lunedì, 24 Marzo , 2025
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Il popolo della pace che non si arrende…e che aiuta a sperare!

Manifestazioni come quelle di oggi che si sono svolte in otto città italiane, tra cui Bari a cui abbiamo partecipato, mi capita di considerarle. ogni volta, come autentiche boccate di ossigeno in una situazione generale di totale rarefazione di qualsiasi speranza che, a quel peggio che ci sta capitando intorno, non possa esservi rimedio alcuno. A quella totale assuefazione mista a rassegnazione che sembra inibire una qualsiasi pur piccola reazione. Come quella, ad esempio, di unirsi ad altri che provano a far sentire la propria voce per chiedere a chi ci governa che si torni a riflettere, a ragionare, a trovare soluzioni civili ed umane alle problematiche che ora sembra trovino sbocco solo in atroci conflitti. Una piccola iniezione di ottimismo che viene dal vedere che -pur non essendo totalmente nel numero che ci si aspetterebbe a fronte della drammaticità degli eventi- sono tantissimi i giovani ad essere presenti e tanti genitori con i propri bambini.

Una speranza che non tutto è perduto e che questi sassi lanciati nello stagno dell’indifferenza possano allargare sempre più i cerchi che inevitabilmente ne derivano. Tante ragazze e ragazzi già nel bus da Matera, tutto pieno e a cui si sono aggiunte numerose auto private. Poi  tantissimi altri nel corteo e infine sul palco a testimoniare per la miriade di associazioni che hanno aderito.

Ed è da quel palco che la segretaria generale della CGIL Puglia Gigia Bucci -al cui fianco era il segretario generale della Cgil Basilicata Fernando Mega- ha ricordato  che “Al Sud, in Puglia, c’è una ragione in più per essere in piazza a reclamare pace . Avremmo bisogno di investimenti per contrastare il lavoro povero e precario e il rafforzamento dei servizi e delle tutele pubbliche per dare risposte alla crescente povertà ed esclusione. E invece quest’economia di guerra nella quale siamo precipitati fa sì che le risorse per gli armamenti si trovano mentre si tagliano i diritti fondamentali come quello alla salute. Allora serve la pace per fermare morti e distruzioni, in ogni luogo del mondo, serve che la politica recuperi il suo ruolo affinché lavorino le diplomazie e tacciano le armi. In piazza ci saranno i giovani con i caschetti da lavoro, perché vogliamo più opportunità e un lavoro sicuro, e meno elmetti di guerra. Perché la guerra chiama altra guerra, e l’unica soluzione non può che essere la pace.

Concetti ribaditi da due giovani (una israeliana e una palestinese), dalle “donne in nero“, poi da Michele Emiliano e dal Presidente nazionale dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo (“C’è il pericolo reale di una guerra mondiale -ha detto- e solo un pazzo rimarrebbe indifferente a questo pericolo. Abbiamo deciso oggi di dar vita a queste sette grandi manifestazioni, ma non è che l’inizio. Ci spetta un lungo impegno per conquistare la pace. È da irresponsabili non muoversi contro la deriva bellicista che sta attraversando il mondo”).

Ma sono stati in tanti a ribadire la volontà di non arrendersi a questa deriva dell’umanità e alla delegittimazione del diritto internazionale e il precipitare verso la legge della foresta , quella del più forte. Un appello a difendere le istituzioni internazionali, in modo particolare l’ONU che si cerca di delegittimare in modo esplicito da parte del governo israeliano, è venuto dall’esponente della comunità palestinese. Da registrare anche la presenza di numerosi sindaci pugliesi. Nessuno dalla Basilicata. Peccato. Perchè gli uomini delle istituzioni non possono essere indifferenti ed assenti a fronte di ciò che incombe sulle vite dei propri amministrati. Dedicare consigli comunali aperti sulla pace per fermare le guerre in corso, potrebbe essere anch’esso un piccolo ma altrettanto prezioso contributo alla speranza. A quello sforzo che si prova a fare levare dalla società contro la follia della guerra. Per fermarla. Prima che sia troppo tardi per tutti.

 

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Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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