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A ognuno la sua verità

Sul foglio “La Verità” di oggi, 25 Aprile  2025, Marcello Veneziani, pubblicista di punta di quella che pudicamente viene definita destra-desta, scioglie il suo  inno di lode al fascismo in questi termini: “[…] Tenetevi forte, è un tentativo opinabile ma animato solo dalla ricerca della verità, dal rispetto e dalla pietas per i caduti. Nei 165 anni di Italia unita il fascismo resta insuperato sul piano delle realizzazioni e delle riforme sociali, del consenso popolare e del prestigio mondiale, dell’integrazione nazionale e sociale delle masse, dell’ordine, dell’efficienza dei servizi e dell’efficacia di governo, dell’onestà pubblica e della dedizione allo Stato e all’amor patrio. Chi lo nega è disonesto, nega la realtà e la verità. Fu un regime di modernizzazione che fece fare all’Italia passi da gigante. È altrettanto onesto dire che tutto questo non basta a compensare la perdita della libertà, la costrizione e la violenza, la retorica, la sciagurata alleanza col nazismo, la complicità nel razzismo e infine la passione fatale della guerra che resta il vero peccato mortale del fascismo.”                                                        In base a quali elementi Veneziani faccia affermazioni così assertive  non è dato sapere. Certo un articolo di giornale non può riportare note a piè di pagina né riferimenti a documenti d’archivio. Ma almeno il nome di qualcuno che quelle carte le abbia guardate avrebbe reso più credibile il suo peana.  Che ne so, quello di  un Renzo De Felice la cui interpretazione  del fascismo non era dispiaciuta alla sua parte. Specialmente in relazione al consenso di cui il regime avrebbe goduto. Invece niente: bisognerebbe credere ciecamente al Veneziani Marcello e più non dimandare.                                                               Ma non funziona così ai nostri tempi. E allora viene da chiedersi se il Veneziani abbia mai letto le relazioni dei prefetti, questori,  federali, medici provinciali fascisti. Credo che se lo avesse fatto non si sarebbe lasciato andare ad affermazioni così  perentoriamente laudative.                                                                        Perché -sia permesso anche a me di raccomandare di tenersi forte- nessun antifascista militante, per quanto fazioso, è mai riuscito a dire tanto male del fascismo e a fargli critiche così feroci, puntuali e urticanti come quelle che si leggono sulle carte degli archivi fascisti. Naturalmente prefetti, questori, federali, medici provinciali, spesso contraddicendosi,  scrivevano certe  cose “a fin di bene”, cioè per sanare i mali denunciati, spesso allo scopo di mettere in evidenza le magagne, le inerzie, l’incapacità di chi li aveva preceduti, ma sicuramente non inventandole.                                      Di sicuro nessuno ha mai avuto in Italia il potere e la documentazione dei problemi di ogni te3rritorio e città che ha avuto Mussolini e nessuno lo ha gestito così male. Non fosse altro che per la proliferazione di ducetti che venne a crearsi anche nei più sperduti villaggi.                                                                                           Veneziani lascia capire che il grande errore del duce fu l’entrata in guerra e la scelta dell’alleato. Ma poteva non fare la guerra un regime che aveva tratto, per quanto arbitrariamente, la propria legittimazione dalla Grande Guerra e che allo spirito guerriero si richiamava in ogni manifestazione? E, dopo aver parlato di disonesti e negatori della verità Veneziani accenna, bontà sua, a qualche neo del fascismo: la perdita della libertà, la costrizione e la violenza. Hai detto niente! Scherza l’uomo di Bisceglie fingendo di credere, per farlo credere agli altri, che il fascismo avrebbe potuto vincere se non avesse usato violenza e costrizione?

