Sono passati 20 anni dalla sua scomparsa, ricordata il 3 dicembre con una Messa in suffragio celebrata nella parrocchia di Maria Santissima Annunziata da mons Giuseppe Antonio Caiazzo e da un bel servizio pubblicato da Logos https://www.logosmatera.it/don-giovanni-mele-ci-hasciato-20-anni-fa-una-ricca-eredita-il-3-dicembre-una-s-messa-presieduta-dallarcivescovo/, e per il rione Piccianello quel cuore di parroco di ”frontiera” continua a battere nelle opere che ha avviato e per quel modo di fare, di rapportarsi con la gente che ne ha fatto un esempio di coerenza fatto di pochi gesti e di parole concrete. Don Giovanni Mele per tanti è rimasto la carità fatta persona, pronto ad ascoltare e a ”servire” il prossimo, che bussava alla porta della sagrestia in tutte le ore della giornata. E lui con un sorriso, accompagnato dalle mani giunte su una scrivania colma di carte salutava con un ” Avanti, buongiorno Mio Signore…”, chiedendo del motivo della visita che scantonava in una richiesta di aiuto per ”Nostro Signore”. Potevano essere viveri, un abito per un recluso che sarebbe dovuto andare di lì a poco in Tribunale, un lavoro per una madre in difficoltà, trovare una sistemazione temporanea per qualcuno di passaggio, sbrigare una pratica in quella ”Pubblica Amministrazione” che per don Giovanni era oggetto di insofferenza e di sofferenza… A volte toccava a suo fratello Stefano, buonanima, dipendente comunale, giornalista sportivo e per un po’ anche direttore responsabile del periodico ” La Periferia”, fondato da don Giovanni, del quale era direttore editoriale lo stesso don Giovanni e redattore l’amico di sempre don Nicola Colagrande, parroco di San Paolo al rione Villa Longo, dipanare tante matasse.
Don Giovanni contava molto sulla coscienza degli uomini, legato com’era alla Provvidenza e a citazioni come ” Dio vede e provvede” e ”Pane al pane e vino al vino”. Concreto e sempre pronto a schierarsi dalla parte degli ultimi (offri ospitalità in un locale di via Racioppi ad alcuni giovani che negli 70 avevano dato vita a un circolo di operai e studenti) ma poco incline ai compromessi. Tanti gli esempi che lo hanno fatto apprezzare nel quartiere e in città . Ricordiamo la vertenza che nel 2006 portò alla chiusura del pastificio Padula-Barilla, che citava spesso in Chiesa, portando sostegno ai lavoratori ed esortando la politica a darsi una mossa. Ma ebbe anche a contestare la proprietà dello stabilimento che aveva alimentato il tasso di inquinamento dell’aria: dal ciclo produttivo e dal transito dei tir. Barilla si fece avanti con un ”piccolo” contributo in danaro per il rifacimento di alcune opere della Chiesa, ma Don Giovanni rifiutò ”perchè – disse- non avevano mostrato alcun briciolo di pentimento, non per me ma per la salute della gente del quartiere”. Un parroco senza peli sulla lingua, da frontiera, per alcuni comunista, ma aveva il Vangelo in testa e nel cuore. Tant’è che negli anni Ottanta non esitò a cacciare i ”mercanti dal tempio” eliminando lo sfarzo degli allestimenti e ad altre iniziative per la festa di Maria Santissima Annunziata. Seppe difendere, e qui gli diedi una mano, quando per esigenze organizzative la fabbrica del carro trionfale stava per essere delocalizzata in un anonimo capannone del Paip, come si apprestava a fare un assessore della Margherita…Allertammo della cosa il sindaco in carica Angelo Minieri e, per non perdere la memoria dei luoghi, la toponomastica cittadina con delibera del 29 giugno 2001 (alla vigilia della festa della Bruna) annoverò la ”piazza del carro trionfale”. Pericolo scampato, per una città che subisce qua e là, per opportunismi, smemoratezza, mediocrità, ricorrenti vuoti di memoria. Don Giovanni ne aveva una di ferro e pensava sempre ai bambini, ai giovani seguendoli nel percorso religioso ( il catechismo era il perno di questo impegno), di inclusione (lo scoutismo Agesci), di animazione (il cinema domenicale con le proiezioni della San Paolo Film) e per quello che era diventato il suo impegno estivo al villaggio di Cirigliano. Quante volte lo abbiamo visto partire dalla parrocchia con una vecchia fiat 1100 scura , caricata a ”ciuccio”, e a rischio che saltassero le balestre. Era colma di viveri (portapacchi compreso) e di altro occorrente per ospiti che soggiornavano nelle casette di legno, alcune utilizzate durante il terremoto del Friuli. Don Giovanni è stato anche questo. Ma, soprattutto, un esempio di carità fatta persona, concreta, che sapeva parlare al cuore degli uomini, senza mai tirarsi indietro.E ha lasciato una bella eredità ”creativa” e mai doma come lui. Quel don Angelo Tataranni, oggi direttore della Caritas che ne ha seguito opera e orme nella parrocchia di San Rocco. A Piccianello, e lo ricordiamo in tanti, raccogliemmo le firme e ci recammo dal Vescovo del tempo mons Salvatore Ligorio, perchè don Angelo restasse alla guida della Parrocchia. Risposta negativa. La Chiesa scelse la discontinuità.
