Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro, soprattutto quando si parla di guerre, dittature di qualsiasi colore, epoca e latitudine, di libertà soffocate e represse nel sangue. Il tricolore del BelPaese, che contrassegna una Costituzione nata dalla Resitenza, ha sventolato per tanti che hanno dato la vita per un futuro di libertà, di democrazia, nonostante la irrisolta questione morale che offusca una necessaria e sempre rinviata stagione di riforme. Le libertà vanno difese sempre, ma alimentando la memoria, in particolare tra le nuove generazioni che hanno conosciuto, grazie al sacrificio dei padri, una lunga stagione di pace, ma anche di disorientamento, di false verità, alimentate ad arte sui social o dagli imbonitori dell’incoerenza, pronti a dire e a fare tutto e il contrario di tutto. Lo ripetiamo in occasione del 11 settembre, per il ventennale dell’attacco terroristico internazionale alle Torri Gemelle di New York nel 2001. E da Altamura (Bari) viene una iniziativa intensa, identitaria, sul quel ”Campo 65” tra Altamura e Gravina – del quale abbiamo parlato in altri servizi- che racconta ancora storie di ” Prigionieri di Guerre’, ben 9000 passati in quel luogo di detenzione durante il secondo conflitto mondiale. Gli organizzatori, che presenteranno l’evento sabato prossimo ad Altamura, ancora una volta ritornano sul tema della memoria ”per non dimenticare” quanti – con il loro esempio- ci hanno lasciato una stagione di libertà. Valori , esempi e sacrifici quantomai attuali a 20 anni dall’attacco alle torri gemelle, con le svolte autoritarie e antidemocratiche anche in Occidente e la diaspora di popoli sfruttati che spingono alle porte di quelli liberi. Gli eventi di ”campo 65” e le sue storie serviranno a non dimenticare.
LA PRESENTAZIONE DELL’ EVENTO
Storie dal Campo, rassegna su luoghi e memorie del Novecento: “Prigionieri di Guerre”. Conferenza stampa sabato 11 settembre ad Altamura.
Campo 65: la Memoria che resta e si fa viva. Nel mese in corso giornate di studio, escursioni, attività di recupero, mostre, visite guidate, spettacoli e un rito interreligioso.
Tra Altamura e Gravina sorgeva il più grande campo di prigionia italiano della seconda guerra mondiale. Di circa ottanta edifici, tra i quali alcuni manufatti di servizio, restano una dozzina di baracche in rovina, compresa la palazzina comando. Il suo nome per esteso era Campo per prigionieri Nr.65 Gravina (o Campo 65). Era stato programmato per ospitare 12 mila persone in tutto. Vi passarono nel periodo 1942-43 oltre 9000 prigionieri (era la capienza massima, ma considerando il turnover transitarono almeno 3-4 volte tanto), soprattutto del Commonwealth britannico, provenienti dai fronti della guerra d’Africa. Per proseguire nell’azione di riscoperta, conoscenza, tutela, recupero già intrapresa da qualche anno, di quello e di altri luoghi significativi del cosiddetto ”secolo breve”, ma anche nell’opera di approfondimento delle storie di vita dei prigionieri, dei soldati e dei carabinieri che li tenevano in custodia e dei rapporti con la popolazione locale, l’associazione Campo 65 ha organizzato ad Altamura (Bari) per tutto il mese di settembre “Storie dal campo, rassegna internazionale su luoghi e memorie del Novecento”. La manifestazione verrà presentata nel corso di una conferenza stampa che si terrà sabato 11 settembre alle 10.30 proprio nella suggestiva area del Campo (sulla statale 96 Altamura-Gravina qui il link a Google Map per arrivare https://goo.gl/maps/9Y2ALAQJksoSeJVj8 )
Interverranno il professor Giuliano De Felice, archeologo, docente dell’Università di Foggia, che in estate ha già coordinato una prima breve e sperimentale campagna di scavi e di ricerca, la prima in Puglia sull’archeologia del contemporaneo) e il presidente dell’associazione Campo 65 Domenico Bolognese. Lungo il mese di settembre sono stati programmati un ciclo di incontri e convegni, giornate di studio, escursioni, anche in bici, attività di recupero e pulizia dell’area, dibattiti sul futuro del campo e sulla sua salvaguardia, testimonianze dei discendenti dei prigionieri, visite guidate, mostre, performance, spettacoli, arte. Previsti anche la presentazione di un concorso di idee e un significativo rito interreligioso poiché nel campo si incrociarono esperienze umane di diversa estrazione culturale. La prima edizione della rassegna è dedicata al tema “Prigionieri di guerre”.