E gli sembra onesto questo artificio retorico?                                                             E   quanto all’alleanza con la Germania nazista, anche se nulla può darsi mai per scontato nella storia delle nazioni come in quella degli individui, non era quella la più “naturale” che il nostro paese potesse fare?                                                                                                                                                                                       ùNiente da dire sul prestigio internazionale raggiunto dal nostro paese grazie al fascismo. Sarebbe stato però “onesto” precisare che dal 1936 in poi con l’aggressione all’Etiopia e la partecipazione alla guerra civile spagnola a  sostegno del golpista Francisco Franco, l’Italia fu considerato uno stato canaglia. Riguardo all’onestà pubblica del fascismo consiglierei a chi volesse  saperne di più il libro “Mussolini e i ladri di regime. Gli arricchimenti illeciti del fascismo” di Mauro Canali e Clemente Volpini (Mondadori, 2019).                                      Chi scrive potrebbe documentare che, per quanto attiene alla Lucania, tutte le affermazioni di Veneziani sono false. A cominciare da un elemento che da sempre misura il livello di civiltà di un paese, la sua capacità di portare a maturità i bambini venuti al mondo.            Il documento che di seguito si riproduce -uno dei più significativi ma non il solo fra quelli riguardanti la nostra regione che mi hanno portato a ritenere che il fascismo fu “il male assoluto”-  riguarda la mortalità infantile estiva e apre uno squarcio sulla situazione igienica e sociale di quegli anni. É del 1933, un anno tranquillo. In campo pediatrico le cose non miglioreranno negli anni a venire e con l’entrata in guerra comincerà subito a mancare di tutto quasi a tutti, dal cibo alle scarpe, dal petrolio al sapone da barba.

Prefettura di Matera – Prot. N.—Div. Sanità

 Matera 24 febbraio 1933-XI

 OGGETTO: Mortalità infantile estiva

 Ill/mo Sig. DELEGATO Straordinario dell’O.N.M.I.

                                                                                                                      MATERA

 

