martedì, 8 Luglio , 2025
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Io voto SI, io voto NO….oppure mi astengo! I malati di quorum nella terra dei cachi!

Il giorno della Festa della Repubblica (nata da un voto referendario-andò a votare l’89% degli elettori), abbiamo commentato la dichiarazione “non sense” della Presidente del Consiglio (“andrò a votare ma non ritirerò la scheda“) in risposta a cosa avrebbe fatto in occasione dei referendum di domenica prossima. E successivamente abbiamo ricordato – a fronte della leggerezza con cui si considera l’importanza dell’esercizio del voto, oggi- che rimangono in vigore norme che non consentirebbero a chi ricopre incarichi pubblici di incitare al non voto. E che l’art.75 della Costituzione nell’introdurre l’istituto del referendum e normarne la validità, non intendeva certo costituire una smentita dell’art.48 della stessa Carta con cui si sottolinea il valore etico del voto: “Il suo esercizio è dovere civico“. Insomma era abbastanza chiaro che, in quel ricordare le norme a cui si dovrebbero attenere chi ricopre cariche istituzionali e i cittadini nel momento in cui sono chiamati ad esercitare quel dovere civico, c’era un richiamo al valore etico del voto, chiaramente espresso dai costituenti. Ovvero che sarebbe opportuno andare a votare, sempre! Detto ciò -fino a quando un qualche decreto sicurezza non giungerà ad introdurre ulteriori restrizioni alla libertà-  uno , grazie a quel 25 aprile del 1945, è libero di andare al mare o di recarsi al seggio e non ritirare la scheda, non lo arrestano mica per questo, ma non ci si trinceri dietro un presunto diritto. L’astensione ai referendum è una furbata che utilizza chi vuole solo sfruttare a proprio vantaggio l’astensionismo già presente nella società. E invece di spiegare le proprie ragioni e manifestare il voto per il NO, scappa! Detto questo, bisogna ricordare che questa brutta abitudine a svilire l’istituto referendario non è certo una croce da buttare addosso al solo governo Meloni. Dopo Craxi che fu l’antesignano dell’andate al mare, si sono esercitati in tanti in questo sport – a destra e a sinistra- a seconda delle convenienze. Ma di svilimento in svilimento dell’importanza del voto siamo finiti ad un astensionismo generalizzato che supera oramai spesso il 50%.  Ci aiuta nel ricordare le colpe di tutti, l’editoriale di oggi di Marco Travaglio che riportiamo a seguire:

MALATI DI QUORUM – “È vero: fa molto ridere la premier Meloni che va a votare ai referendum per non votare i referendum e lo annuncia nell’89° anniversario del primo referendum, quello del 2 giugno 1946 fra Monarchia e Repubblica. Chi ricopre pubbliche funzioni, tantopiù se in ruoli apicali, dovrebbe sempre invitare a votare e mai ad astenersi. Ma c’è qualcosa di ancor peggiore dell’istigazione all’astensione: lo sdegno selettivo di chi accusa chi la pratica, scordandosi di aver fatto lo stesso. Oggi i radicali, promotori del quesito sulla cittadinanza breve agli stranieri, si stracciano le vesti perché Meloni e La Russa si battono contro il quorum. Ma il primo a farlo fu proprio Pannella nel 1985 sulla scala mobile scassinata dall’amico Craxi. Che a sua volta si suicidò nel 1991 invitando ad “andare al mare” sul referendum elettorale. Nel 1999 Mattarella, vicepremier Ppi del governo D’Alema, quando si votò sulla legge elettorale (la sua: il Mattarellum), pose sullo stesso piano voto e astensione: “Ogni elettore può scegliere cosa fare: votare, non votare, votare sì o no”. Il quorum fu mancato per lo 0,42%. Oggi il Pd tuona contro i filo-astensionisti Meloni e La Russa, ma ha fatto spesso come loro. Nel 2003 i leader dei Ds Fassino e della Margherita Rutelli e il segretario uscente della Cgil Cofferati invitarono a stare a casa nel referendum di Rifondazione sull’art. 18 nelle piccole aziende. Lo stesso fece il Pd sui quesiti anti-trivelle del 2016: Renzi, segretario e premier, definì il referendum “una bufala” esaltando il non voto come “costituzionalmente legittimo”. E il senatore a vita Napolitano (fino a un anno prima al Quirinale) tuonò contro “l’inconsistenza e la pretestuosità di questa iniziativa referendaria: ci si pronuncia su quesiti specifici che dovrebbero essere ben fondati. Non è questo il caso. Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Quando poi l’astensione vinse, il renziano Carbone sbeffeggiò col Ciaone chi era andato a votare, pensando di aver vinto lui. Il Ciaone tornò indietro come boomerang otto mesi dopo, quando il referendum costituzionale senza quorum (comunque votò il 65,47%) rase al suolo la schiforma e il governo Renzi. Anziché giocare al “senti chi parla”, dove non vince nessuno, i partiti dovrebbero riformare i referendum: consentendo anche quelli propositivi oltre a quelli abrogativi; aumentando il numero delle firme da raccogliere (oggi online è più facile); e fissando un quorum più basso, per esempio a metà dei votanti alle ultime elezioni politiche. Nel 1946 votò l’89% degli elettori, nel 2022 il 63,9, nel 2024 il 49,6: se n’è accorto qualcuno?”.

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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