In serata, sempre l’11 settembre, nello splendido casale Cagnazzi (sulla strada comunale esterna San Tommaso qui il link a Google Map per arrivare https://goo.gl/maps/1VD1423ejJi3RpkJ9 ), a partire dalle 18.30, la manifestazione verrà presentata al pubblico. Seguiranno la proiezione di un documentario di Gianfranco Maiullari e, in collaborazione con il Festival Suoni della Murgia, l’esecuzione di brani musicali originali interpretati da Maria Moramarco e Luigi Bolognese e le memorie di prigionieri lette da Michele Di Donna e musicate da Luigi Bolognese.
Domenica 12 settembre, di buon mattino, il programma parte con “History Bike”, in mountain bike tra i luoghi della memoria e i geositi del Parco, in collaborazione con l’associazione Orme Bike. Partenza da Piazza Duomo (Altamura) e poi tappe a Campo 65, Base Jupiter-Casale, Cava dei Dinosauri e arrivo a Dimora Cagnazzi. (Qui informazioni per i dettagli e per partecipare a quest’ultima iniziativa https://www.facebook.com/events/1079630459237528/?ref=newsfeed )
Con i patrocini di Ministero della Cultura, Città Metropolitana di Bari, Comune di Altamura, Comune di Gravina in Puglia, Regione Puglia, Parco dell’Alta Murgia, Università di Foggia e Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e in collaborazione con le associazioni Link, Ripuliamoci, le Asd Orme Bike, Blaze a Avanti, il Centro Studi Torre di Nebbia e i Licei statali “Cagnazzi” e “Federico II di Svevia”.
Qui il video del Campo 65 con immagini dall’alto https://www.youtube.com/watch?v=SHIQob_dOnY
Per informazioni: Ufficio Stampa 3334225560; Associazione “Campo 65” 3891164420
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LA SCHEDA DI CAMPO 365SCHEDA CAMPO 65 E LUOGHI DELLA MEMORIA-RASSEGNA “STORIE DAL CAMPO”
La Memoria che resta e si fa viva
Campo 65, una vasta area di oltre 30 ettari, fu il più grande campo di prigionia in Italia nel corso della seconda guerra mondiale e ospitò negli anni 1942-43 prigionieri provenienti soprattutto dai Paesi del Commonwealth, catturati sul fronte nord-africano dalle forze dell’Asse e trasferiti in Italia. Poi, dopo l’8 settembre, per un brevissimo periodo, diventò centro di addestramento di partigiani per la liberazione della Jugoslavia. Infine, negli anni post-bellici, fu adibito a campo profughi degli italiani provenienti dalla Venezia Giulia, dall’Istria e dalla Dalmazia o rimpatriati dall’Africa coloniale. Insomma un libro aperto sulla storia drammatica del Novecento e un sito di enorme importanza storica il cui interesse va ben oltre i confini regionali e nazionali.
Oggi l’area, nella quale sopravvivono alcune costruzioni (una decina di baracche, tra cui la palazzina comandi) degli 80 manufatti complessivi, è di proprietà del Comune di Altamura. Da alcuni anni l’associazione omonima, con la collaborazione di diverse istituzioni (Comune, Regione, Università, Esercito, associazioni, scuole, queste ultime importanti protagoniste del lavoro di ricerca svolto finora), ha iniziato un’opera di conoscenza, approfondimento e divulgazione a un pubblico sempre più vasto, avviando e programmando, inoltre, attività di messa in sicurezza, recupero e valorizzazione. E’ stato costituito dal Comune un comitato tecnico. Le iniziative per la conoscenza e la valorizzazione del Campo 65 sono state, inoltre, sostenute dalla norma su “Luoghi e Archivi della Memoria” approvata nel Consiglio regionale della Puglia nel 2019, poi tramutata in legge nel 2020.
A luglio, per una settimana, è stata realizzata una breve sessione di scavi di archeologia del contemporaneo, un tipo di indagine insolita in Italia nel settore, a cura di docenti e studenti delle Università di Foggia e Bari, con il supporto del Comune di Altamura e dell’associazione Campo 65. Si è trattato di una prima sperimentazione non invasiva (pulitura, rilievo e documentazione) autorizzata dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Bari, cui seguiranno altre sessioni e altri studi. Le indagini hanno riguardato soprattutto le aree delle strutture già demolite e le decorazioni e i graffiti di quelle superstiti al fine di riconoscere le tracce materiali delle diverse fasi di vita del sito, nella prospettiva di recuperare dati utili per la sua preservazione e la valorizzazione.
Durante i lavori sono stati portati alla luce un podio per l’alzabandiera e due cucine appartenenti ad altrettanti settori dei sei complessivi del Campo 65.
