martedì, 24 Giugno , 2025
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Gli schiaffi di Chiara a destra e a manca… E il “livello nebuloso” della politica materana.

L’incontro che si è svolto ieri sera nel salone della Camera di Commercio di Matera “Verso quale Matera? La proposta del manifesto per la buona politica” è apparso essere un romantico -ma utilissimo- atto di resistenza all’inesorabile incedere della politica locale in direzione ostinata e contraria. Emblematicamente rappresentata dall’intervento introduttivo di Chiara Saponaro e dalle conclusioni di Vincenzo Viti, uniti nel registrare la abissale distanza che separa ciò che dovrebbe essere “la buona politica” e il basso “livello nebuloso” (Viti) in cui essa si dipana in queste settimane. E’ stato Antonio Nicoletti (unico candidato sindaco presente) a definire sonori “schiaffi a destra e a manca“, quelli rifilati dalla pur apprezzata prolusione di Saponaro. In una sala affollata e attenta sino alla fine (erano le 21,00) di questo ultimo, di una serie di incontri di quello che sarebbe solo “il primo ciclo” di un percorso che -come ha detto Viti (rassicurando che “non trattasi di una minaccia“)-  promette di ritornare in campo a fianco (se i contenuti elaborati dovessero essere condivisi) oppure quale pungolo (scomodo e totalmente libero) della Amministrazione cittadina che verrà. Coraggiosa ed intelligente la scelta dei promotori di affidare ad una tal ventata di giovanile tensione lo svolgimento del tema della “Partecipazione” che non  può essere declinata in modo neutro e quindi sostanzialmente inutile, ma indissolubilmente legata ad una “visione“. Con la Saponaro che lo ha fatto con la puntigliosità culturale, il garbo e la determinazione di chi quel modo di intendere “partecipazione e visione” non se lo doveva inventare per l’occasione, ma prova a praticarlo da anni, pur nella desertificazione dei luoghi in cui ciò possa/dovrebbe avvenire. Partecipazione che non può essere improvvisata o svolgersi solo in occasioni elettorali, ma soprattutto disgiungersi da una visione nazionale ed internazionale – ovvero dalla condivisione di valori e visioni politiche precisi- entro cui collocare l’agire locale. Esattamente il contrario di ciò che sta accadendo a Matera dove, si sceglie la dimensione localistica per teorizzare dai palchi come negativa l’appartenenza ad un pensiero politico (quindi ad una visione e a dei valori) o a un partito (strumento principe della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica non a caso previsto in Costituzione). Denigrazione di visioni politiche e partiti per altro effettuata scandalosamente proprio da chi grazie ai partiti ci ha “campato e ci campa” letteralmente. E che senza un minimo di vergogna, invece di assumersi la responsabilità di quel degrado in quanto dirigenti di quei contenitori, lo usa come pretesto per giustificare il proprio disinvolto ed altrimenti ingiustificabile agire odierno, con cui si è assestato un ulteriore picconata a quell’edificio già così pericolante. E dunque, come ha ricordato Chiara Saponaro in conclusione: “Partecipazione e visione non sono astrazioni, anzi: sono radicate nel presente e intrecciate con le nostre vite, con i nostri bisogni e le nostre speranze. Sono forme quotidiane di rifiuto dell’indifferenza, pratiche di legame e di senso che danno voce politica alla precarietà e al disincanto. Sono il contrario del cinismo, dell’inerzia, della rassegnazione. Sono il gesto con cui ci riappropriamo della nostra responsabilità collettiva, della possibilità di ripensare una politica vicina, come ci ha insegnato Mujica, non come amministrazione del potere, ma come lotta per la felicità di tuttə. La felicità, non intesa come privilegio individuale, ma come diritto condiviso, come condizione collettiva che si costruisce attraverso la cura, la giustizia sociale e ambientale, la libertà partecipata. È in questo senso che la partecipazione è già visione: perché chi partecipa crea futuro. Per non restare indifferenti tanto davanti ad un genocidio, quanto ad un piano urbanistico ingiusto, a una speculazione edilizia, ad una concessione comunale ad un albergo o un ristorante che prende il posto di una casa popolare o di un luogo di con-di-visione pubblica. Perché la politica siamo noi. E la democrazia, se ha ancora senso, è quel luogo in cui ci è concesso, ma anche richiesto, di prender parte. Di chiedere, soprattutto, a chi ci rappresenta: Voi da che parte state?

