Il taglio del nastro della mostra- curata dal lungimirante Peppino Appella- è per il 20 settembre a Roma, alla Galleria nazionale, il giorno dopo per il pubblico, per un omaggio di 45 artisti contemporanei che hanno riletto l’opera del poeta contadino Rocco Scotellaro, nella cornice del tema ‘’ E la mia patria è dove l’erba trema’’ . Un parte di quei versi, di attenzione verso gli ultimi, i derelitti (i o sono un filo d’erba / un filo d’erba che trema. / E la mia patria è dove l’erba trema/) che rappresentano uno spaccato dell’impegno sociale, politico, culturale di un grande tricaricese,dalla storia intensa, che merita di essere portato ad esempio di ‘’impegno e di rinnovamento’’ a una classe politica mediocre e opportunista, che continua nella inconcludente politica degli annunci su emigrazione e desertificazione della Basilicata. E poi i giovani, quelli che sono rimasti e vorrebbero restare, per i quali la Scuola – in primis- dovrebbe dedicare e riservare studi, attività didattiche e lavoro di rete culturale su figure impegnate come quella di Rocco Scotellaro o di Carlo Levi. E’ la scommessa dopo il ricco e intenso programma dedicato al centenario scotellariano. L’arte è un aspetto e la mostra alla Galleria nazionale, in programma fino al 19 novembre, è una opportunità per risalire alle radici del rapporto con il meridionalismo, con la realtà, attraverso le sensibilità e le intuizioni degli artisti. E questo è importante nel contesto modaiolo della dimensione alienante dei social o del metaverso. Meglio un percorso nel reale, alla Galleria nazionale di Roma e in tutti i luoghi dove si fa cultura per e nei territori.
E LA MIA
PATRIA
È DOVE
L’ERBA
TREMA
45 artisti d’oggi
rileggono l’opera
di Rocco Scotellaro
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea 2
Nell’ambito delle celebrazioni per i 100 anni dalla nascita del poeta lucano Rocco Scotellaro
(Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), promosse da Regione e APT Basilicata con
il patrocinio del Comune di Tricarico e della Fondazione Matera Basilicata 2019, la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea gli rende omaggio con la mostra E LA MIA PATRIA
È DOVE L’ERBA TREMA. 45 artisti d’oggi rileggono l’opera di Rocco Scotellaro.
La mostra, a cura di Giuseppe Appella, accoglie 45 artisti di sette generazioni: Carlo
Lorenzetti, Ruggero Savinio, Mario Raciti, Giuseppe Pirozzi, Paolo Icaro, Giulia Napoleone,
Claudio Verna, Emilio Isgrò, Mario Cresci, Assadour, Giancarlo Limoni, Mimmo Paladino,
Stefano Di Stasio, Sandro Sanna, Ernesto Porcari, Gregorio Botta, Giuseppe Modica, Giuliano
Giuliani, Nunzio, Lucilla Catania, Roberto Almagno, Claudio Palmieri, Giovanna Bolognini,
Giuseppe Salvatori, Gianni Dessì, Marco Tirelli, Felice Levini, Enrico Pulsoni, Salvatore
Cuschera, Andrea Fogli, Franco Fanelli, Giuseppe Caccavale, Elvio Chiricozzi, Elisabetta
Benassi, Giuseppe Capitano, Ciro Vitale, Giuseppe Ciracì, Pierpaolo Lista, Francesco Arena,
Alberto Gianfreda, Laura Paoletti, Ilaria Gasparroni, Antonio Della Guardia, Veronica Bisesti,
Ado Brandimarte.
Sono artisti che hanno avuto costanti rapporti con la poesia, spesso provenienti dalle regioni
che Rocco ha frequentato. A questi, sette mesi fa, è stato inviato il volume Rocco Scotellaro, Tutte
le Opere (Mondadori Editore Milano 2019), per una lettura-confronto che portasse non solo alla
creazione di un’opera ma anche a una pagina scritta utile per mettere in evidenza il rapporto
parola-immagine e quanto fosse opportuno parlare di Scotellaro, non solo dal punto di vista
sociopolitico ma anche sul piano più squisitamente letterario. Proprio perché, come scrive Emilio
Isgrò nella sua pagina presente nel catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, “basta leggere
qualche verso per sentire che proprio la musica scotellariana, con tutta la sua cantabilità popolare,
è radicalmente diversa da quella ermetica”. E, inoltre, “per segnalare se non sia possibile riaprire
per il Sud, proprio oggi, la messianica promessa di crescita e di salvezza sempre affermata e mai
mantenuta”. Perché “è di arte e di letteratura, cioè di sogni disinteressati e forti, che oggi ha bisogno la politica per rifondarsi”.