Al di là della materialità dei luoghi, diverse sono anche le testimonianze immateriali e orali provenienti da tutto il mondo. Si va dai diversi archivi internazionali ai diari, dalle ricostruzioni biografiche ai documenti della Croce Rossa che l’associazione ha già recuperato e intende ancora recuperare e togliere dall’oblio, rendere fruibili e vivi, in collaborazione con le istituzioni. Un patrimonio di comunità ma anche una comunità di patrimonio visto il coinvolgimento già avvenuto dei giovani studenti di due licei statali cittadini, “Cagnazzi” e “Federico II di Svevia”, ad esempio nella digitalizzazione e nella traduzione di testi, che esalta l’attualità del Campo 65 e degli altri luoghi significativi dei conflitti del Novecento. I giovani hanno scoperto in questo modo di vivere a pochi passi da uno dei luoghi dove è passata la storia drammatica del secolo scorso, seppure a grande distanza dai fronti bellici. Tra gli obiettivi dell’associazione il collegamento e la collaborazione con altri campi di prigionia e concentramento sparsi in Italia.
Alla rassegna parteciperanno storici, ricercatori e discendenti di prigionieri tra i quali un professore universitario inglese, Malcolm Gaskill, pronipote di Ralph Corps, uno dei prigionieri britannici del Campo che ha lasciato la sua testimonianza in un diario, in cui emerge in particolare la fuga dalla struttura insieme a un altro soldato. Entrambi, però, vennero subito catturati. Negli anni scorsi altri parenti di militari di varie nazionalità, già prigionieri in quegli anni, sono venuti sulla Murgia e ad Altamura a visitare il Campo. Dalle ricerche storiche e documentarie è venuta alla luce, ad esempio, la persecuzione della polizia fascista (Ovra) nei confronti di una coraggiosa donna di Altamura, che peraltro aveva due figli impegnati al fronte, sospettata di fornire supporto e copertura ai prigionieri britannici, sulla carta, ma solo sulla carta, suoi nemici. Ma sono tanti i Luoghi della Memoria che si trovano nel territorio murgiano e che hanno necessità di essere riscoperti e messi in luce. Ad Altamura, sempre durante la seconda guerra mondiale, furono operativi due ospedali militari allestiti in altrettanti edifici (Monastero del Soccorso e scuola IV Novembre) all’interno dell’abitato e un’area (Villa Serena) su cui sorse un accampamento temporaneo di tende. La città fu sede anche dell’antico Campo di Casale, sulla strada per Santeramo, ormai non più esistente, dove erano detenuti i prigionieri austro-ungarici della prima guerra mondiale. I resti di alcuni dei soldati, morti a causa delle malattie contratte durante la prigionia, sono conservati in una cappella del cimitero e vengono omaggiati ogni anno in occasione del 4 novembre. E poi ancora le basi missilistiche a testata nucleare della Nato, “Jupiter”, puntate contro l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda (dal 1959 al 1962), una decina in tutto, sparse in alcuni comuni murgiani tra cui due ad Altamura, una rispettivamente a Gravina, Acquaviva, Gioia del Colle, Spinazzola, Laterza, Mottola, Matera, Irsina ecc… Luoghi e testimonianze che si intende trasformare in un messaggio di memoria, di pace e tolleranza, sull’inutilità dei conflitti attraverso la conoscenza e il racconto delle sofferenze che coinvolgevano alla stessa maniera prigionieri e “custodi”.
Durante la rassegna ci sarà anche l’occasione di riflettere sul futuro del Campo 65. L’auspicio è quello di un luogo aperto, non recintato, di cui la comunità si dovrebbe riappropriare per la sua capacità di raccontare storie, peraltro in una zona adiacente all’area del Parco dell’Alta Murgia nella quale si potrebbero realizzare ad esempio percorsi cicloturistici e dedicati al benessere fisico e ambientale. L’obiettivo è di farlo diventare veicolo di un messaggio di tolleranza e convivialità in contrapposizione alla sofferenza che ogni detenzione comporta. Benché fossero protetti dalla convenzione di Ginevra, in quanto prigionieri di guerra di un altro esercito, gli ospiti del Campo patirono privazioni e fame. In definitiva un simbolo di pace alternativo alla cultura della sopraffazione e della prevaricazione che portò alla seconda guerra mondiale. Nel Campo 65 furono detenuti prigionieri di diverse estrazioni culturali e religiose: britannici, canadesi, australiani, neozelandesi, sudafricani, palestinesi, marocchini e una sessantina di persone di fede ebraica. Una coincidenza casuale ma simbolica è la data in cui viene presentata e parte la rassegna, l’11 settembre, anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, legato a tanti lutti e agli strascichi della successiva guerra in Afghanistan tornata prepotentemente e drammaticamente alla ribalta negli ultimi giorni.
“Dietro le nostre linee: 2 novembre 1943”….. “Infine ce l’abbiamo fatta a raggiungere il fronte e la nostra libertà…. E’ dura mia cara realizzare che siamo nuovamente uomini liberi, abbiamo quasi paura di dormire per timore di scoprire che si è trattato solo di un sogno”. Dalla lettera di Alan Charlie Paice, 25 anni, soldato inglese, del Royal Tank Regiment, alla moglie.
Era stato detenuto nel Campo 65.
