E se alcuni, dopo la fase detentiva durante il Ventennio fascista, decisero di tornare dalle nostre e parti e di stabilirsi definitivamente, in un territorio e tra gente accogliente e allora c’è da tener conto di una gestione senz’altro più umano rispetto ad altre realtà come Ferrara e Cagliari, dove quelle realtà servirono anche al riscatto e al recupero produttivo dei territori. Da noi,ricorda Vincenzo Maida, figure come Camilla Ravera, che furono detenute oltre che a Marconia anche a Montalbano Jonico, ci furono possibilità anche di godersi giornate di sole al mare. Altro contesto, altri tempi, ma è un dato fatto. E diamo a Cesare, al Duce in questo caso, quello che gli è dovuto, senza dimenticare tutti i limiti di un regime che soffocò le libertà democratiche. Precisazioni, che fanno il paio con quello che sono stati i campi di concentramenti che videro ‘’democrazie’’come quella degli Stati Uniti e dell’Inghilterra offrire più di un esempio di disumanità.
LA COLONIA PENALE DI MARCONIA!
FU DAVVERO IL FASCISMO IL MALE ASSOLUTO? QUELLO CHE NESSUNO DICE!
A Pisticci il 25 aprile di qualche anno fa, alcune strade sono state dedicate ai militanti antifascisti che negli anni ’30 soggiornarono nella colonia penale di Marconia. Per alcuni era un primo passo verso la creazione di un museo della memoria. Avere ricordo del passato e cercarne le testimonianze è sempre un’ottima cosa, a patto che non vi siano esagerazioni e mistificazioni e si rispetti la verità storica.
Parlare infatti, nel caso di Marconia, di campo di concentramento, che nel linguaggio comune è spesso assimilato a campo di sterminio, è non solo esagerato, ma totalmente falso.
Conoscendo il tradizionale senso di ospitalità della nostra gente, è facile immaginare che non vi furono episodi di tortura o maltrattamenti e le stesse foto degli internati sorridenti, sono eloquenti testimonianze delle condizioni nelle quali vissero i circa 1700 internati che transitarono dalla colonia penale. Tant’è che qualcuno decise, alla fine della guerra, di mettere definitivamente radici nel territorio pisticcese.
La storia ha conosciuto ben altri orrori. A tal proposito giova ricordare che la sistematica eliminazione dei prigionieri nei campi di concentramento venne “inaugurata” nelle guerra di secessione americana da ambedue le parti in conflitto; la stessa cosa fecero gli inglesi nella guerra boera e quindi la Germania Nazista con i campi di sterminio e l’Unione Sovietica con l’internamento in Siberia dei dissidenti anticomunisti, su questi ultimi campi di concentramento e sulle condizioni disumane che i comunisti riservarono alla dissidenza è fiorita una vasta e nota letteratura.
I primi ad utilizzare le colonie penali furono gli inglesi che inviarono nel XVIII secolo circa 50 mila condannati nel nord america, più precisamente nella provincia della Georgia e dopo la guerra di indipendenza americana utilizzarono come colonia penale l’Australia. Sidney nacque, infatti, da un gruppo di internati, la Francia utilizzò invece la Gujana francese.
I piemontesi negli anni dell’unità d’Italia i dissidenti che non vollero piegarsi all’esercito sabaudo, circa 15.000, li internò a Fenestrelle, in una fortezza tra le montagne torinesi. Tra loro alcuni giovani lucani appena ventenni, ignorati da tutti anche in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dall’unità d’Italia, che morirono di freddo e fame. Le vittime si aggiunsero alle oltre 5000 condanne a morte eseguite contro i dissidenti, molti dei quali passarono alla storia come briganti.
Nelle colonie penali in genere la prigionia era molto dura, erano previste punizioni fisiche, molti prigionieri morivano per denutrizione e per malattie non curate. Le colonie venivano localizzate in luoghi inospitali. A Marconia non si ha notizia di episodi disumani. Un esempio di colonia penale agricola, come quella di Marconia, venne istituita nella metà dell’800 a Castiadas, in provincia di Cagliari. Il duplice obiettivo era di far scontare la pena ai detenuti per i delitti commessi e nello stesso tempo bonificare una zona malsana e paludosa.
Nel 1877 ebbe inizio la costruzione della Colonia Penale, dalle capanne in legno si passò ad edifici di pregevole fattura; vennero realizzate la casa della direzione e le abitazioni degli impiegati e dei militari, successivamente il pronto soccorso, la farmacia, l’ospedale, la stazione telefonica e la centrale elettrica. Altri fabbricati sparsi sul territorio servivano ai reclusi nelle loro attività agro-pastorali. I detenuti, infatti, ottennero ottimi risultati sia in agricoltura sia in pastorizia, con l’allevamento di bestiame selezionato, la coltivazione di vigne, agrumeti, grano, cereali e legumi.
La colonia arrivò ad ospitare una popolazione di oltre 1000 unità che contribuirono in maniera determinante alla trasformazione del territorio. Eseguita la bonifica, il R.D. del 30 novembre 1933 dispose il trasferimento dei detenuti in altre colonie e i relativi terreni all’Ente di Colonizzazione Ferrarese. I primi interventi dell’Ente Ferrarese risalgono al 1947 con la realizzazione di alcune piccole strutture pubbliche.
La Colonia Penale cessò di esistere soltanto nel 1952. Camilla Ravera, tra le fondatrici del Partito comunista italiano, passò dalla colonia penale di Marconia, soggiornò anche a Montalbano Jonico e poi a San Giorgio Lucano. Da quello che riferiscono i più anziani non se la passò affatto male. Riverita dai paesani, veniva accompagnata in calesse nelle vicine spiagge joniche a prendere il sole. Nei gulag i confinati vivevano in condizioni sicuramente diverse.
Il fascismo, pur nella esecrabilità della forma dittatoriale e della soppressione del dissenso, come hanno riconosciuto autori e storici anche di sinistra, nelle temperie dello scontro ideologico del ‘900, rivelò anche verso i dissidenti un volto più umano di altre nazioni e di altri regimi, in primo luogo di quelli comunisti.
Vincenzo Maida
Centro Studi Jonico DRU
