel male) non è mutata di molto, se si aggiunge il pettegolezzo ( gossip se vi piacciono gli anglicismi) della dimensione social. E così per andare a testa alta barba e baffi, erano tagliati a seconda delle mode, che avevano soppiantato i tagli a ”scodella” fai da te del passato…
”Noi macellai ci recavamo al barbiere la domenica mattina e andarci – ricorda Angelo- era un po’ come rilassarsi . Preferivo il taglio a scalare , seguito dalla frizione energizzante per rinforzare il capello, che mi faceva mest Rocchino Giordano, e che ci rendeva più attraenti davanti alle ragazze. E stando qui in via delle Beccherie o in piazza del Sedile, non potevamo che raggiungere le Monacelle dove erano ospitate delle ragazze.Le suore erano inflessibili, tranne poche eccezioni, ma riuscivamo a parlare a distanza con alcune di loro, in attesa di poterle incontrare durante una passeggiata…la domenica. Ma niente di che. Erano altri tempi”. Pare di sentire quelle voci , tra segni e sorrisi, e soprattutto quelle dei barbieri che, quando arrivava il cliente, chiedeva: ”Allora, cosa facciamo. Barba? Capelli ( per chi li aveva)” avendo cura di sistemare con uno spillo le ”mantelle” in tessuto, poste intorno al collo per evitare che peli e capelli finissero sui vestiti. Alla fine via le mantelle, con uno squillante :” Servito!” a portata di specchio per una eventuale rifinitura o aggiustatina. La ”peluria” finiva sul pavimento, pronta per essere raccolta dalla solerte ramazzata del garzone, o dello stesso barbiere.
Erano sei in via delle Beccherie, oltre a Nannino scomparso nel 1973, il primo della strada, al numero 31, poco prima dell’Emporio Morelli noto come ” Michele La Stoppa” era mest P’ppin Abbatin. Più avanti quelle di mest Rocck , di Nicola all’angolo con la piazzetta del Calderaio, di Michelino tifoso della Fiorentina che poi aprì in via La Vista, laddove era il caffè Elena la barberia del grassanese Rocco Giordano. Barba e capello, ma anche scarpe da riparare. Angelo li ricorda nelle botteghe e nei numeri civici.
“Al 49 c’era un ciabattino, era un compagno, della provincia di Matera e qui venivo a leggere ”L’Unità”-ricorda Angelo Giannella. Poi arrivavano altri e tra tacchi, colpi di martello, puntine e salvapunte partivano i dibattiti E in zona, in vico Commercio, venne un altro ciabattino, Tonino, che suonava la chitarra, insieme ad altri musicisti come Carletto Santoiemma, poi la piazzetta del calderaio ”du quallarel” con mest Emanuele Colonna e altri valenti artigiani , il negozio di abbigliamento ” Il Bagaglino” di Dino Daddiego , un sarto Ignazio Burgi, il negozio di calzature e di Lamanna, il panificio di ” Chicckj e Cocckj” Carlucci, poi il negozio di ombrelli e valige di ” Pappajoll” Paolicelli e suo figlio mest Ches’m , corniciaio in via San Biagio, che suonava il tamburo nella banda, una drogheria, un sarto al n.76, poi la mela rossa con la Cormio, Rosanna Petralla e Dina Carlucci, due negozi di restauratore, poi il colorificio Venezia, il calzolaio Spagnuolo, sulla scalinata di piazza del Sedile il panificio Modesto”
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E come non ricordare, al n.37- dove oggi è l’hotel Lo Stemma Matera – la scuola con alcune classi delle ” Padre Giovanni Minozzi” , dove Angelo ha frequentato le lezioni, e prima ancora sede della Banca Popolare del Materano. A testimoniarlo le attività più longeve della strada, l’Emporio Morelli, la macelleria Cappiello, la galleria Di Pede e prima ancora il negozio di dischi, l’edificio delle Poste che ha visto passare tra via delle Beccherie, via dell’Impero e corso Umberto prima, via del Corso oggi generazioni di materani e ora di turisti. Ricordi di epoche passate, ma che restano nella memoria da tutelare e narrare. Ma con mediocrità, assenza di competenze e di una programmazione che recuperi identità e contenuti della storia locale c’è poco da fare. Servirebbe un taglio ”a scalare”, come ha ricordato Angelo, dei barbieri del passato…