Poiché si avvicina la stagione estiva, reputo mio dovere segnalare alla S.V. Ill/ma il grave fenomeno da me rilevato durante i due anni di permanenza in questa Sede, ma che si verificava anche negli anni precedenti, quello cioè della mortalità infantile estiva. Ogni anno, a partire dal mese di giugno e fino a settembre, si osserva il rapido innalzarsi della mortalità: le indagini da me eseguite e l’esame dei registri delle cause di morte, mi hanno dato modo di controllare che l’aumento della mortalità è dovuto principalmente ai bambini: in qualche mese dell’ultimo biennio la mortalità infantile fino ai due anni di età ha raggiunto il 60%; tenuto conto dei bambini dai due ai cinque anni di età, si può affermare che oltre l’80% dei morti è rappresentato da questi giovani virgulti. A parte ogni altra considerazione, non è che ben evidente il danno che tale intensa mortalità infantile rappresenta per il bilancio demografico e futuro della nazione la quale, per 20 anni, [non] ritrarrà [ne]anche un minimo di reclute dalle classi di leva.  Guardando le cause di morte, poi, si osserva che la quasi totalità di questi piccoli è stata preda di malattie dell’apparato digerente (diarree verdi-enteriti, gastro-enteriti, ecc.).                                                       Queste constatazioni, mi hanno spinto ad indagare sul perché di tante malattie intestinali, ed ho potuto rilevare che esse sono dovute alla ignoranza della popolazione in fatto d’igiene infantile e di alimentazione ed al fatto che in questa Provincia la popolazione è prevalentemente agricola ed occupata quindi, durante i mesi estivi, in lavori di mietitura e di trebbia. Avviene così che le madri si recano in campagna, portando seco i figlioletti che non [hanno] a chi affidare e che devono, pertanto, vivere forzatamente una vita che non si addice ai loro teneri organismi. Costretti a dormire su di un letto di fortuna , talvolta appena coperti da un pagliaio, alimentati con pane stantio, con pietanze a base di conserva o di forte, senza avere a disposizione, molto spesso, che dell’acqua torbida, raccolta in vasche o pozzanghere inaridite, esposte al sole cocente, alla polvere ed al terriccio che si innalzano dalle aie e dalle biche, questi bambini hanno i primi disturbi gastroenterici. I genitori, costretti dall’ansia e dalla miseria a non perdere neppure un’ora per porre al sicuro il raccolto, frutto di un anno di fatica e di sudore, non si preoccupano per nulla della diarrea comparsa (anzi talvolta non la vedono neppure) e quel tenero intestino ha tempo di fermentare e di rovinarsi. Solo il quadro feriale richiama l’attenzione delle famiglie che allora soltanto si affannano, corrono, pregano ma invano: la tomba è aperta per raccogliere un’altra fanciullezza stroncata. La stessa scena si verifica per i lattanti, costretti a subire, attraverso l’allattamento, le stesse vicende di un’intensa giornata lavorativa: latte accaldato prodotto da organismo deperito (talvolta anche preda della malaria), cibi incongrui, dati per l’ignoranza e per sopperire alle deficienze del seno; il risultato è lo stesso, con uno scenario di sintomi pressoché simili. A questo proposito potrei riferire episodi da me osservati e controllati, ma lo ritengo superflui dati che la S.V Ill.ma -essendo della Provincia- conosce certamente meglio di me quanto vado esponendo.                        Altre volte le povere madri credono di poter essere tranquille per aver lasciati i figlioletti in paese, affidati alle cure di una vecchia nonna o di una parente o di una vicina. I bambini, il più delle volte, sono lasciati arbitri di se stessi e noi li vediamo indi, unti e pieni di mosche attirate dal loro moccio, girare per le vie o per i chiassiuoli, avvoltolarsi sulla terra, portare in mano un pezzo di pane contaminato da tutte le porcherie con cui vengono in contatto: anche questi bambini, per la maggior parte, pagheranno il loro tributo alla morte, che li ghermisce attraverso il loro intestino. Questo è il quadro desolante che mi è apparso durante le mie investigazioni e che già ritenni di dover segnalare anche alla Direzione generale di Sanità Pubblica. A questi mali bisogna trovare dei rimedi e mancherei ai miei precisi doveri se non sottoponessi alla S. V. Ill.ma quanto credo che possa farsi in materia, in rapporto con i mezzi finanziari non eccessivi disponibili. Occorre illuminare le coscienze e le menti delle madri e, parallelamente, creare ai bambini delle condizioni più favorevoli di vita, almeno durante il periodo di maggior pericolo.                                                          Le madri di famiglia, specie contadine, devono essere convinte, con una forma paziente, assidua, facile, di propaganda dei canoni fondamentali dell’alimentazione infantile, delle norme elementari di igiene, dei pericoli cui il proprio figlio va incontro se sottoposto a strapazzi o ad una vita comunque non idonea. Devesi venire incontro alle necessità terapeutiche che talvolta, per la scarsezza dei mezzi, non possono essere risolte, ed alle necessità alimentari, specie per quanto riguarda l’allattamento artificiale o sussidiario. A tale scopo istituire ambulatori o consultori comunali, da affidare a medici locali volenterosi i quali dovrebbero essere coadiuvati, nella loro opera di assistenza e proselitismo, da signorine o signore disposte a compiere tali doveri di solidarietà. Quindi: accordi locali tra l’Opera Nazionale, i Fasci Femminili, le donne cattoliche, le giovani italiane. Unire in quest’opera di bene anche i Comuni e le Congregazioni di Carità che dovrebbero erogare i mezzi per somministrare quei sussidi terapeutici che non è tra i compiti della “Maternità ed Infanzia” di somministrare: principalmente limonee peptiche, fermenti lattici, acido cloridrico e lattico, ecc. Questa azione non può svolgersi attraverso Consultori mobili o Cattedre Ambulanti di Puericultura, a cui sono contrario, per quanto riguarda questa Provincia: la S. V. Ill.ma ricorderà che tale avversione ebbi già modo di manifestarla allorchè facevo parte della Giunta Esecutiva provinciale.  E’ sommamente difficile infatti convincere le nostre contadine (e non quelle soltanto) a recarsi ad ascoltare la “chiacchierata” che –in forma più o meno elevata- farà il “professore” venuto da Matera, ma quand’anche si arrivasse ad ottenere ciò, tutto resterebbe nelle condizioni di prima: il “professore” parlerà, darà dei consigli, visiterà anche dei bambini, detterà delle ricette e poi…arrivederci fra otto o quindici giorni. I bambini continueranno a rimanere abbandonati a se stessi e continueranno a morire. Questo non si verifica col consultorio comunale dove la possibilità di più agevole accesso, la confidenza col medico già conosciuto, la cura affettuosa della dama assistente, la somministrazione di qualche farmaco più necessario attirerà sempre più gente e darà la possibilità di svolgere, contemporaneamente, opera curativa ed educativa. Ci si avvierebbe, per gradi, alla istituzione di quei centri di assistenza materna ed infantile che sono fra le finalità dell’Opera Nazionale e che qui non sarà mai possibile creare di colpo. In questa azione profilattica e curativa potranno essere chiamati ad intervenire anche i Parroci, che sono membri di diritto dei Comitati del patronato e che possono (anche dal pulpito) essere di notevole ausilio in questa campagna, i cui diretti benefici non tarderebbero a verificarsi. Accanto a questa azione da svolgersi nei confronti delle madri è necessario provvedere per i bambini, limitandosi in un primo tempo, a quelli di età superiore ai tre anni. Io sono sicuro che grandi benefici arrecherebbe la istituzione di asili infantili estivi che propongo alla S.V. Ill.ma. Quando noi, previa intensa opera di propaganda, avremo prelevati dalle proprie case quei bambini che dovrebbero altrimenti seguire le proprie madri in campagna o dovrebbero essere abbandonati a se stessi, quando li avremo tenuti per l’intera giornata in locali idonei, sotto la sorveglianza di personale cosciente,, quando avremo somministrata loro una refezione sana e salubre, controllando e curando subito gli eventuali loro malesseri, restituendo poi questi bambini alla famiglia solo per la notte, noi avremo evitate tante cause di malattie e salvate per la Patria tante giovani vite.  Dove sarà possibile –in questo o negli anni a venire- si istituirebbero anche degli Asili-Nido per i bambini lattanti, dando anche la possibilità alle madri di assolvere con maggiore serenità ai loro doveri, e dei dormitori per raccogliervi i figli di quelle madri che sogliono passare in campagna anche le notti, nei periodi di più intenso lavoro. Esaminando le possibilità finanziarie per l’attuazione di questo programma, posso affermare che l’alimentazione di un bambino cui si somministrino due pasti al giorno, costi al massimo £. 1,40. Con 30 mila lire quindi –ivi comprese le spese generali e di personale- potranno essere assistiti per tre mesi trecento bambini. Se poi potrà sfruttarsi il sentimento di solidarietà umana, ottenendo contributi dai ricchi, le spese diminuirebbero. E diminuirebbe pure il numero delle piccole bare che ogni anno scendono nel terreno. La S.V. Ill.ma vaglierà il mio piano e giudicherà dell’opportunità o meno di attuarlo: io ho inteso, formulandolo, di adempiere ad un dovere di ufficio, di umanità e di patriottismo, studiando i mezzi che renderanno meno grave la mortalità infantile nei mesi estivi. Con osservanza.  Il Medico Provinciale (Dr. Carmine Calvanese)