Il prosieguo dell’iniziativa, coordinato da Lorenzo Rota, contemplava un confronto tra quattro ex sindaci della città: Saverio Acito, Salvatore Adduce, Nicola Buccico e Raffaello De Ruggieri, sul tema “Governare una città – 4 esperienze”. Una carrellata di interventi -in rigoroso ordine alfabetico- tutti contagiati dalla stimolante introduzione, e quasi sempre conditi da un gradevole registro di aplomb ironico, spesso autoironico. Tra un “sempiternoAcito (che a un certo punto per rimediare a questa ripetuta amichevole “contestazione” si è alzato scherzosamente minacciando di andarsi a “suicidare“) che nel suo amarcord da ex primo cittadino ha anche rivendicato il primato di essere stato “ultimo sindaco democristiano e ultimo di quelli non eletti direttamente“, senza per altro fare -con una notevole lezione di garbo- alcun riferimento al suo essere ancora ora un candidato nell’agone politico, e un energico De Ruggieri che da “giovanissimo-novantenne” si è voluto occupare addirittura di futuro e lavoro, riferendo alla platea di un progetto produttivo olivettiano in fase avanzatissima che vedrà la luce a breve nella città. In mezzo Adduce che -forse toccato nel vivo (essendo l’unico tra i 4 ad avere vissuto una carriera grazie ad un partito)- ha provato a bacchettare Chiara Saponaro proprio sull’argomento “partiti“, oltre a manifestare una allergia al concetto che “La politica è lottare per la felicità della gente. Non per il potere.”, racchiuso nelle parole semplici e radicali di José “Pepe” Mujica con cui la relatrice aveva esordito e poi concluso. Postura che -più che portarlo a parlare della propria pur significativa esperienza da sindaco di Matera Capitale della Cultura 2019- lo ha fatto scadere in un sostanziale assist al proprio candidato sindaco. Cosa puntualmente stigmatizzata da Buccico che poi, pur premettendo il suo essere conservatore (“senza qualcuno che conservi l’esistente non si può progredire“), non si è sottratto ad un acuto dialogo rispetto ai richiami culturali e politici evocati da Chiara Saponaro e, dopo aver ricordato con rispetto dirigenti/amministratori del PCI incrociati durante la propria militanza (nel MSI pur avendo avuto il padre rinchiuso per due anni in un campo di concentramento tedesco per non aver aderito alla RSI), ha ricordato come la sua breve esperienza di sindaco fu interrotta a causa dell’intreccio perverso -sempre incombente sulla città- del partito del mattone che lo portarono alle dimissioni.

Un breve intervento di Enzo Menzella sul tema “Per Matera – leadership e visione” e alcuni interventi dal pubblico hanno preceduto le conclusioni di Vincenzo Viti sul tema “Per una democrazia di visione e competenze”. Un Viti necessariamente breve che -da bravo padrone di casa- ha ringraziato i quattro primi cittadini ricordando che ad ognuno di loro (indipendentemente dalle valutazioni) è legato un pezzo di quanto comunque realizzato e che si è sommato, consegnandoci lo scenario attuale della Città con cui fare i conti. E, dopo aver manifestato il proprio apprezzamento per l’intervento introduttivo di Chiara Saponaro, ha riferito della sua predilezione per Nadia Urbinati. E se abbiamo compreso bene, al suo aver scritto di come la democrazia rappresentativa (per nulla un ripiego rispetto al modello spesso idealizzato di democrazia diretta, ma quale originale forma di governo democratico) sia una peculiarità delle moderne società in cui modalità di partecipazione diretta e forme di politica rappresentata si integrano. In un simbiotico processo politico caratterizzato da un flusso continuo di influenza, controllo e comunicazione tra cittadini e rappresentanti. Meccanismo ora palesemente inceppato e che richiede l’individuazione di nuove o rinnovate strategie per contenere i rischi di “dispotismo indiretto degli eletti“, intorno a cui ora ruota e si risolve tutta la politica. Dunque, servono nuovi protagonismi di partecipazione, ma anche -aggiungiamo noi- nuove regole a garanzia di un reale pluralismo dell’informazione. Altrimenti come è possibile ottenere una libera ed efficace articolazione del giudizio politico? E consentire all’opinione pubblica di svolgere un ruolo non solo di consenso ma anche di critica e sorveglianza del potere costituito? Il tutto a conclusione di una serata che va ad onore di chi l’ha resa possibile ed interpretata.

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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