domenica, 26 Gennaio , 2025
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Con Danilo Sacco, ex Nomadi, un tuffo nelle canzoni senza tempo

Mentre Danilo Sacco (voce dei Nomadi dal 1993 al 2011) intonava, domenica sera nell’anfiteatro La Salsa di Pisticci, “Ancora tuona il cannone/Ancora non è contento/Di sangue la belva umana/E ancora ci porta il vento/E ancora ci porta il vento….Io chiedo quando sarà/Che l’uomo potrà imparare/A vivere senza ammazzare/E il vento si poserà/E il vento si poserà…” è stato impressionante ed amaro rilevare (purtroppo) come questo brano -scritto da Francesco Guccini nel 1966, prima inciso dall’Equipe 84, poi l’anno dopo dallo stesso Guccini, quindi dai Nomadi nel 1992 (e via via da tanti altri artisti)- rimanga ancora di drammatica attualità. Con la constatazione che il problema oggi non è tanto “la belva” di sempre che trova nelle guerre il proprio tornaconto, ma la incapacità dell’opinione pubblica di reagire a questa regressione dell’umanità che sta riprecipitando verso un’altra tragedia nell’indifferenza generale. Una umanità che sembra aver completamente rimosso il pericolo di una guerra atomica (qui evocata con “Noi non ci saremo” : “Vedremo soltanto una sfera di fuoco/Più grande del sole, più vasta del mondo/Nemmeno un grido risuonerà
E solo il silenzio come un sudario si stenderà/Fra il cielo e la terra, per mille secoli almeno
Ma noi non ci saremo/Noi non ci saremo”). Ma tant’è. Per quanto riguarda, invece, la performance dell’artista che da sconosciuto cantante folk rock, nel 1993 si trovò a sostituire il leggendario Augusto Daolio, morto da poco, non c’è che da sottolineare la bella conferma di un professionista serio che ha accompagnato gli spettatori in un viaggio collettivo nel tempo attraverso, i brani di quella leggendaria band da cui si separò nel 2012, essenzialmente per problemi fisici. In perfetta simbiosi con i musicisti che lo hanno accompagnato per due ore zeppe e in cui non ha lesinato di somministrare pillole di buon senso per presentare i brani di volta in volta in scaletta, tutti eseguiti…. in tandem con il numeroso pubblico che ha seguito il concerto oltre che da sotto il palco, anche dai “balconi” costituiti dai vari livelli stradali che si affacciano sulla piazza del concerto. Da Sacco l’invito a non perdere tempo a rimuginare su ciò che si è fatto o che si poteva fare (ciò che è stato è stato), che il futuro ancora è qualcosa che non esiste e che il presente è l’unico dato certo che non va sprecato (rinviando a dopo quello che si può fare in quel momento)….e quindi l’avvio delle note di: “Io voglio vivere, ma sulla pelle mia/Io voglio amare e farmi male, voglio morire di te.” Significativa poi la rivendicazione di un concerto eseguito senza quegli artifizi che fanno oramai da contorno sempre più invasivo in questo campo come l’uso di pc e quindi dell’auto-tune (con cui quando un cantante usa il microfono e la voce arriva al computer, viene convertita e corretta in digitale, e quindi inviata nuovamente alle casse, con zero stecche). Quindi, l’invito a chi vuole intraprendere questa strada di “studiare duro” e non pensare ai programmi televisivi che promettono scorciatoie. Sempre emozionanti le struggenti “Il vecchio e il bambino“, “Per fare un uomo” e “Canzone per un’amica” corredate dalla sottolineatura di come la produzione di artisti come Guccini e De Andrè meriterebbero di essere materia di studio nelle scuole. E non potevano  mancare sempreverdi come “Ho difeso il mio amore” e “Io vagabondo” per questo lungo amarcord che sarebbe potuto continuare all’infinito. Insomma, un concerto che ha degnamente concluso la quattro giorni di festività patronali pisticcesi ruotanti intorno alla festività di San Rocco e al tradizionale carro del giorno dopo.

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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