Un modo per rinverdire l’intenso dibattito politico-culturale della prima metà degli anni
Cinquanta ma anche di prendere atto dei larghi interessi di Scotellaro evidenti nelle prose
giornalistiche, negli scritti cinematografici e nelle frequentazioni artistiche (tramite Mauro Masi_Michele Giocoli-Remigio Claps prima, Carlo Levi, Ernesto De Martino, Adriano Olivetti, Amelia
Rosselli, Giorgio Bassani, Leonardo Sinisgalli poi), tutti rivolti alle istanze e alle necessità proprie
del nostro tempo. Che ritroviamo nei titoli delle opere create per l’occasione, utilizzando tutti
i linguaggi della contemporaneità: Io sono un filo d’erba, Oso, come l’albero del vento, La vita si
rinserra tra quattro mura, Piramidi di stelle, La faccia di terra abbiamo, Fra me e te voglio piantare
un frutteto, Il cielo a bocca aperta, La terra mi tiene, Contadini del Sud, Un alito può trapiantare
il mio seme lontano, È fatto giorno, Bianco per Rocco, La turba dei pezzenti, Altre ali fuggiranno,
Tomolo, Mare lontano, Uno si distrae al bivio, Dove il cielo sconfina, Io sono uno degli altri, Anche una
pietra, Sempre nuova è l’alba.
Rocco Scotellaro nasce a Tricarico (MT) il 19 aprile 1923 da Vincenzo, calzolaio, e da
Francesca Armento, sarta e scrivana del paese. Frequenta le scuole tra Tricarico, Sicignano degli
Alburni, Cava dei Tirreni, Matera, Potenza e Trento dove consegue la maturità classica nel ’41 e
ha per docente Giovanni Gozzer, da cui apprende i primi rudimenti teorici del socialismo. Per la
morte del padre, è costretto a rientrare nel ’42 a Tricarico da Roma dove si è iscritto alla Facoltà di
Giurisprudenza: si trasferisce alle università di Napoli e Bari, senza mai conseguire la laurea.
Nel ’43 conosce l’epidemiologo meridionalista Rocco Mazzarone, destinato a rimanere
presenza fissa di riferimento; avvia una intensa attività in seno al Comitato di Liberazione di
Tricarico; nel dicembre dello stesso anno si iscrive al Partito Socialista. A ventitré anni, nel ’46,
viene eletto sindaco di Tricarico: le sue capacità relazionali gli garantiscono attenzione e stima
anche da parte delle gerarchie ecclesiastiche, assai importanti nella vita del paese. Nel maggio
del ’46 conosce Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, cui si lega di amicizia sincera. Come ispettore
regionale per il lavoro giovanile, Scotellaro si adopera per la tutela dei braccianti, questione che
contemporaneamente viene trattando in versi e prose. Ravvisa la necessità di una maggiore
partecipazione della popolazione alla vita politica e istituzionale e realizza questo obiettivo con i
“consigli di borgo” e con la fondazione di un ospedale, inaugurato a Tricarico nel ’47, cui ha giovato
il contributo di molti, anche in minima quota. Rieletto sindaco nel ’48, è solidale con i contadini
nell’occupazione delle terre. Partecipa all’Assise per la terra, svoltasi a Matera il 3 e 4 dicembre
1949 e viene eletto membro del Comitato regionale dell’Assise per la rinascita del Mezzogiorno.
In questi anni Scotellaro stringe amicizie determinanti nel completamento del suo profilo
intellettuale: con George Peck, storico-antropologo americano che studia la comunità di Tricarico;
con Friedrich G. Friedmann, il filosofo tedesco-americano venuto nel Mezzogiorno a conoscere la
Weltanschauung del contadino; con Ernesto De Martino e con Adriano Olivetti.
L’arresto, l’8 febbraio 1950, per un preteso delitto di concussione con riferimento a episodi
che risalgono a qualche anno prima, trattiene Scotellaro nel carcere di Matera tra febbraio e
marzo: qui annota le prime idee per L’uva puttanella. La vicenda, assai corrosiva sul piano umano,
ha un esito felice dal punto di vista giudiziario: il 24 marzo 1950 la Sezione istruttoria della corte
di appello di Potenza lo proscioglie «per non aver commesso il fatto» ovvero «perché il fatto non
costituisce reato» e, ordinandone la scarcerazione, allude espressamente nella sentenza a una
concertata «vendetta politica».
