Naturalmente il pentagramma, che abbraccia la storia dell’uomo, ne conta 1000 volte tante e più, senza dimenticare le variazioni sul tema, che prendono l’appassionato o il visitatore che raggiunge il Museo degli strumenti musicali di Roma, in piazza Santa Croce in Gerusalemme, a un tiro di schioppo (meglio al suono delle campane) dalla basilica di San Giovanni in Laterano. E per quanti si recano nella Capitale nell’anno del Giubileo è una tappa da fare, con i temi della religiosità, della cultura e della musica che si intrecciano. Quel Museo statale, www.museostrumentimusicali.beniculturali.it/, è uno scrigno di strumenti che hanno segnato e segnano la storia della grande musica, passando per la evoluzione delle tecniche di lavorazione, decorazione e per il ruolo che hanno svolto in luoghi diversi: dalle corti nobiliari alle chiese, dalle piazze ai palchi di diverso contesto.
E’ un museo davvero unico con esemplari, alcuni davvero rari, che farebbero la gioia dei collezionisti. Uno, in particolare, il tenore Evangelista ”Evan” Gorga l’ha vissuta per la sua esistenza prima di donare allo Stato un patrimonio raccolto nel tempo. E poi è il luogo giusto, circondato dal verde e da tanta pace, per ascoltare la ”voce” di quegli strumenti. Sì, proprio così. In alcune stanze avvicinandosi a violini, pianoforti, arpe è possibile ascoltare ”sonate” eseguite da musicisti di oggi, ma con partiture del passato. Come la ”Toccata seconda & Ligatura per l’arpa’’ del nostro compositore del Seicento Giovanni Maria Trabaci
C’è tanto da ascoltare e da vedere tra i tanti pezzi in mostra , datati in prevalenza tra XVI e XIX secolo, che comprendono una ricca varietà di strumenti a fiato, cordofoni, strumenti meccanici e strumenti musicali rarissimi per forma, fattura e decorazioni. Alcuni ci hanno colpiti. Tra questi l’antenato del Juke Box , di fattura italiana, risalente al Novecento.
Uno strumento di legno massiccio, scuro, con una grande cassa centrale, dieci dischi da selezionare, inserendo una moneta del Regno e la sciccheria di due abat jour a gocce di cristallo per una serata di danza e ascolti. E poi spinette, clavicembali di diverse forme e dimensioni, anche con suoni eufonici(piuttosto rari) impreziositi da decorazioni floreali o dorate. Abbiamo scoperto, parlando con il personale, davvero competente, che lo scorso anno l’Istituto centrale del restauro di Matera è stato coinvolto in un corso per il recupero di questi preziosi strumenti.
E che dire dei pianoforti? Una storia nella storia. Delle chitarre, alcune fuse con un’arpa, fino al ”basso” di una Fender del 1966.
Tanto rock su quelle corde, accanto a quelle classiche, ai mandolini, alle mandole dal legno intarsiato, ai contrabassi. Una festa di suoni tra gli ottoni di ogni dimensione per orchestre, orchestrine, classiche e jazz dirette dai maestri…con l’esecuzione di una bacchetta e con un omaggio a un corposo bastone dorato per i ritmi di piazza o per l’ingresso dei ballerini in pista.
Quest’ultima era una consuetudine affidata a un ”maitre à dancer”, un maestro per balli, che annunciava balli e invitava le coppie ” en place” (in pista) battendo il bastone sul pavimento. Un capitolo a parte meritano gli organi, quegli strumenti a canne, che troviamo soprattutto nelle chiese ma che al Museo fanno bella mostra per le superbe decorazioni. Spartito aperto. Un museo che è la casa degli strumenti musicali di ogni epoca. Da vedere.