Cristoforo Magistro
Cristoforo Magistro
(Montescaglioso 1949), è laureato in lettere e ha insegnato Italiano e Storia nei corsi di scuola media per adulti a Torino. Appassionato di storia regionale, si è interessato al brigantaggio, all’emigrazione transoceanica, alla figura di Francesco Saverio Nitti, al fascismo e alle lotte per la terra del secondo dopoguerra. Vari suoi saggi e articoli si possono leggere sulle riviste Bollettino Storico per la Basilicata, Basilicata Regione, Mondo Basilicata e su libri di autori vari (Soveria Mannelli 2008: Villa Nitti a Maratea. Il luogo del pensiero; Torino 2009: Dalla parte degli ultimi. Padre Prosperino in Mozambico; Potenza 2010: Potenza Capoluogo (1806-2006)). Ha curato inoltre mostre foto-documentarie sull’emigrazione italiana, sugli stranieri in Italia, sulla vita e l’opera di F. S. Nitti, sulle donne al confino e sul confino degli omosessuali nel Materano. Quest’ultima è stata presentata finora in una quarantina di città e ultimamente a Firenze e a Cagliari nelle sedi regionali. Ampliando la ricerca sul suddetto o tema ha poi pubblicato il libro Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali in Lucania (ombrecorte, Verona 2019) andato presto esaurito. Ha poi svolto un’ampia ricerca sugli stupri commessi nella regione negli anni del grande brigantaggio  e sui femminicidi e gli omicidi commessi da donne. L’una e l’altra sono in speranzosa attesa di pubblicazione.
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