COMUNICATO STAMPA
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Un modo per rinverdire l’intenso dibattito politico-culturale della prima metà degli anni
Cinquanta ma anche di prendere atto dei larghi interessi di Scotellaro evidenti nelle prose
giornalistiche, negli scritti cinematografici e nelle frequentazioni artistiche (tramite Mauro Masi_Michele Giocoli-Remigio Claps prima, Carlo Levi, Ernesto De Martino, Adriano Olivetti, Amelia
Rosselli, Giorgio Bassani, Leonardo Sinisgalli poi), tutti rivolti alle istanze e alle necessità proprie
del nostro tempo. Che ritroviamo nei titoli delle opere create per l’occasione, utilizzando tutti
i linguaggi della contemporaneità: Io sono un filo d’erba, Oso, come l’albero del vento, La vita si
rinserra tra quattro mura, Piramidi di stelle, La faccia di terra abbiamo, Fra me e te voglio piantare
un frutteto, Il cielo a bocca aperta, La terra mi tiene, Contadini del Sud, Un alito può trapiantare
il mio seme lontano, È fatto giorno, Bianco per Rocco, La turba dei pezzenti, Altre ali fuggiranno,
Tomolo, Mare lontano, Uno si distrae al bivio, Dove il cielo sconfina, Io sono uno degli altri, Anche una
pietra, Sempre nuova è l’alba.
Rocco Scotellaro nasce a Tricarico (MT) il 19 aprile 1923 da Vincenzo, calzolaio, e da
Francesca Armento, sarta e scrivana del paese. Frequenta le scuole tra Tricarico, Sicignano degli
Alburni, Cava dei Tirreni, Matera, Potenza e Trento dove consegue la maturità classica nel ’41 e
ha per docente Giovanni Gozzer, da cui apprende i primi rudimenti teorici del socialismo. Per la
morte del padre, è costretto a rientrare nel ’42 a Tricarico da Roma dove si è iscritto alla Facoltà di
Giurisprudenza: si trasferisce alle università di Napoli e Bari, senza mai conseguire la laurea.
Nel ’43 conosce l’epidemiologo meridionalista Rocco Mazzarone, destinato a rimanere
presenza fissa di riferimento; avvia una intensa attività in seno al Comitato di Liberazione di
Tricarico; nel dicembre dello stesso anno si iscrive al Partito Socialista. A ventitré anni, nel ’46,
viene eletto sindaco di Tricarico: le sue capacità relazionali gli garantiscono attenzione e stima
anche da parte delle gerarchie ecclesiastiche, assai importanti nella vita del paese. Nel maggio
del ’46 conosce Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, cui si lega di amicizia sincera. Come ispettore
regionale per il lavoro giovanile, Scotellaro si adopera per la tutela dei braccianti, questione che
contemporaneamente viene trattando in versi e prose. Ravvisa la necessità di una maggiore
partecipazione della popolazione alla vita politica e istituzionale e realizza questo obiettivo con i
“consigli di borgo” e con la fondazione di un ospedale, inaugurato a Tricarico nel ’47, cui ha giovato
il contributo di molti, anche in minima quota. Rieletto sindaco nel ’48, è solidale con i contadini
nell’occupazione delle terre. Partecipa all’Assise per la terra, svoltasi a Matera il 3 e 4 dicembre
1949 e viene eletto membro del Comitato regionale dell’Assise per la rinascita del Mezzogiorno.
In questi anni Scotellaro stringe amicizie determinanti nel completamento del suo profilo
intellettuale: con George Peck, storico-antropologo americano che studia la comunità di Tricarico;
con Friedrich G. Friedmann, il filosofo tedesco-americano venuto nel Mezzogiorno a conoscere la
Weltanschauung del contadino; con Ernesto De Martino e con Adriano Olivetti.
L’arresto, l’8 febbraio 1950, per un preteso delitto di concussione con riferimento a episodi
che risalgono a qualche anno prima, trattiene Scotellaro nel carcere di Matera tra febbraio e
marzo: qui annota le prime idee per L’uva puttanella. La vicenda, assai corrosiva sul piano umano,
ha un esito felice dal punto di vista giudiziario: il 24 marzo 1950 la Sezione istruttoria della corte
di appello di Potenza lo proscioglie «per non aver commesso il fatto» ovvero «perché il fatto non
costituisce reato» e, ordinandone la scarcerazione, allude espressamente nella sentenza a una
concertata «vendetta politica».
